“Una Chiesa ospitale è semplicemente una Chiesa del Vangelo, perché l’ospitalità è al cuore del Vangelo stesso“. E’ stato netto monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, che alla Settimana teologica del Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) ha proposto una lettura pastorale del tema dell’accoglienza, al centro dell’iniziativa del movimento degli intellettuali cattolici.
“Il punto è restituire al Vangelo il suo primato, e per questo servono comunità cristiane che si ripensato a partire dalla Parola, a partire dai gesti che Gesù ci ha lasciato nell’Ultima cena: il pane spezzato e i piedi lavati“. Per Lorefice questi sono “i segni di un’accoglienza e di una donazione totali, il modo in cui Cristo ci racconta il volto di un Dio che non solo ospita ma che si fa Egli stesso straniero e pellegrino“.
In questo senso, ha continuato l’arcivescovo, è necessario che la Chiesa recuperi una dimensione “più estatica, più contemplativa, che coltiva l’uomo interiore per farsi più discepola e fraterna in questa casa comune diventata sempre più piccola, come dice papa Francesco“.
Così ritorneremo “al potere performante e conformante alla Parola di Dio, che incide nella storia“. Da questo punto di vista, ha sottolineato Lorefice, “la sfida più alta che hanno le nostre Chiese in questo tempo è proprio quella di dire una parola evangelica sull’ospitalità e di farlo aprendosi concretamente“. Nel dibattito seguito alla relazione sono emerse dagli interventi dei partecipanti alla Settimana le resistenze che oggi si incontrano nelle stesse comunità cristiane sul tema dell’accoglienza.
L’arcivescovo ha rilevato che “anni di politica cattiva e disarmante hanno performato anche la mentalità dei credenti, insistendo sull’invasione, sulla paura di chi arriva in casa nostra, sulla retorica del nemico. Così abbiamo dimenticato il Vangelo: ‘Ero straniero e mi avete accolto’, è scritto chiaramente“.
Concludendo, Lorefice ha rilanciato: “Certo, siamo contestualizzati in una determinata situazione sociale, culturale e politica, ma il popolo di Dio deve fare i conti con il Vangelo. Noi dobbiamo avere una capacità di ascolto tale da scovare le parole del Vangelo dentro la storia. Solo così sapremo fare cultura, costruire mentalità, incidere nella realtà. Questo è un tempo complesso ma promettente e ognuno di noi, nonostante le contraddizioni, deve avere la capacità di condividere la gioia del Vangelo dentro comunità che testimoniano ciò che celebrano“.