Ieri a mezzanotte si sono spente le luci, è calato il sipario e nella piccola saletta del teatro Ditirammu è sceso il silenzio. Dalla voce di Elisa e Giovanni Parrinello il pubblico ha appreso che in quel momento era sospesa un’esperienza artistica singolare. Senza un aiuto pubblico a lungo cercato e mai arrivato, non è più possibile sostenere i costi degli spettacoli. Sulle tracce di una lunga tradizione la famiglia Parrinello aveva fatto diventare questo luogo, nel cuore dell’antico quartiere della Kalsa, un tempio della cultura popolare siciliana e una fucina per giovani artisti. Con i suoi 52 posti, era uno tra i teatri più piccoli in Italia e l’unico del genere in Sicilia.
“Abbiamo bisogno di capire se ci sono i presupposti per tenere aperto il ‘tempio’ – dicono i fratelli Parrinello – oppure farsi una nuova vita, magari in una nuova città. Al momento ci sentiamo di esternare il nostro malcontento dicendovi che siamo arrivati al limite, e con grande tristezza lasciamo pubblico, allievi e dipendenti a casa. Dalla mezzanotte di ieri sera si sono spente le luci al Ditirammu, nelle prossime settimane comunicheremo, attraverso una conferenza stampa, quali saranno le sorti del Ditirammu e della Palermo, Capitale dei Giovani. Chissà se i giovani restano oppure se ne vanno“.
“Non riusciamo – aggiungono – a sostenere i costi del Teatro. Non è una guerra alla pubblica amministrazione, alla quale tuttavia chiediamo coerenza rispetto alle tante e univoche espressioni di stima e riconoscimento dell’alto valore del Ditirammu, per la città e la cultura siciliana. Spetta alla pubblica amministrazione trovare i modi per trasformare questo apprezzamento in sostegno e decisioni concrete che mettano in condizioni di vivere questo ‘Canto Museo Teatrale’“. Vito Parrinello, che proponeva anche spettacoli all’aperto e in strada muovendosi con la sua “lapa”, aveva ripreso con la moglie Rosa Mistretta cantante folk un’avventura cominciata quasi un secolo fa. Nel 1995, al culmine di un “viaggio” di ricerca e riproposizione, marito e moglie avevano fondato la Compagnia di canto e memorie popolari Ditirammu, versione siciliana del ditirambo, antichissima tecnica recitativa di origine greca che inneggia a Bacco e al vino.
Il gruppo ha trovato posto in un antico palazzo di via Torremuzza. Lo hanno tenuto in piedi le espressioni artistiche dei figli di Vito Parrinello, Elisa e Giovanni, e il rapporto con gli interpreti della cultura popolare siciliana come Luigi Maria Burruano, Paride Benassai, Giorgio Li Bassi. Con la morte tre mesi fa di Vito Parrinello, che faceva lunghe anticamere per trovare un sostegno pubblico mai arrivato, la gestione del teatro è diventata difficile. L’attività artistica è stata mantenuta con le risorse di famiglia, ma già negli mesi di vita, ricordano i figli, Parrinello “era stanco”. “La libertà e le aspirazioni artistiche dei suoi figli – dicono i Parrinello – sono sempre state più importanti di un luogo fisico, anche se si parla del fiore all’occhiello di famiglia. Troppo stanco, troppa politica, anticamera e cose che con l’arte e il sentimento non c’entrano proprio nulla”.