I carabinieri hanno arrestato l’ex consigliere comunale di Palermo di Fratelli d’Italia Mimmo Russo. L’esponente politico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio politico-mafioso, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.
L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. Insieme all’esponente di Fdi sono indagati Gregorio Marchese, definito dal gip la “costola” del politico e figlio dello storico killer della famiglia mafiosa di Corso dei Mille, Filippo Marchese, e il consulente d’azienda Achille Andò. Per entrambi, accusati a vario titolo di corruzione ed estorsione, sono stati disposti i domiciliari. L’indagine è stata condotta dai carabinieri.
L’indagine nasce da alcune intercettazioni a carico di un gruppo imprenditoriale impegnato nella realizzazione di due centri commerciali. E’ emersa così l’esistenza di un comitato d’affari che si stava occupando della costruzione a Palermo, nel quartiere Roccella, di un ipermercato. Padre politico del comitato era Russo che si è attivato per sbloccare la variante del piano regolatore per destinare i terreni su cui doveva sorgere la struttura, destinati fino ad allora a verde agricolo. Tra i progetti edilizi a cui l’indagato si sarebbe interessato quello del centro commerciale di Roccella che stava a cuore alle società Building Plot e Building Plot II e la gestione dell’ippodromo.
LE ASSUNZIONI NEI SUPERMERCATI
Secondo la procura di Palermo, che ne ha chiesto e ottenuto l’arresto, per anni avrebbe utilizzato per i propri interessi la funzione pubblica. Referente dei precari storici di Palermo, in occasione delle campagne elettorali che lo vedevano candidato, avrebbe promesso e procurato posti di lavoro a mafiosi e a loro familiari presso supermercati o cooperative e associazioni finanziate con fondi pubblici.
L’amante del boss di Brancaccio Stefano Marino, la nuora del capomafia ergastolano Scimone: sono solo due delle persone assunte nei supermercati, grazie all’ex consigliere. “Tu devi votare, che i figli di quelli in galera devono entrare“, diceva il politico, non sapendo di essere intercettato, a un sindacalista che doveva sostenerlo alle elezioni comunali di Palermo del 2022. “O hanno una certa mentalità, sono cristiani o io li butto“, dove i “cristiani“, secondo gli inquirenti, erano i mafiosi. Un modo per dire che lui avrebbe accettato solo il supporto elettorale proveniente da certi ambienti.
LA GESTIONE DELL’IPPODROMO
“Io sono il masaniello oppure Giovanna D’Arco, quindi lo Stato è contro il popolo e io con il popolo“. Così Gregorio Marchese, figlio di uno dei più spietati killer di Cosa nostra Filippo Marchese, parlava non sapendo di essere intercettato. Parlando dell’interessamento suo e di Russo all’ippodromo, che era per loro una sorta di stipendificio, Marchese diceva: “noi lo facciamo solo per filantropia, per amore verso la città“. E sulla gestione dell’ippodromo il gip punta il dito anche contro Massimo Pinzauti, procuratore generale della Sipet, la società che aveva vinto la gara per la gestione della struttura e che avrebbe consentito che Marchese fosse il suo braccio operativo a Palermo. Il dirigente, secondo gli inquirenti, non si sarebbe fatto scrupolo di usare le intimidazioni mafiose di Marchese per far rinunciare due professionisti a riscuotere i loro crediti verso la Sipet.
CAF, BUONI, FESTE DI QUARTIERE E LE TORNATE ELETTORALI
Russo, inoltre, avrebbe messo a disposizione il proprio ufficio Caf per l’affidamento in prova ai servizi sociali di diversi condannati per mafia che, grazie al suo aiuto, sarebbero così riusciti a lasciare il carcere. Dall’indagine, che si basa sulle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e decine di intercettazioni, è emerso che l’ex consigliere dava soldi e buoni benzina a esponenti mafiosi che venivano poi usati dai clan per comprare voti nei quartieri della città. Cosa nostra avrebbe avuto così di fatto il controllo delle elezioni comunali e regionali.
L’indagato avrebbe anche regalato denaro alle famiglie mafiose per l’organizzazione delle feste di quartiere, occasioni utilizzate storicamente dalle cosche per aumentare il proprio consenso sul territorio. Da presidente della Commissione Urbanistica al Consiglio Comunale di Palermo si sarebbe messo a disposizione per soddisfare interessi di persone vicine alla mafia, consentendo alle cosche il controllo di concessioni, autorizzazioni e appalti.
A Russo i pm contestano pure l’aver accettato la promessa di voti mafiosi dal boss dello Zen Sandro Diele, in occasione delle regionali del 2012: in cambio il politico avrebbe dato al capomafia soldi, cibo e buoni benzina da distribuire per convincere gli elettori del quartiere a votarlo. Per le comunali del 2022, in cui non riuscì a salire a Palazzo delle Aquile, si sarebbe inoltre fatto promettere, con la mediazione di Gregorio Marchese, figlio del killer di Cosa nostra Filippo Marchese, un pacchetto di voti da Achille Andò, consulente di due imprese di costruzione. In cambio gli avrebbe assicurato che, una volta eletto al Consiglio Comunale, si sarebbe speso per l’adozione di provvedimenti amministrativi in favore delle due società per cui lavorava, la Building Plot srl e la Building interessate a realizzare un centro commerciale a Rocella.
LE ACCUSE DEI PENTITI
Sono una decina i pentiti che accusano l’esponente di Fdi.
Dichiarazioni pesanti che vengono da ex mafiosi di diversi mandamenti palermitani: dallo Zen, dove Russo avrebbe stretto un patto elettorale col boss Sandro Diele, al Borgo Vecchio dove l’ex consigliere comunale, secondo i collaboratori, vantava rapporti con Salvatore Cucuzza.
I pentiti raccontano che Russo pagava a Cosa nostra le preferenze con denaro, buoni di benzina, posti di lavoro.
Di Russo parla ad esempio Fabio Manno: “Tutto il Borgo dava i voti a Mimmo Russo perché lui prometteva i posti di lavoro“, racconta il pentito. E Salvatore Giordano dello Zen riferisce che il candidato si era offerto di pagare la festa del quartiere in cambio dell’appoggio elettorale, salvo poi tirarsi indietro lamentando che nessuno aveva sostenuto la sua candidata. “E’ un politico che fa avere posti di lavoro, promette posti di lavoro“, ha spiegato Giordano.
E ancora Francesco Chiarello rivela che l’ex consigliere comunale metteva a disposizione dei mafiosi per l’ affidamento in prova alternativo al carcere il suo Caf. Circostanza confermata dal pentito Antonino Siragusa che della disponibilità del Caf di Russo ha approfittato riuscendo a uscire dal carcere. “Lui dava un tot di soldi oppure di buoni benzina e loro li dividevano a qualche persone per fargli dare il voto“, dice Siragusa.
LE PAROLE DEL GIP
“Lo scopo finale di questa manovra – secondo il gip – sarebbe stato quello di consentire a Russo di appuntarsi il merito della costruzione del centro commerciale con gli imprenditori ed i professionisti interessati, in cambio del quale avrebbe potuto promettere assunzioni presso il medesimo centro commerciale in occasione delle elezioni comunali del 2022 alle quali si è presentato come candidato“.
Il meccanismo era consolidato: i posti di lavoro incassati da soggetti a cui aveva fatto favori venivano usati insieme a denaro, buoni benzina o cibo, come merce di scambio con esponenti mafiosi, per avere in cambio voti. “Grazie al suo ufficio pubblico – scrive il gip – prometteva agli imprenditori e ai professionisti interessati ad investimenti nel Comune di Palermo che si sarebbe attivato per far aprire loro tutte le porte dell’amministrazione comunale. Di converso, otteneva da questi imprenditori e professionisti un pacchetto di assunzioni da usare come merce di scambio in campagna elettorale“.
“La particolarità del metodo usato da Russo – si legge nel provvedimento – consiste nel fatto che i posti di Lavoro venivano promessi in particolare a soggetti di interesse della criminalità organizzata, che così veniva ulteriormente coinvolta nella realizzazione del progetto“.
LA FOTO CON GIORGIA MELONI
Una foto, risalente a cinque anni fa, ritrae Giorgia Meloni accanto a Mimmo Russo, arrestato oggi per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio politico-mafioso, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Era il 7 marzo del 2019. Giorgia Meloni, leader di FdI, giunse a Palermo per tenere a battesimo il nuovo gruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio comunale, con un evento di partito organizzato in una sala del teatro Politeama.