La Sicilia cambia idea sui dissalatori. Da impianti superflui, con fondi andati in fumo, adesso potrebbero trasformarsi in un’opportunità e una palla da prendere al balzo. Tra i temi sviluppati e presi in considerazione per salvare l’Isola dai razionamenti, o peggio ancora dal rimanere totalmente a secco, è sicuramente quello che ha attirato maggiormente l’attenzione (CLICCA QUI).
La dissalazione è la chiave di volta per fronteggiare l’emergenza idrica? In realtà rappresentano solo un pezzo del puzzle: un grande quadro composto da reti idriche, depuratori, dighe, invasi e pozzi insufficienti e inadeguati, su cui pesano inevitabilmente anche i dati sulla dispersione, con perdite pari al 60% in alcuni tratti.
Ma la crisi idrica non è certamente un fulmine a ciel sereno. La Regione da sempre combatte la siccità e anche secondo Gabriella Messina della segreteria regionale della Cgil Sicilia “l’emergenza di fatto era stata già annunciata, così come la necessità di intervenire su un sistema idrico che in Sicilia è frammentato e che ha scontato delle scelte politiche che si sono focalizzate solo sulla governance. Possiamo pensare di dare una risposta con i dissalatori, ma rappresentano solo una parte del problema, anche perché bisogna capire di che dissalatori stiamo parlando“.
La Regione, infatti, in questi ultimi mesi, ha più volte teso la mano alle richieste dei cittadini, degli agricoltori e delle associazioni proponendo soluzioni e investimenti per impedire il peggio. Tra le carte sul tavolo c’è anche quella dei dissalatori. Come stanno le cose attualmente? L’uso degli impianti resta, al momento, solo una delle tante ipotesi da schierare sul campo e non è da escludere la riesumazione di quelli già esistenti. A destare maggiori perplessità è proprio quest’ultimo elemento. Nasce dunque spontaneo il dubbio che la ripresa e l’ammodernamento di strutture come quelle di Gela, Trapani e Porto Empedocle sia plausibile.
“Veniamo da un periodo in cui, negli anni precedenti, i dissalatori – sottolinea Messina – sono stati abbandonati per tutta una serie di criticità. Erano altamente energivori perché era necessario anche un collegamento sulle reti. Non sono stati né mantenuti né ammodernati e sicuramente bisognerà realizzare un piano che li renda utilizzabili. Di che tipo di dissalatori parla la Regione, con una nuova tecnologia? Dove verranno collocati? Sono impianti di prossimità o no?“.
Tanti sono i temi da attenzionare. Messina sottolinea come resti ancora da comprendere “se la questione coinvolge anche le fonti energetiche rinnovabili, perché ha un senso se leghiamo il tutto insieme e andiamo verso l’obiettivo fondamentale della transizione energetica. Se invece si pensa al ripristino di quelli già esistenti e si ritorna su quell’idea già abbandonata, non faremo altro che spendere delle risorse che potrebbero essere investite concretamente per risolvere la questione dell’emergenza idrica in Sicilia, che deve essere affrontata mettendo insieme una serie di azioni tra cui la dissalazione è una componente. I dati regionali – aggiunge – che abbiamo una dispersione oltre il 60%. Da una parte perdiamo l’acqua e dall’altra facciamo i dissalatori. Se non si sistemano le reti come si collegano ai dissalatori per renderli così funzionali al sistema idrico complessivo? L’idea – prosegue – deve essere legata al tema dell’economia circolare. Pensiamo al residuo di questo processo di dissalazione e di come viene impiegato. Vorremo capire la visione di questo governo regionale, cosa pensa e immagina“.
Un altro quesito è legato al probabile esito finale: se i successi e i traguardi raggiunti nelle Isole minori sono ripetibili o no. “In posti come Lampedusa o Pantelleria sono stati molto utili. Ha permesso di eliminare gli approvvigionamenti con le navi cisterna. Ora la risorsa idrica è stata stabilizzata e c’è la continuità del servizio, che invece, in quel caso, poteva andare in difficoltà anche solo per le cattive condizioni metereologiche. La Sicilia però è un’isola molto più grande, con cinque milioni di abitanti e con dei bisogni differenti, anche all’interno del territorio“.
Una scelta che dovrà dunque essere ben studiata e analizzata sotto tutti i fronti. Tempi e costi non sono stati definiti né menzionati, ma certamente si tratta di cifre abbastanza sostanziose che si aggirano sulle decine di milioni di euro. “Bisogna comprendere – conclude Messina – se complessivamente è una soluzione utile in funzione del servizio idrico siciliano. Sicuramente abbiamo la necessità di mettere a terra delle soluzioni. Una soluzione unica non esiste, serve un approccio integrato, cercando di sfruttare tutte le risorse e tutte le opportunità“.