La Sicilia entra da oggi in zona gialla. Il livello di rischio era stato in qualche modo anticipato dall’ordinanza del presidente della Regione, Nello Musumeci, emanata il 22 agosto scorso, quando furono individuati 55 Comuni con una bassa percentuale di vaccinati, inferiore al 60 per cento del totale della popolazione vaccinale. E con una incidenza di contagi in sette giorni (13-19 agosto) superiore a 150 casi per 100 mila abitanti.
L’ordinanza del governatore prevedeva un tavolo permanente tra Asp e sindaci per raggiungere i target di immunizzati, l’utilizzo di mascherine all’aperto nei contesti di presenza di molti cittadini (quali ad esempio le strade), il divieto di assembramento in pubblico e le misure di contenimento per gli eventi privati (tampone nelle 48h antecedenti).
Nell’isola, intanto, sono presenti ancora dei Comuni in arancione: Barrafranca, Niscemi, Comiso e Vittoria.
In merito alla situazione, ieri, si era espresso così il prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani.
“La decisione del governo nazionale pone in zona gialla tutta l’isola: le mascherine vanno indossate obbligatoriamente all’aperto, ma è difficile che ciò accada. I controlli non sono semplici soprattutto per quanto riguarda la mascherina all’aperto. Noi i controlli li facciamo, circa 2000 al giorno. E’ evidente che in una provincia come quella di Palermo, la violazione del non indossare la mascherina può essere talmente diffusa che è difficile da controllare“, ha spiegato Forlani.
“Vengono intensificati i controlli in funzione della progressione dei provvedimenti e abbiamo cercato di organizzare al meglio il personale sapendo che o le persone si convincono a rispettare le norme o noi non possiamo stare dietro a tutti. Di certo – prosegue – le forze dell’ordine sono presenti nei luoghi più affollati, noi sanzioniamo ma dobbiamo evitare che si crei l’affollamento“.
Nel solo mese di agosto sono state controllate 50mila persone, da inizio pandemia 500 mila e 20 mila locali, circa 7000 le sanzioni amministrative. “Le sanzioni che pagano sono le chiusure dei negozi perché – ha concluso – quelle alle persone è un impatto che non si avverte immediatamente. Quelli che pagano sono una minima parte“.