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Lega, a Palermo lascia Stefano Santoro

venerdì 26 Marzo 2021

E’ lo stesso Stefano Santoro che annuncia l’abbandono del partito di Matteo Salvini e, in una lunga lettera inviata a Nino Minardo, Alessandro Anello e a Igor Gelarda, spiega le motivazioni.

LA LETTERA

Formulo la presente per manifestarVi tutto il mio disagio derivante dalle recenti posizioni politiche assunte dal Partito, a partire dalla decisione di concorrere alla formazione del Governo presieduto da Mario Draghi unitamente ad altri partiti di colore diametralmente opposto alla mia formazione politica e alla mia storica militanza nella destra italiana, con quegli stessi partiti che si sono dimostrati responsabili della disastrosa gestione dell’emergenza sanitaria e della grave crisi economica e sociale causata dalla pandemia.

Trovo illogico sotto il profilo politico che la Lega, dopo avere rappresentato l’opposizione e milioni di italiani avverso il Governo denominato “Conte bis” abbia, poi, deciso repentinamente di mutare posizione, ritenendo di governare il paese insieme a partiti ai quali si opponeva come Italia Viva, Partito Democratico, LeU, usciti sconfitti dalle elezioni politiche del 2018, e al Movimento 5 Stelle i quali, pochi mesi prima, avevano abolito i “decreti sicurezza”, riaprendo il paese all’invasione degli migranti clandestini e liquidando gli imprenditori, i commercianti, gli artigiani, esercenti il servizio taxi e di noleggio con conducente, i liberi professionisti, i ristoratori, i titolari di bar e di palestre con “mancette di stato” indecorose, gli artisti, gli attori, i musicisti, i tecnici di palcoscenico, fotografi e cameramen.

Le stesse categorie produttive che a tutt’oggi oggi si trovano nella medesima condizione in cui vennero relegati dal governo giallo – rosso, cioè il totale abbandono sotto il profilo economico.

Registro con grande dispiacere che nessun siciliano è stato nominato, in quota Lega, nel governo Draghi, nemmeno un sottosegretario, lasciando emergere un profondo disinteresse nei confronti della Sicilia e causando un profondo scoramento nei ceti commerciali e produttivi della nostra regione che invece attendevano fideisticamente un siciliano nel governo in grado di perorare provvedimenti economici decisivi in loro aiuto.

La cronaca politica ha dato atto dei recenti interventi del governo Draghi in favore di gruppi imprenditoriali del Nord Italia e nulla in concreto per il meridione del nostro paese e in particolare per la Sicilia, mentre l’unico argomento oramai inflazionato e che viene sbandierato a destra e a manca è quello relativo alla realizzazione del ponte sullo stretto, come se l’ipotetica realizzazione di questa opera, che ritengo tuttavia fondamentale, sia di imminente realizzazione e al tempo stesso costituisca la panacea di tutti problemi della nostra regione, mentre la rete ferroviaria e il sistema viario sono obsoleti e in condizioni disastrate rispetto al resto del paese.

A ciò si aggiunga il grave problema occupazionale della nostra regione, aggravato dalla pandemia, che non può sicuramente dirsi risolto con il mantenimento del reddito di cittadinanza. 

A tale riguardo, nessuna battaglia è stata ingaggiata dalla Lega dopo il suo ingresso nel governo Draghi contro quest’ultimo sistema di puro assistenzialismo, elargito indiscriminatamente e, come emerge dalle numerose indagini di polizia, senza alcun controllo anche a soggetti che non ne avevano diritto e persino ad esponenti della criminalità organizzata.

Quel reddito di cittadinanza che costituisce una delle più eclatanti “marchette” ai fini elettorali mai partorite fin d’ora nella storia repubblicana per mano del movimento populista “5 stelle” che non ha esitato a mandare a processo per fini politici Matteo Salvini sol perché aveva difeso i confini della nostra patria, ma con il quale tuttavia oggi la Lega sta condividendo una nuova e paradossale esperienza di governo, cedendo alle pressioni di quest’ultimo schieramento e del Partito Democratico nelle decisioni dell’esecutivo.

Il nuovo governo presieduto dall’economista Mario Draghi, per quanto autorevole e stimato sia il presidente del Consiglio, si è rilevato un “Conte ter” senza Conte, ma con una maggioranza più ampia, lasciando governare a quello stesso Ministro della Salute Speranza l’emergenza pandemica che sulla base di scelte meramente discrezionali e discutibili, sta limitandosi a tenere segregato il Paese, a mantenere serrati i ristoranti, i bar, le palestre, i cinema, i teatri e gli alberghi, facendo registrare alle predette categorie ulteriori e incalcolabili perdite economiche, rispondendo ancora una volta con miseri e offensivi indennizzi contemplati dal  “decreto Sostegno”, rivelatosi un vero e proprio bluff governativo ai danni delle partite IVA.

Stesso impietoso giudizio merita il citato decreto legge nella parte in cui, dopo una serrata campagna da parte della Lega, ha deciso di far partorire al governo la decisione di eliminare le cartelle esattoriali per tributi e multe relative al periodo 200/2010 e fino all’importo di  € 5.000, limitando, peraltro, la platea dei beneficiari a coloro che hanno dichiarato redditi non superiori a € 30.000.      

Si tratta di un provvedimento, così come concepito, che non persegue la finalità per il quale era stato annunciato, cioè quello di cancellare oltre sessanta milioni di cartelle esattoriali giacenti, limitandosi soltanto ad una quindicina di milioni di esse.

Con ciò non è stato offerto, come annunciato, alcun sostegno apprezzabile ai cittadini e alle partite IVA sgravandoli da questi fardelli di dubbia esigibilità, stante che le imprese hanno quale unica priorità quella di evitare la chiusura o il fallimento, mentre i cittadini quello di mantenere i loro figli e non di certo quella di versare denaro alle società di riscossione.          

L’inefficacia di questo nuovo governo, la cui nascita è stata finalizzata esclusivamente ad evitare nuove elezioni, con il perpetuarsi delle zone rosse, arancioni, gialle e con il lockdown pasquale ha fatto perdere alle categorie dei ristoratori e degli albergatori la possibilità di prendere una boccata d’ossigeno sotto il profilo economico, mentre con protocolli adeguati avrebbero potuto aprire le loro attività, offrire lavoro e far tornare gli italiani ad una vita quasi normale, con indenizzi ancora una volta miserrimi, che oggi suonano come una burla.

Sulla campagna di vaccinazione, basta guardare i notiziari e le interminabili code di cittadini in attesa di ricevere la loro dose per definire fallimentare e disorganizzata la stessa.

Per quanto riguarda il settore giustizia non si è ancora posto rimedio all’obbrobriosa riforma voluta dall’ex ministro Bonafede, mentre avrebbe dovuto essere cancellata tout court la forcaiola riforma  della prescrizione del reato che come concepita ha istituito il “fine processo mai”, con conseguente violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 111 della Costituzione.   

Non è stato dato inoltre alcun seguito agli impegni presi dal partito per porre fine al vero e proprio regime di “capolarato di stato” che grava su oltre 5000 magistrati onorari, la cui legittima protesta era partita proprio dai giudici onorari di Palermo.    

Infine, il partito in Sicilia ha avviato una nuova strategia politica autoproclamandosi il partito di vocazione “moderata” che punta a ritagliarsi “al centro” il proprio spazio, come emerge dalle recenti dichiarazioni rilasciate alla stampa dal commissario regionale.

Scelta assolutamente legittima, che tuttavia provoca in me un grave disagio politico alla luce della mia personale storia politica e della mia formazione di uomo di destra.      

     Il moderatismo, inteso come l’atteggiamento politico ondivago e mai determinato, sfavorevole ai mutamenti, alle innovazioni troppo radicali cozza con i miei valori politici e identitari che ho sempre gelosamente custodito.

Io sono e rimango orgogliosamente un uomo di destra, difensore dei valori nazionalisti e ritengo di interpretare il pensiero di tanti cittadini, partite IVA, lavoratori autonomi, liberi professionisti, imprenditori, commercianti, ristoratori, esercenti pubblici, artigiani, artisti, i quali chiedono a gran voce interventismo economico, tutela della libertà d’impresa e precise posizioni contro la prevaricazione europeista. 

Mi schiero da sempre con le categorie produttive del paese, quelle, che per intenderci, che non sono garantite, cioè con quei cittadini che non percepiscono stipendi o indennità, ma lavorano per produrre ricchezza e offrire a loro volta occupazione e che mantengono, con il pagamento delle tasse, i dipendenti pubblici, cioè i garantiti. 

Sono contrario e mi batto contro la “cancel culture”.

Avevo deciso di militare nella Lega, ritenendolo il partito del cambiamento, dell’innovazione, del buon senso, della libertà di impresa, della meritocrazia, della tutela delle tradizioni e dell’identità italiana e dei suoi territori, della difesa della Nazione e degli italiani, ma mi rendo conto che al momento tutto ciò è stato disatteso. 

Non mi resta che rassegnare le mie dimissioni irrevocabili dall’incarico di responsabile del dipartimento giustizia in Sicilia e dal Partito, ringraziando tuttavia il senatore Stefano Candiani per la fiducia in me riposta e tanti altri dirigenti e militanti con i quali ho condiviso questa breve esperienza politica“.

 

Stefano Santoro è cresciuto politicamente nella destra e precisamente nelle MSI, alla scuola di Guido lo porto ed Enzo Fragalà. Giovanissimo delegato al Congresso di Fiuggi, quando nacque  l'”Alleanza nazionale”, è stato anche consigliere comunale è assessore nelle file del partito di destra.

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