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“Basta Poco che Ce Vò?”

venerdì 29 Gennaio 2021
Totò e Peppino impiegati

Carissimi

Questa settimana davanti allo spettacolo rituale della crisi di governo non posso esimermi di fare una riflessione con voi a voce alta, su una delle mie peculiarità, l’esperienza di amministrazione sia essa pubblica che privata, sia attraverso il lavoro professionale, sia per la mia esperienza di utente, di amministratore e/o consulente che di quella di volontario.

Stiamo lì a vedere i vertici della cosa pubblica, il parlamento, i ministri, le istituzioni, spesso dare uno spettacolo non degno del ruolo e ci stiamo a chiedere: “perché?”

Ma la “cosa pubblica” la conoscete bene o parlate perché Giletti, Mughini, David, etc. vi mettono le parole in bocca nel dare giudizi in quei tribunali populisti televisivi?

Periodicamente tutti parlano di riformare la pubblica amministrazione, ma poi per tutti nell’immaginario collettivo questa rimane il luogo di ladri, fannulloni e incapaci foraggiati dalla collettività (dagli stessi impiegati, quelli che sicuramente le tasse le pagano).

La pubblica amministrazione è una cosa seria, non è il “furbetto del cartellino” o “l’usciere ministeriale dormente” o “l’infedele impiegato mazzettaro”, la P.A. siamo noi nel vivere insieme e pertanto merita rispetto come nei paesi più civili del nostro mondo.

Provate a entrare in un municipio a Copenaghen, Oslo, Londra, Monaco e trovate subito un silenzio da cattedrale, una pulizia, un rispetto già nelle stesse divise dei portieri e starete a chiedervi: “ma sicuri che è il Comune questo?

La P.A. da noi è malata, ma nessuno ne vuole vedere le cause dei mali, trova più comodo sperimentare rimedi illogici e per loro convenienti.

Vi ricordo che in un modo o nell’altro scadranno le legislature e si tornerà a votare, perché state tranquilli malgrado chi cerca assonanze con periodi morti e sepolti, non ci saranno impedimenti o dittature all’orizzonte, non ci saranno novelli Benito o Ilic, ma neanche gli Ilicic (ce lo siamo fatti scappare per poche cotolette panate di cui andava ghiotto) e quindi chi governerà o autonominato o eletto dorrà mettere le mani ad una riforma della P.A. speriamo che come al solito non lo farà un “professore in aspettativa politica” senza conoscerla.

Mi accontenterei che fosse la persona più semplice e meno istruita di questo mondo che ragionandoci penserebbe: “se lo stato sono io (senza necessariamente essere Luigi XIV) c’è dubbio che devo pretendere la maggior cura per esso come la pretendo per me stesso?”

“C’è dubbio visto che lo stato “determina” la mia vita, devo pretendere che ogni componente di questo ingranaggio, per quanto mi costa, sia il migliore?”

“Allora perché mi sono accontentato negli anni di riempirlo utilizzandolo come ammortizzatore sociale e non pretendendo alcuna qualità?”

Così si chiederebbe quella persona umile e pulita del mio calzolaio, altro che i Prof. Cottarelli.

Ho vissuto l’epoca degli ultimi concorsi per titoli, dove si scelse il meglio sul mercato uscito dagli atenei e dalle scuole, ma poi?

Credetemi, i concorsi per titoli crearono qualche difficoltà alla cattiva politica che non poteva facilmente mischiare le carte, ma siccome il diavolo è un genio, ecco che trovò il modo di scavalcare qualunque criterio selettivo di qualità creando il “precariato”, corsi e bandi per pochi (scelti con ………) e per pochi mesi, da introdurre nella pubblica amministrazione per dare una mano a “sfoltire qualcosa” momentaneamente, ma dire “momentaneamente” nella P.A. e come parlare della ricerca di “verginità nelle meretrici”!

Così il momentaneo si prorogò e da proroga in proroga, i furbi diventarono anche essi vittime nella speranza di una promessa, poiché dopo venti anni di precariato, con famiglie e figli, come fai a dire ai momentanei, tornate a casa (devi essere proprio tedesco e noi non lo siamo), ma a furia di farcire così la P.A. finirono i soldi per i concorsi e la qualità se ne andò a fare benedire.

Ma ecco la seconda genialità, trovare le risorse per fare dei concorsi interni per le figure apicali (viva la meritocrazia) dove indovinate quale era la discriminante di maggior peso, voi direte “l’anzianità e l’esperienza nel lavoro, l’impegno, la capacità di assumere responsabilità, la fidelizzazione al lavoro” …… Purtroppo no!

Anche in questo caso la discriminante tornò ad essere il titolo (voto di laurea, master universitari, titoli accademici)” …. il mio barbiere, Salvatore, con la terza elementare che mi sta leggendo mi obietterebbe: “o lavori o studi! Mi faccia capire Dottore, io e lei scienziato, vinciamo un concorso e veniamo assunti per fare lo stesso lavoro. Una volta assunti partiamo dallo stesso livello? Inoltre io da quel momento mi rompo il cu__ e lei si leva i sutta da qualunque travagghio e responsabilità, anzi fa il “minatore nel senso onanistico”, le dirò di più, mentre io travagghiu lei va a caccia di Master, ad ora di concorso interno premiano lei e io taliu? Ma mi scusi perché dovrei continuare a lavorare per permettere a lei di fare carriera? Ma perché dobbiamo essere valutati per qualcosa di prima o che è avvenuta fuori e non per la nostra storia a lavoro? Ma cu fu stu scienziato che penso questo metodo?

Caro Salvatore, meriti di diventare tu “ministro del lavoro” hai capito tutto.

Ma se ci permettiamo di accettare questi paradossi, queste ingiustizie, gente che fa la fila e furbi con il santo che le scavalcano, perché dobbiamo sfottere il popolo parlando di meritocrazia e di qualità.

Noi raccogliamo quello che giornalmente seminiamo ……” u pisci feti da a testa”.

La P.A. è piena anche di professionisti in gamba, molti ormai sono disillusi, non chiedetevi perché prima la gente veniva forzatamente mandata in pensione ed oggi la gente paga pur di andar prima in quiescenza. Cosa ci vorrebbe? Ma basta poco, che ce vo?

Un abbraccio, Epruno.

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