“Nel dicembre del 1993 mi recai al carcere di Pianosa per un colloquio investigativo, che Vincenzo Scarantino aveva chiesto di effettuare con il Pm. Ricevetti una telefonata dal dottor Arnaldo La Barbera che mi ordinava di recarmi in quel penitenziario perche’ Scarantino aveva chiesto di conferire, per urgenti comunicazioni, con la dottoressa Boccassini la quale, pero’, al momento risultava indisponibile. Scarantino si dichiaro’ estraneo ai fatti contestatigli”.
E’ quanto ha affermato, rendendo dichiarazioni spontanee, il funzionario di polizia Mario Bo, imputato insieme ad altri due poliziotti, nell’ambito del processo sul depistaggio delle indagini successive alla strage di via d’Amelio che si celebra a Caltanissetta.
“Scarantino – ha aggiunto Bo – senza fornirmi alcuna spiegazione, continuo’ nella sua linea di difesa aggiungendo che non riusciva a reggere le condizioni carcerarie e la lontananza dalla propria famiglia e che, come elemento di buona volonta’, quasi a dimostrare, a suo avviso, l’intenzione di collaborare solo in ordine a fatti di sua effettiva conoscenza, mi forni’ utili indicazioni per la cattura del latitante Giuseppe Calascibetta”. Mario Bo ha anche detto di aver contribuito alla cattura di numerosi latitanti, tra i quali Michele Greco, detto “Il Papa”.