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Di Ilaria Fatta

Una nuova battaglia per i diritti si sta svolgendo nel Regno Unito, l’emendamento sull’aborto di Tonia Antoniazzi

martedì 24 Giugno 2025

Una nuova battaglia per i diritti si sta svolgendo nel Regno Unito. Questa volta a scontrarsi sono il diritto all’aborto (pro-choice) contro il diritto alla vita del feto (pro-life).

Al presente, in Inghilterra e Galles, l’aborto è considerato reato penale quando venga indotto oltre le 24 settimane (Infant Life (Preservation) Act 1929). L’unica eccezione viene rappresentata da quei casi in cui la gravidanza presenti pericoli fisici e/o psicologici per la madre o il feto sia gravemente malformato, per cui l’aborto può essere praticato oltre le 24 settimane, previa approvazione firmata da due medici, senza conseguenze legali per la madre (Abortion Act 1967).

Invece, quando il nuovo emendamento entrerà in vigore, le donne che decideranno di abortire fuori dai limiti consentiti dalla legge, generalmente non verranno perseguite penalmente e non fronteggeranno procedimenti giudiziari con l’accusa di aborto illegale.

La proposta portata avanti da Tonia Antoniazzi MP (member of the parliament) e discussa martedì 17 giugno dal parlamento inglese, nasce dal bisogno di proteggere principalmente donne vulnerabili o coinvolte in relazioni abusive/violente. La proposta, appoggiata da 180 MP di tutte le fazioni politiche e 50 organizzazioni – da quelle che forniscono questo servizio a quelle contro la violenza sulle donne, accanto ad alcuni enti sanitari (quali il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists e il Royal College of Midwives) – è passata con una maggioranza di 379 favorevoli e 137 contrari.

La proponente ha infatti sottolineato ripetutamente durante tutto il dibattito (come già aveva fatto in precedenza) che la richiesta di inserimento di questa clausola nel Crime and Policing è genuinamente dettata dalla ferma volontà di salvaguardare in particolare donne vulnerabili e garantire loro il giusto supporto – cosa che risulta virtualmente impossibile qualora catturate nel sistema giuridico criminale – considerato che attualmente, in Inghilterra e in Galles, una donna che dia alla luce un feto senza vita può essere indagata per scoprire eventuali atti illeciti.

Secondo la deputata, il sistema in atto al momento conta più di 250.000 aborti l’anno e, nell 99% dei casi, generalmente sotto le 20 settimane. Si solleva dunque il problema di chi debba salvaguardare il diritto e la vita del feto/nascituro, in un sistema che, se cambiato, si teme possa addirittura esporre ulteriormente donne vulnerabili a un maggiore rischio di forzature all’aborto da parte del partner o di terze parti. In aggiunta, non solo le donne in questione verrebbero decriminalizzate ma anche i loro partner o chiunque eserciti coercizione di qualunque tipo nei loro confronti riuscirebbe a eludere le tutele fornite dal presente sistema giuridico. Ciò in considerazione di  un meccanismo per cui la cosiddetta pillola del giorno dopo può essere ordinata via posta o comprata online, e dove le consultazioni non debbano necessariamente avvenire in persona, optando per un sistema chiamato telemedicina, dove la prescrizione viene fornita dietro video consultazione o chiamata telefonica. Fra i vari interventi, si è sollevato il timore che, in questa rete di libertà, giovani ragazze rimaste incinte a seguito di violenze e/o illecito potrebbero coprire l’abuso subìto senza dovere (potere!) denunciare l’aguzzino, oppure adolescenti rimaste incinta possibilmente di un coetaneo potrebbero essere obbligate dalla famiglia ad abortire per proteggere la reputazione di tutti i membri o anche, nei casi più estremi, che si potrebbe andare incontro a un aumento di aborti selettivi basati sul sesso del nascituro.

A fianco di una discussione prevalentemente incentrata sui diritti, emerge un ennesimo fattore di rischio rappresentato da una fattiva mancanza di controllo diretto, per cui alcune donne potrebbero scegliere di (o essere forzate a) ricorrere a metodi di interruzione di gravidanza fuori tempo massimo con un rischio per la salute di entrambi, madre e feto, dal potenziale estremamente elevato. Esattamente il contrario di quello che l’attuale legge sull’aborto ha tentato di prevenire, cercando di regolare (e consentire) quanto più possibile questa pratica con l’intento di facilitarne l’accesso, in modo tale da garantire un minimo di prevenzione sanitaria e diminuzione del rischio sulla vita di entrambi i soggetti – nonché un maggiore controllo su eventuali abusi perpetrati ai danni della gestante.

Giova tuttavia ricordare che la richiesta di decriminalizzazione è indirizzata esclusivamente alla madre, mentre il medico resterà vincolato ai parametri stabiliti per legge e dunque, qualora li violasse, sarebbe suscettibile di procedimento penale.

Interessante notare come, a detta del Telegraph, questo emendamento sarebbe stato accolto con scarso entusiasmo dalla popolazione inglese (solo il 3% favorevole) e fortemente osteggiato da alcuni medici del servizio sanitario per svariate ragioni: dalla preoccupazione per i rischi legati alla salute fisica della madre, all’incapacità del servizio sanitario nazionale (NHS) di fronteggiare questo ulteriore aggravio; dalle ricadute sulla salute mentale della gestante, alle implicazioni legate a un fallito tentativo di aborto che obbligherebbe il medico a terminare la vita del nascituro o nel grembo materno (espulso poi con parto indotto) o appena nato, commettendo a tutti gli effetti un feticidio/infanticidio – nei casi più stremi. Dati, questi, che la Antoniazzi rovescia completamente durante la discussione, garantendo il solido appoggio di enti, istituzioni e del pubblico in generale.

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