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Rosario Crocetta: il Tavecchio della politica siciliana

lunedì 27 Novembre 2017
crocetta

Ora che si sono spenti i riflettori sulle elezioni regionali si può riflettere con pacatezza sulla legislatura appena conclusa e in particolare sul suo principale protagonista: il presidente Crocetta.

Sulla sconfitta subita dal centrosinistra ha pesato, indubbiamente, il giudizio negativo dell’elettorato siciliano sulla sua attività di governo, e anche all’interno della sua coalizione non sono pochi quelli che gli attribuiscono la responsabilità della sconfitta.

Vi è una certa analogia con quello che è successo in campo calcistico, tra chi come Carlo Tavecchio ha condotto per le sue scelte allo sbaraglio la nazionale di calcio, almeno questo pensa la maggioranza degli italiani, e chi come Crocetta per la sua azione politica ha condotto alla disfatta il centrosinistra, almeno così la pensa la stragrande maggioranza degli elettori di quell’area politica.

E dire che l’elezione di Crocetta, anche se in gran parte dovuta ad alcune contingenze favorevoli, in primo luogo la divisione del centrodestra, aveva suscitato all’inizio un certo entusiasmo e aveva aperto alla speranza anche molti che non lo avevano votato o che non erano andati a votare.

Il suo impegno per una “Rivoluzione Siciliana” e l’avvio di un rigoroso programma antimafioso, accompagnati da uno stile anticonformista nel modo di far politica, inedito rispetto ai suoi paludosi predecessori, suscitarono un alto grado di simpatia e anche un’attenzione da parte delle opposizioni.

E in verità gli esordi furono incoraggianti con i primi atti di governo ispirati al rigore, a colpire sprechi e parassitismi, a snidare il malaffare, che suonavano come coerenti anticipazioni di una politica di cambiamento.

Tutto è durato però lo spazio di un mattino! Alla fine si è preferito galleggiare sulla crisi, illudendosi in facili ritorni elettorali, scegliendo in tal senso la via più comoda dell’assistenzialismo, dell’occupazione di ogni spazio di potere, in cui ha prevalso la fedeltà al capo e all’oligarchia, sulla competenza e la professionalità, in una continuità con i governi di Salvatore Cuffaro e di Raffaele Lombardo. Così almeno l’hanno percepita i siciliani.

La parabola di Rosario Crocetta ricorda molto quella vecchia favola che narrava di quel bellissimo uccello dalle forti ali che sapeva volare molto in altro e grazie a queste doti, rispetto ai comuni mortali, riusciva a vedere tutto.

E così se all’orizzonte si profilavano le nubi della tempesta, volava ad avvertire animali e uomini in modo che si riparassero. Se le pecore sfuggivano alla sorveglianza del pastore e sconfinavano in luoghi impervi o brucavano il grano del contadino, faceva in modo che rientrassero nei ranghi. Se lupi famelici si accingevano a saccheggiare pollai e ovili dava l’allarme a guardiani e fattori.

Nonostante queste sue capacità e questi utili servizi si accorgeva, però, che non riusciva a cambiare le cose radicalmente, ad assicurare un ordine stabile.

E allora pensò cosa potesse fare per accelerare questi cambiamenti, essere più incisivo e non si limitasse ad impedire che avvenissero sciagure e male azioni, ma tagliasse alla radice il loro manifestarsi.

Si convinse così che se avesse pesato di più il suo intervento sarebbe stato più efficace.

Si mise, così, a mangiare. Lui beccava prima raramente, poiché passava la maggior parte del tempo in alto e scendeva solo per mangiare il minimo sufficiente che gli consentiva di tornare a volare.

Da quel momento, invece, passò più tempo a terra per mangiare. E volando sempre meno e mangiando sempre più non riusciva più a vedere cosa accadeva intorno a lui. I lupi saccheggiavano gli ovili, le volpi i pollai, i ladri le case coloniche, le gelate bruciavano i raccolti.

Lui diceva: “ora torno a volare, vado in alto”, “ma no”, gli dicevano in molti, più uccellacci che uccellini di cui nel frattempo si era circondato. “Prima facciamoci l’ultima beccata e poi torni a volare”.

Alla fine si accorse che non poteva più sollevarsi da terra e probabilmente non ne aveva più voglia, perché oramai non era più quell’uccello dalle forti ali, ma solo un goffo gallinaccio.

Non sappiamo cosa farà Rosario Crocetta, dopo questa esperienza. Se rilancerà il suo Megafono, se andrà a bussare alla porta di Matteo Renzi per ottenere qualche incarico o una candidatura nazionale.

Si parla anche di una sua candidatura a sindaco di Catania, è nota peraltro la simpatia dei catanesi per i gelesi. In ogni caso l’intento è di continuare a beccare, di rivoluzione o di radicali cambiamenti non se ne parla proprio.

Elio Sanfilippo

 

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