Il deputato meridionale Giustino Fortunato scriveva oltre 100 anni fa: “è provato che lo stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che in quelle meridionali”.
A distanza di un secolo non è cambiato granché, se leggiamo i dati della ricerca, citata da Repubblica, dei ricercatori Stefano Prezioso e Luca Cappellani.
Secondo lo studio, che verrà pubblicato venerdì a Roma in occasione della presentazione del tradizionale rapporto dello SVIMEZ, le misure varate dal Governo per favorire gli investimenti aziendali, saranno destinate nella maggior parte dei casi ad imprese del Nord Italia, lasciando alle imprese del Sud solamente il 7% dei finanziamenti disponibili.
In sintesi facendo un rapido calcolo, tra il 2018 e il 2027, le aziende del Mezzogiorno otterranno dai bandi circa 650 milioni di euro, mentre le imprese del Nord Italia supereranno gli 8,6 miliardi di euro. Una sperequazione inaccettabile.
Entrando nel dettaglio dei singoli finanziamenti si scopre che, sulla base di una prima ripartizione territoriale della misura, il super/iper ammortamento attribuirà alle imprese meridionali, una quota di accesso pari al 7% delle agevolazioni stimate per l’intero paese; per quanto riguarda il credito d’imposta, le piccole e medie imprese del Sud Italia riceveranno poco più di 350 milioni di euro, appena un decimo dei finanziamenti destinati al Nord Italia. E lo squilibrio si conferma per la Sabatini ter: se le aziende meridionali riceveranno poco più di 50 milioni di euro, quelle del Nord potranno spendere oltre 500 milioni di euro.
È chiaro, da questa analisi, che il sistema industriale del Mezzogiorno continua ad essere poco competitivo rispetto a quello del Centro Nord, ed una delle ragioni, probabilmente la principale, di questo gap è il deficit infrastrutturale. Se i governi non mettono in campo misure straordinarie di riequilibrio Sud-Nord, il circolo vizioso si perpetua, ed il Sud si allontanerà sempre di più dal resto d’Italia.
Ma non si intravvedono segnali di una concreta volontà politica, neanche dell’attuale Governo, che vadano in questa direzione.
Solo per fare un esempio citiamo quanto scrive Carlo Puca nel suo “Il Sud deve morire” (Marsilio, 2016), sugli investimenti nel settore ferroviario: “Quanto ai treni, il contratto di programma del governo italiano con le Ferrovie dello Stato vale 73.600.000 di euro. Di questi, 13,8 sono destinati al Sud, appena il 19% del totale. Il Mezzogiorno rappresenta il 24% delle tasse pagate, il 34 della popolazione e il 40 della superficie”, ed aggiunge polemicamente “come si possa con il 19% recuperare il ritardo di decenni per le infrastrutture del Sud (parole del ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio) è la vera domanda!”.
E questo squilibrio non vale solo per le ferrovie. Secondo un calcolo dello SVIMEZ al ritmo attuale degli investimenti in infrastrutture, al Sud serviranno “solo” quattrocento anni per riallinearsi con il Nord Italia.
Questa della perequazione infrastrutturale è la vera questione, per la quale il Mezzogiorno da decenni attende invano una risposta.