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Vogliamo condurvi all’interno del cantiere aperto che da mesi coinvolge Palazzo Butera, uno degli edifici storici più antichi e più importanti di Palermo, voluto da Massimo Valsecchi, grazie al quale il palazzo tornerà ad essere fruibile sotto una nuova veste.
È lo stesso Valsecchi a raccontarci l’intento di questa imponente opera che, al di là di un restauro prettamente filologico degli spazi monumentali, vuole essere il primo passo per il recupero urbanistico del quartiere Kalsa unendo, alla salvaguardia di arti e mestieri della tradizione locale, l’opportunità di “una nuova speranza” di rinascita per tutta la Sicilia.
La frase chiave che Valsecchi usa per descrivere il progetto di riqualificazione è “messa in equilibrio” tra dettagli storici e nuove strutture contemporanee, che attraggano le più importanti istituzioni culturali internazionali.
Con la pervicace semplicità che lo contraddistingue, all’interno della video intervista, ci spiega come sono nati alcuni dei nuovi interventi architettonici e come verrà impiegata la sua collezione, vista come “una leva attrattiva” che farà di Palermo uno dei principali centri di scambio con l’Estero.
Nel viaggio alla scoperta della nuova anima che il Palazzo sta conquistando è stato fondamentale, per comprendere pienamente l’imponenza del lavoro già svolto e programmato, il confronto con alcuni dei componenti del team che da mesi vive letteralmente il cantiere.
Tra questi la responsabile dei restauri, Vittoria Maniscalco, che ci spiega le ultime “tracce inaspettate” rinvenute all’interno dell’ex archivio dell’edificio, e l’architetto Giovanni Cappelletti (nella foto a fianco), responsabile del Progetto architettonico e museografico e direttore dei lavori insieme a Marco Giammona (Coordinamento generale) e Tomaso Garigliano.
L’incontro con gli esperti del settore, che stanno lavorando con grande passione e indiscussa professionalità, ci ha permesso di registrare sì lo stato attuale del Palazzo, ma soprattutto di conoscere angoli nascosti, rivalutati e aperti per la prima volta al pubblico.
Esempio ne sono il sottotetto, che appare ancora adesso come il ventre misterioso e affasciante di una nave, dal quale si scorge anche il piano dedicato alle installazioni di Manifesta 12; la sala al piano terra che una volta ospitava le caldaie e che oggi custodisce l’eccezionale percorso della radice della Jacaranda, presente in cortile, esempio bellissimo di incontro tra natura e artificio.
E poi ancora la rimessa delle carrozze trasformata in galleria espositiva; gli appartamenti ricavati che ospiteranno le residenze di artisti e studiosi e, dulcis in fundo, il torrino sul tetto, realizzato artigianalmente, che regala una vista straordinaria sulla città e spiega il ruolo storico svolto dal Palazzo come punto strategico, architettonica cesura tra il mare e il ventre della Kalsa.
Completano il gruppo di lavoro: Dario De Benedictis, Salvatore Pagnotta, Alexia Messina e Amalia Randazzo (Collaboratori alla progettazione e alla direzione lavori); Alessandra Giammona, Dino Spitalieri (Progetto Strutturale); Giuseppe di Natale (collaboratore con G. Urone per il Progetto impiantistico); Santino Patti (Responsabile tecnico); Roberto Ciralli (Direttore tecnico); e Gaetano Alaimo (Capo Cantiere).