Le parti civili sono state condannate a pagare le spese processuali per un importo di circa duemila euro. È quanto deciso dal giudice per l’udienza preliminare Gigi Omar Modica nella sentenza con rito abbreviato con cui ha assolto undici presunti capimafia, gregari ed estorsori del clan di Bagheria e ne ha condannati cinque, ha anche condannato le associazioni antiracket e la famiglia dell’imprenditore che permise con la sua denuncia l’arresto di trentuno persone.
Una decisione (anticipata dall’edizione palermitana di Repubblica) che segnerà la storia dell’antimafia nei processi, una sentenza contraddittoria a detta dell’avvocato di parte civile Fausto Maria Amato che annuncia: “Andremo in appello. Come tipo di sentenza non ci convince per niente. Chiederemo alla Corte d’Appello di valutare la bontà di questa sentenza“.
E così la famiglia degli imprenditori Toia che denunciò le pressioni della cosca dovrà risarcire i duemila euro di spese avanzate da Giovanni Mezzatesta, uno degli undici imputati assolti che ha chiesto il risarcimento, insieme alle altri parti civili: il Comune di Ficarazzi, Addiopizzo, Sos Impresa Palermo, Confesercenti Palermo, la Fai, l’associazione anrtiracket e antiusura “Coordinamento delle vittime della estorsione, dell’usura e della mafia”, Solidaria, Confindustria Palermo, Confcommercio, Libero Futuro, associazione antimafia e antiracket Libero Grassi, associazione antimafie e antiracket Paolo Borsellino, centro studio e iniziative culturali Pio La Torre.
Una decisione che ieri ha scatenato le reazioni degli attivisti del fronte antiracket. L’imprenditore Domenico Toia decise di rivolgersi ai carabinieri dopo vent’anni di vessazioni da parte del clan di Bagheria. Denunciò i boss e qualche mese dopo morì.