C’è un angolo del centro storico di Palermo che, da ventisei anni, nel giorno dell’Immacolata si riaccende di una luce speciale. È l’ex convento di Santa Caterina, in via Garibaldi 3, oggi casa della Comunità Femminile della Missione di Speranza e Carità, nata l’8 dicembre 1998, proprio nella festività mariana dedicata alla purezza, alla custodia, alla maternità. Un dono, così lo definì allora Fratel Biagio Conte, che aveva lottato per anni, tra digiuni, appelli, scioperi della fame, notti passate per strada, affinché anche le donne sole, povere e abbandonate avessero un luogo sicuro dove ricominciare.
Dal convento abbandonato alla casa della rinascita
L’edificio, che per quasi 25 anni era rimasto chiuso e inutilizzato, venne affidato alla Missione dopo un lungo percorso di richieste, sacrifici, preghiere. Fratel Biagio, da sempre convinto che “i poveri non sono un peso, ma un tesoro da custodire”, voleva che quel luogo diventasse un rifugio per le più fragili tra i fragili. Quel giorno dell’Immacolata, mentre venivano aperti i portoni scrostati dell’ex convento, Biagio disse parole che molti ricordano ancora:
“In questo giorno dedicato a Maria, Madre di tutti, apriamo una casa per le nostre sorelle più ferite. Da qui deve nascere speranza.”
Fu l’inizio di una storia che avrebbe cambiato la vita di centinaia di donne.
Le prime ospiti: solitudine, paura, coraggio
Nei primi anni, varcarono quel portone ragazze madri abbandonate dalla famiglia, donne vittime di violenza domestica, anziane sole senza più una casa, ex prostitute che avevano deciso di lasciare la strada e ricominciare. Molte arrivavano con i bambini in braccio, poche cose in una busta, e molta paura negli occhi. Nella comunità trovarono non solo un letto e un pasto caldo, ma soprattutto ascolto, dignità, accoglienza incondizionata. Trovarono sorelle e volontarie che, seguendo l’esempio di Biagio, decisero di vivere accanto a loro, condividendo giorni e notti, fatiche e sorrisi.
Dal 2003 l’arrivo delle migranti: ferite di viaggio, speranze di pace
L’anno 2003 segnò un nuovo capitolo: l’arrivo delle prime donne migranti, profughe dall’Africa, molte di loro in gravidanza o con bambini piccoli. Alcune erano appena sopravvissute al “viaggio della speranza” nel Mediterraneo. Altre vennero accolte subito dopo essere state dimesse dagli ospedali, ancora deboli, traumatizzate, bisognose di cure e riposo. La comunità femminile divenne così un mosaico di lingue, colori, culture, ma soprattutto di storie di coraggio. E la casa di via Garibaldi si trasformò sempre più in un santuario di protezione, cura e rinascita.
L’eredità spirituale di Fratel Biagio e il cammino con Don Pino Vitrano
Oggi, dopo la scomparsa di Fratel Biagio, avvenuta il 12 gennaio 2023, la guida della Missione è affidata a Don Pino Vitrano, suo compagno di cammino e testimone di quei primi momenti. Don Pino ama ricordare così il giorno dell’Immacolata del 1998:
“Vidi Biagio piangere di gioia. Per lui non era una conquista, ma un invito del cielo: mettere al centro le donne, le mamme, la vita fragile. Maria aveva aperto una porta.”
Sotto la sua guida, la comunità continua ad accogliere ogni giorno decine di donne: italiane e straniere, giovanissime e anziane, sole o con bambini. Alcune arrivano dopo aver perso tutto, altre dopo aver trovato finalmente il coraggio di fuggire da situazioni violente. Tutte trovano ascolto e accoglienza. Ma soprattutto un luogo dove rinasce la dignità
Una festa dell’Immacolata che parla di accoglienza
Ogni 8 dicembre, nella cappella della comunità femminile, si svolge una piccola celebrazione. Le donne, italiane, nigeriane, tunisine, ghanesi, romene, filippine, accendono candele alla Madonna e ringraziano per la nuova vita iniziata lì. È una festa semplice, ma carica di significato: un’intera comunità nata nel giorno dell’Immacolata continua, dopo 26 anni, a essere grembo di protezione, maternità e speranza.
In un tempo in cui l’indifferenza sembra vincere, la comunità femminile di via Garibaldi ricorda a Palermo che l’accoglienza non è un gesto eroico, ma un dovere umano. E che, talvolta, una porta aperta nel giorno dell’Immacolata può cambiare per sempre la storia di molte vite.




