La giungla italiana delle bonifiche: tra burocrazia, stallo e miliardi
Il quadro normativo nazionale e gli obiettivi UE: la svolta sostenibile
Il settore delle bonifiche ambientali, emerso in Italia dagli anni ’90 per affrontare l’eredità di un’inadeguata gestione industriale e dei rifiuti, si allinea oggi a una visione europea sempre più stringente per lo sviluppo sostenibile e inclusivo. A livello comunitario, la Direttiva 2004/35/CE ha sancito il fondamentale principio di responsabilità ambientale del “chi inquina paga“.
Le ambizioni dell’Unione Europea puntano alla neutralità del degrado del suolo entro il 2050, come stabilito dalla Strategia UE per il Suolo al 2030. Una proposta di Regolamento, con un accordo politico provvisorio atteso a breve, introdurrà per gli Stati membri l’obbligo di identificare e mappare i siti potenzialmente contaminati, istituendo un registro nazionale pubblico.
In Italia, la disciplina organica ha preso forma con il D.LGS. 22/1997 (“Decreto Ronchi”), che ha introdotto l’analisi del rischio sito-specifica e ha definito i ruoli delle Regioni. L’attuale impianto ruota attorno al D.LGS. 152/2006 (Testo Unico Ambientale “TUA”) e ai numerosi decreti attuativi che hanno tentato di semplificare procedure specifiche (come la gestione delle terre e rocce da scavo).
Un ruolo centrale è assegnato alle Regioni, cui spetta la pianificazione, l’elaborazione dei Piani Regionali per la Bonifica (PRB) e la definizione delle priorità.
Per l’applicazione pratica, sono essenziali le Linee Guida di ISPRA e SNPA, che supportano l’analisi del rischio e la gestione dei materiali.
Tra burocrazia e innovazione straniera
L’analisi sul quadro normativo italiano rivela un settore strategicamente maturo, ma bloccato da frizioni operative che ne frenano il potenziale di sviluppo.
Il principale punto di forza risiede nel quadro normativo consolidato che fornisce una struttura di riferimento chiara per gli interventi di risanamento. Recentemente, si è registrata anche una riduzione dei tempi di autorizzazione per le bonifiche nei Siti di Interesse Nazionale (SIN), segnale di un tentativo di efficientamento a livello centrale.
Nonostante i tentativi di semplificazione, i tempi di approvazione restano lunghi e incerti per piani di caratterizzazione, progetti di bonifica e varianti. A ciò si sommano le divergenze interpretative della normativa tra le diverse autorità competenti, creando un contesto di incertezza operativa. Critica è anche la difficoltà nell’introduzione di tecnologie innovative nel processo di permitting, spesso guidato da logiche autorizzative e non tecnico-economiche.

Le debolezze si traducono in severe criticità. I tempi lunghi e incerti ostacolano direttamente gli investimenti nel settore. La complessità burocratica generale e la scarsa flessibilità normativa possono disincentivare l’ingresso di capitali. L’assenza di procedure congiunte per progetti di bonifica e urbanistici genera inefficienze nella rigenerazione territoriale. Inoltre, le divergenze interpretative creano profonda incertezza per gli operatori , mentre questioni come l’autorizzazione al recupero rifiuti (End of Waste) rimangono irrisolte.
Oggi, il potenziale di sblocco è elevato. Il settore può beneficiare di una decisa semplificazione delle procedure e di una maggiore digitalizzazione del processo di permitting. Sarebbe cruciale introdurre scadenze certe e perentorie per le approvazioni e meccanismi più agili per la gestione delle varianti progettuali. Le opportunità includono anche il miglioramento del coordinamento inter-istituzionale e la valutazione di un permesso integrato.
Infine, l’innovazione potrebbe essere spinta definendo procedure specifiche e rapide per le nuove tecnologie e aggiornando l’analisi di rischio per decisioni più flessibili
Bonifiche, 448 Milioni stanziati dal Governo nazionale: ma ne servono 30 Miliardi (o più)
Il Governo, tramite il ministero dell’Ambiente, ai primi di novembre, ha annunciato uno stanziamento di 448 milioni di euro – di cui 280 milioni dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2021-2027 – per avviare la bonifica di 23 siti contaminati, con priorità ai Siti di Interesse Nazionale (SIN).
In totale, sono 23 gli interventi distribuiti su tutto il territorio nazionale, con priorità ai Sin: quelli in Puglia (Sin di Taranto e Brindisi, oltre 102 milioni di euro), Sardegna (Sin Sulcis-Iglesiente-Guspinese, 74 milioni di euro), Veneto (Porto di Venezia, 29 milioni di euro), Emilia-Romagna (Sin di Fidenza, 19 milioni di euro) e Toscana (Sin di Massa, oltre 13 milioni di euro).

Ulteriori fondi sono destinati a interventi in Basilicata, Calabria, Trentino-Alto Adige, Sicilia, Piemonte, Lombardia e Lazio, per la messa in sicurezza e la bonifica di siti industriali dismessi e aree contaminate da amianto.
Sebbene l’investimento sia un passo positivo, rappresenta solo una “goccia nel mare” rispetto al reale fabbisogno nazionale. Come emerso già nel corso di un rapporto Remtech nel 2024 che stimava complessivamente, “il costo necessario per le bonifiche nelle aree contaminate del Paese è stimato dall’Ispra in circa 30 miliardi di euro”, andando oltre la sola stima dei costi degli interventi nei Sin (Siti d’interesse nazionale) che pesa invece per circa 10 miliardi di euro; però al contempo il “mercato delle bonifiche ambientali in Italia è oggi stimato intorno ai 3 miliardi di euro”, lasciando trasparire un ampio gap sul fronte degli investimenti necessari.
Il nuovo studio Ref Ricerche 2025, basato su dati limitati ma indicativi, alza ulteriormente l’asticella, stimando che per bonificare tutti i siti ufficialmente censiti lungo lo Stivale servirebbe un investimento complessivo compreso in una vasta forbice tra 43 e 92 miliardi di euro. Di questa cifra, la parte di competenza pubblica è stimata tra 13,4 e 29 miliardi, mentre il grosso, tra 29,5 e 65 miliardi, ricadrebbe sulla responsabilità dei privati.
La mappa dei siti oggetto di bonifica: le tipologie
Siti di Interesse Nazionale (SIN)
Nel rapporto un ruolo importante e strategico rivestono i Siti di Interesse Nazionale (SIN) che rappresentano le aree più contaminate del Paese, la cui bonifica è di competenza statale. Il dato sulla loro distribuzione geografica è lampante e rivela un onere ambientale sproporzionato per le regioni meridionali: sui 42 SIN totali identificati in Italia, ben 17 ricadono nell’area Sud e Isole, un numero quasi pari ai 18 censiti nel Nord Italia e nettamente superiore ai 7 del Centro.
Questa concentrazione sottolinea come l’eredità industriale e la gestione inadeguata dei rifiuti abbiano lasciato una profonda cicatrice nel tessuto territoriale del Mezzogiorno.
A livello di estensione territoriale, il carico è significativo, sebbene il Piemonte detenga il primato per superficie terrestre contaminata in valore assoluto. La Sicilia, tuttavia, contribuisce in modo massiccio a questa statistica con circa 16.910 ettari di SIN, un’estensione considerevole che si somma a quelle di altre regioni insulari come la Sardegna, che presenta la massima estensione di SIN in mare.
La bonifica è un imperativo non solo ecologico, ma anche sanitario: i rapporti sullo stato di salute delle popolazioni residenti in queste aree, come quella di Gela, mostrano profili patologici (ad esempio per l’apparato respiratorio) strettamente correlati alla vicinanza ai siti contaminati.
I siti siciliani di Interesse Nazionale
La Sicilia ospita quattro dei 42 Siti di Interesse Nazionale, aree che rappresentano alcune delle maggiori problematiche ambientali e sanitarie dell’Isola. I SIN siciliani sono:
-
Biancavilla (Catania): noto per la contaminazione da amianto.
-
Gela (Caltanissetta): ex polo petrolchimico e industriale.
-
Milazzo (Messina): area a forte vocazione industriale e petrolifera.
-
Priolo (Siracusa): vasto e complesso polo petrolchimico.
Queste aree non sono solo siti da “ripulire”, ma veri e propri nodi che legano la salute pubblica, la riconversione industriale e il futuro sviluppo territoriale. Tuttavia, il processo di risanamento è disseminato di ostacoli. A livello nazionale, solo il 6% dei suoli delle aree perimetrate è arrivato al traguardo della bonifica completa, con una media bassissima di ettari bonificati all’anno.
Il dato più allarmante che coinvolge direttamente l’Isola riguarda i ritardi e l’illegalità. La Sicilia, insieme a Lazio e Lombardia, figura tra le regioni in testa per i gravi ritardi negli iter amministrativi e per il numero di reati di omessa bonifica accertati.
Questa inerzia burocratica e l’assenza di scadenze certe e perentorie ostacolano la pianificazione degli investimenti e prolungano indefinitamente l’esposizione al rischio per le comunità locali.
I siti di competenza regionale e comunale
I Siti di Interesse Nazionale (SIN) rappresentano solo la punta dell’iceberg della contaminazione in Italia. L’analisi del report rivela l’enorme ampiezza del fenomeno a livello territoriale, che ricade sotto la competenza di Regioni e Comuni.
Al 31 dicembre 2021, sono stati censiti 36.814 siti oggetto di un procedimento di bonifica a livello regionale o comunale. Di questi, ben 17.340 procedimenti risultano essere ancora in corso.
In termini di superfici, l’impatto è drammatico: si stima che circa 349 milioni di metri quadrati necessitino ancora di indagini preliminari , e ben 161 milioni di metri quadrati richiedano interventi di risanamento effettivo.
Questi numeri, forniti da ISPRA, sono la base fondamentale per la determinazione del valore potenziale complessivo del mercato.
Il valore complessivo del mercato delle bonifiche: un tesoro potenziale da 43 miliardi
Il mercato delle bonifiche ambientali in Italia rappresenta un potenziale economico e di rigenerazione territoriale immenso. Il rapporto stima un valore complessivo del mercato potenziale di 43 miliardi di euro (stima centrale). Questa cifra, tuttavia, è inserita in una forbice ampia che va da un minimo di 19 miliardi di euro a un massimo di 92 miliardi di euro, a testimonianza della complessità e incertezza del fenomeno.
In termini di impatto economico, il settore genera un valore aggiunto di oltre 1,3 miliardi di euro e impiega circa 23.000 addetti. L’incidenza sul PIL, seppur attualmente modesta (0,06%), è significativa se si considera il ritorno sociale dell’investimento (SROI): si stima che ogni euro investito in bonifiche ambientali possa generare oltre 2 euro di benefici socio-economici, che si traducono in miglioramento della salute pubblica, dell’ambiente, e creazione di nuovi posti di lavoro.
Il confronto Nord-Sud: mercato e legalità
Il report di Ref Ricerche offre un interessante spaccato del contesto industriale delle bonifiche, evidenziando chiare differenze geografiche nella struttura del mercato e nei presidi di trasparenza:
-
Geografia operativa: Le imprese di bonifica del Nord Italia tendono a mostrare una maggiore capacità espansiva sul territorio nazionale, mentre le aziende del Sud sono prevalentemente più radicate nel proprio territorio di origine. Questa tendenza suggerisce un mercato meno dinamico e più frammentato nelle Isole e nel Sud.
-
Controlli e trasparenza: Un dato in controtendenza riguarda gli strumenti di legalità e trasparenza. Gli operatori del Sud e Isole mostrano una percentuale di adozione del Rating di Legalità (55%) superiore alla media del Nord (41%). Ancora più significativo è il dato sull’iscrizione alle White List Provinciali (liste anti-mafia): oltre il 90% degli operatori nel Sud e Isole risulta iscritto, contro il 75% del Nord. Questa marcata diffusione di strumenti di controllo e trasparenza al Sud e nelle Isole, dove la criminalità organizzata può essere più pervasiva, non è solo un dato statistico positivo ma riflette la necessità strutturale di dotarsi di rigide misure protettive contro i rischi di infiltrazione in un settore ad alto potenziale economico.

Infine, le criticità burocratiche a livello nazionale – come la difficoltà nell’introduzione di tecnologie innovative nel processo di permitting e le divergenze interpretative della normativa tra le diverse autorità competenti – creano incertezza per gli operatori in tutta Italia. Nel contesto siciliano, dove i tempi di approvazione sono già notoriamente lunghi, questi attriti normativi ne acuiscono l’inefficienza complessiva.
In sintesi, in Sicilia a fronte di un’alta concentrazione di criticità ambientali (tra cui quattro SIN di importanza cruciale), l’avanzamento delle bonifiche è ostacolato da ritardi amministrativi e una complessità normativa che richiede un salto culturale. Per sbloccare il potenziale del settore e garantire la salute delle comunità, serve una strategia nazionale unitaria che veda la bonifica non come un vincolo, ma come la precondizione fondamentale per la rigenerazione territoriale e uno sviluppo economico sostenibile.
Le dichiarazioni alla presentazione del rapporto
Alla presentazione del rapporto al Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri (Cufaa), il generale Giuseppe Vadalà, Commissario unico di governo per le bonifiche dei siti contaminati ha sottolineato che “questo Rapporto dà finalmente una misura economica a ciò che per anni è stato percepito come costo: un settore che muove risorse, genera lavoro qualificato e migliora la salute dei territori. I numeri ci dicono che le bonifiche sono industria, tutela pubblica e rigenerazione urbana”.

Luca Proietti, Direttore Generale per l’Economia Circolare e le Bonifiche del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha confermato questa visione:“Il Rapporto conferma che le bonifiche non sono solo un obbligo normativo, ma un volano per l’economia circolare, l’innovazione tecnologica e lo sviluppo sostenibile dei nostri territori. Investire in bonifiche significa proteggere la salute dei cittadini, valorizzare il patrimonio industriale esistente e creare nuova occupazione qualificata.”
La metodologia d’analisi del Rapporto ha fornito “una disamina puntuale sulle dinamiche dimensionali e distributive dei mercati nazionali e sul panorama imprenditoriale,” come osservato dal Professore Vito Felice Uricchio, Commissario Straordinario per la Bonifica dell’Area Vasta di Taranto. Il confronto istituzionale della giornata ha tracciato, inoltre, “un percorso di innovazione giuridica, amministrativa, tecnologica e scientifica di straordinario valore.”
Alla presentazione hanno partecipato tra gli altri il generale Simonetta De Guz, Vicecomandante del Cufaa e la geologa Silvia Paparella, direttore generale RemTech Expo.
La nota metodologica
Il “Primo Rapporto sul Mercato delle Bonifiche” (Luglio 2025) non si limita a una semplice analisi quantitativa, ma adotta un rigoroso approccio multidisciplinare e integrato per mappare lo stato dell’arte del settore. La metodologia di Ref Ricerche si è concentrata sul “riconciliare” le banche dati ufficiali con il “vissuto” degli operatori sul campo, offrendo una rappresentazione obiettiva e aderente alla complessa realtà.
I dati che supportano il Rapporto provengono da un vasto mosaico di fonti istituzionali, tecniche e originali, garantendo l’ampiezza dell’analisi:
-
Siti e Fabbisogno: I dati sullo stato di avanzamento e la distribuzione dei Siti di Interesse Nazionale (SIN) provengono principalmente dal MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), integrati da informazioni sui siti di competenza regionale e comunale fornite da ISPRA e dalle Anagrafi Regionali.
-
Operatori di Settore: Il contesto industriale è stato ricostruito incrociando i dati dell’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali (Categoria 9, con 1.588 operatori) con quelli provenienti dalla piattaforma RemBook (109 operatori) e l’analisi di circa 1.100 dati di bilancio relativi a 154 imprese.
-
Dati Originali e Gare: Parte fondamentale del report è la raccolta di dati originali tramite interviste semi-strutturate con stakeholder qualificati e l’analisi dettagliata di 39 bandi di gara pubblici (estratti da un campione di oltre 50) per valutare i criteri di aggiudicazione e i prezzi.
-
Quadro Normativo: L’analisi si basa su una ricognizione attenta del quadro normativo a livello europeo e nazionale, supportata dalla sistematizzazione della letteratura tecnica e scientifica del settore








