La Regione siciliana vuole comprare il centro diagnostico “Villa Santa Teresa” di Bagheria ed è pronta a mettere sul piatto sino a 28 milioni di euro. Prima era un albergo, si chiamava “’A Zabara” . L’Hotel era gestito dalla famiglia Conticello. Poi divenne un centro diagnostico di eccellenza, acquisito da Michele Aiello, ai tempi ricchissimo imprenditore del settore dell’edilizia pubblica.
Quella struttura ospedaliera venne chiamata “Villa Santa Teresa”. Diventerà il fulcro di una delle più importanti indagini sui mandamenti mafiosi che proteggevano la latitanza di Bernardo Provenzano. Da “Villa Santa Teresa”, dalla sua gestione per “convenzione” con la mano pubblica, in parte scaturisce l’inchiesta Talpe alla Dda.
Quel processo costerà la libertà e la carriera politica a Totò Cuffaro, allora presidente della Regione siciliana. A 14 anni dalla confisca per mafia, ora la Regione vuole acquistare la clinica Villa Teresa di Bagheria. Il gioiello della Radiodiagnostica e dell’Oncologia privata siciliana, era un polo d’eccellenza capace di drenare rimborsi pubblici fino a dieci volte superiori rispetto al tariffario regionale.
Dopo l’arresto e la condanna per mafia del suo fondatore, il ras della sanità privata Michele Aiello, è diventata il simbolo dello spreco e della malapolitica che va a braccetto con l’imprenditoria mafiosa. Per acquistare l’intero immobile la Regione mette sul tappeto tra i 25 e i 28 milioni di euro. La trattativa con l’Agenzia dei Beni confiscati è alle battute finali. A luglio l’assessore alla Salute, Baldo Gucciardi, ha presentato la manifestazione di interesse per l’acquisto. La settimana scorsa, durante un incontro in prefettura, è stato segnato il percorso che dovrebbe far diventare pubblica la struttura che da quasi 5 anni ospita anche il centro ortopedico gestito dal Rizzoli di Bologna.
Quella struttura di Bagheria era il fiore all’occhiello dell’impero di Michele Aiello. Quando scatta il blitz dei carabinieri ed Aiello finisce in manette, il 5 novembre 2003, l’ingegnere era incensurato. Proprietario di cinque centri medici, tra cui Villa Santa Teresa (a Bagheria), centro oncologico di eccellenza nella diagnostica per immagine, Aiello era ai primi posti della classifica dei contribuenti siciliani (per anni è stato il primo). Prima di lanciarsi nella sanità “convenzionata”, l’ingegnere Aiello si occupava di edilizia pubblica, costruendo strade interpoderali di campagna. Il nome di Aiello compare sia in un “pizzino” che il boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano invia a Luigi Ilardo: «Ditta Aiello: deve fare lavoro Strada interpoderale a Bubudello lago di Pergusa Enna. Ditta Aiello deve fare lavoro strada interpoderale…» ,sia su un promemoria trovato in tasca a Totò Riina il giorno dell’arresto (nel 1993) – «Altofonte vicino cava Buttitti strada interpoderale ing. Aiello».
Nonostante il nome di Aiello figurasse nelle carte trovate a Riina, le indagini su di lui inizieranno soltanto nel 2002, quando a fare il nome del facoltoso ingegnere di Bagheria sarà Nino Giuffrè. Per il braccio destro della “Primula rossa” di Corleone, la fortuna economica di Aiello era il paravento per il tesoro di Provenzano. Aiello è indicato da Giuffrè come prestanome dell’allora latitante Provenzano. Ed aggiunge che Villa Santa Teresa sarebbe stata costruita proprio coi fondi di Provenzano. Secondo l’accusa, a Villa Santa Teresa si sarebbe perfino rifugiato Provenzano (in un tunnel sotterraneo alto due metri e mezzo, scavato intorno alla villa, con tanto di bagno e un passaggio verso l’esterno). D’altronde, prima d’essere ammazzato, il confidente Luigi Ilardo aveva rivelato: «Provenzano si muove a Bagheria all’interno di un’ambulanza e abita in una grande villa antica». Per Villa Santa Teresa e per i rapporti con Michele Aiello, finirà nei guai anche il presidente della Regione Totò Cuffaro.