Studiare i fenomeni meteo-marini con gli strumenti della sismologia per ottenere una migliore comprensione degli eventi estremi, anche conseguenti al cambiamento climatico. Questo l’obiettivo di una ricerca condotta da un team multidisciplinare al quale hanno preso parte il dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali dell’Università di Catania e l’Osservatorio Etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Allo studio, appena pubblicato sulla rivista ‘Science of the Total Environment’, hanno dato il loro contributo il Royal Observatory of Belgium, il dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo, il Department of Geoscience dell’Università di Malta, il Centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera, la Climatologia marina e l’oceanografia operativa dell’Ispra e il dipartimento di Scienze della terra e geoambientali dell’Università di Bari.
L’uragano mediterraneo (Medicane) è un sistema di bassa pressione identificabile come un ciclone tropicale a piccola scala. E’ in grado di produrre ingenti danni lungo le coste esposte costituendo un alto fattore di rischio a causa dell’elevata densità abitativa e delle infrastrutture produttive presenti.
“Le onde del mare sono in grado di trasferire alla terra solida energia sotto forma di deboli onde sismiche che vengono registrate dalle comuni stazioni sismiche”. “I segnali sismici prodotti dall’impatto sulla costa delle onde o dalle fluttuazioni di pressione – spiega Andrea Cannata, dell’Università etnea – costituiscono un segnale onnipresente sulla terra caratterizzato da ampiezze estremamente basse. Le analisi condotte hanno permesso di ricavare la ‘firma sismica’ e la ‘magnitudo sismica’ dei Medicanes e delle tempeste stagionali comuni“.