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I dati aggiornati al 31 maggio 2025

Morti sul lavoro in aumento in Sicilia: i settori più esposti in agricoltura, edilizia, logistica e turismo

domenica 13 Luglio 2025
morti bianche
Foto Archivio

La Sicilia piange i suoi lavoratori. Il bilancio dei primi cinque mesi del 2025 restituisce una geografia cruda e spietata degli infortuni mortali sul lavoro. Dietro ogni cifra, una famiglia distrutta, un vuoto incolmabile, una storia interrotta. Lo dice chiaramente il rapporto pubblicato dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering, che elabora i dati INAIL relativi alle sole morti in occasione di lavoro (escludendo quindi gli incidenti in itinere), aggiornati al 31 maggio 2025.

A livello nazionale, l’incidenza media dei decessi è pari a 11,6 morti ogni milione di occupati. Ma in Sicilia alcune province superano abbondantemente questo valore. Ragusa, Agrigento e Palermo guidano una classifica che, come vedremo, mostra una diffusione capillare della crisi della sicurezza in ogni angolo dell’Isola.

Più della metà del Paese è in zona rossa e arancione. A fine maggio sono 277 gli infortuni mortali in occasione di lavoro e 109 quelli in itinere. In Lombardia, Veneto, Campania, Sicilia, Puglia e Piemonte il maggior numero di vittime totali.

Costruzioni, Attività Manifatturiere, Trasporti e Magazzinaggio e Commercio i settori più colpiti. In calo il numero complessivo delle denunce di infortunio (mortali e non): -1,4% rispetto a maggio 2024.

 

I dati regionali aggiornati al 31 maggio 2025 

A finire in zona rossa a maggio 2025, con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 11,6 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori), sono: Basilicata, Umbria, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Abruzzo, Sicilia, Puglia e Campania. In zona arancione: Veneto, Calabria e Liguria. In zona gialla: Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Molise e Lombardia. In zona bianca: Emilia-Romagna, Lazio, Sardegna e Marche.

Morti e infortuni in Italia: i numeri assoluti

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Morti sul lavoro

Sono 386 le vittime sul lavoro in Italia, delle quali 277 in occasione di lavoro (9 in meno rispetto a maggio 2024) e 109 in itinere (26 in più rispetto a maggio 2024). Ancora alla Lombardia va la maglia nera per il maggior numero di vittime in occasione di lavoro (42). Seguono: Veneto (30), Campania (25), Sicilia (23), Piemonte e Puglia (20), Toscana (19), Lazio ed Emilia-Romagna (17), Trentino-Alto Adige (10), Abruzzo, Umbria e Liguria (8), Basilicata e Calabria (7), Friuli-Venezia Giulia (6), Marche e Sardegna (4), Molise e Valle d’Aosta (1).

Complessivamente, la Sicilia si conferma tra le regioni italiane con il più alto tasso di incidenza delle morti sul lavoro.

 

Sicilia 6ª in Italia per incidenza dei morti sul lavoro

Anche sul fronte più drammatico, quello dei decessi in occasione di lavoro, la Sicilia si distingue purtroppo in negativo. Con un indice di incidenza pari a 15,6 morti ogni milione di occupati, la regione è la sesta peggiore in Italia, superando ampiamente la media nazionale di 11,6.

La classificazione elaborata da Vega colloca la Sicilia nella fascia rossa – quella a massima pericolosità – ovvero le regioni con incidenza superiore al 25% rispetto alla media nazionale. Un dato che sottolinea come l’isola sia ancora priva di un’efficace cultura della prevenzione, nonostante gli interventi istituzionali e le numerose campagne di sensibilizzazione.

 

 

Sicilia: l’Isola del rischio, provincia per provincia

 

Con 3 decessi su 70.284 lavoratori attivi, la provincia di Ragusa si colloca al secondo posto assoluto in Italia per incidenza degli infortuni mortali. È una delle aree più industrializzate della regione, con un’alta concentrazione di attività agricole e cantieri: settori dove la sicurezza è troppo spesso sacrificata sull’altare del profitto.

Agrigento segue da vicino. Con 4 morti registrati nei primi cinque mesi del 2025, l’indice di incidenza arriva a 37,7. Qui, come nel Ragusano, il settore primario – agricoltura e allevamento – continua a essere teatro di incidenti, con mezzi obsoleti, formazione carente e un diffuso ricorso al lavoro irregolare.

Nel capoluogo siciliano, la situazione non è meno allarmante. Con 7 lavoratori deceduti, Palermo supera abbondantemente la media nazionale. L’ampia diffusione di microimprese e cantieri urbani, spesso affidati al subappalto, contribuisce a rendere fragile l’apparato di prevenzione.

Siracusa registra 2 decessi per una forza lavoro di poco superiore alle 80.000 unità. La presenza del polo petrolchimico, dove si concentra un’alta percentuale di lavoratori in appalto o somministrazione, rappresenta un nodo cruciale: procedure complesse e turni massacranti aumentano il margine d’errore e il rischio.

Con 2 morti sul lavoro, Caltanissetta rientra nella fascia compresa tra lo 0,75 e 1 Im. Un dato che, pur inferiore a quello di altre province, resta allarmante se considerato in rapporto alla dimensione ridotta del bacino occupazionale.

trattore ribaltato

Trapani, secondo i dati INAIL elaborati da Vega Engineering, registra 6 decessi, con un indice di 10,8. Qui la pesca e il settore edilizio fanno da sfondo a infortuni troppo spesso legati a cadute dall’alto o incidenti con macchinari non a norma.

Catania, la provincia più popolosa e produttiva della Sicilia, conta ben 10 morti ma – a causa dell’alto numero di occupati – ha un’incidenza pari a 5,4, inferiore alla media nazionale. Resta comunque il dato assoluto più alto per numero di vittime.

Messina ha registrato 1 decesso, con un’incidenza che si attesta a 5,5, inferiore alla media italiana ma in linea con il dato regionale. Si tratta comunque di un equilibrio fragile: bastano uno o due casi in più per far impennare le statistiche.

L’unica provincia siciliana che, fino al 31 maggio 2025, non ha registrato morti sul lavoro è Enna. Con una forza lavoro ridotta, è anche la provincia meno industrializzata dell’Isola. Ma l’assenza di decessi non è garanzia di sicurezza stabile: nel 2024, infatti, Enna aveva segnalato più casi rispetto a quest’anno.

 

Chi muore, dove e perché: i settori più colpiti

Lavoro nero, Guardia di finanzaLe tabelle non dicono tutto, ma tracciano confini precisi. Il settore agricolo e quello edile si confermano tra i più a rischio. Si muore per cadute dall’alto, folgorazioni, schiacciamenti, ribaltamento di mezzi agricoli, crolli di ponteggi. Si muore spesso da soli, in cantieri isolati o in campagna, dove la mancanza di sorveglianza e la cultura della sicurezza sono ancora lontane.

In Sicilia, inoltre, pesa la diffusione di microimprese e lavoro sommerso. Secondo l’Istat, il tasso di irregolarità nell’Isola supera il 20% in molti comparti. Un dato che incrocia le condizioni di precarietà e rende difficile l’applicazione effettiva delle normative sulla sicurezza, anche quando esistono.

 

Infortuni sul lavoro in Sicilia: quasi 10.000 denunce nei primi cinque mesi del 2025

In Sicilia, lavorare continua a rappresentare un rischio concreto. Secondo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente di Vega Engineering, al 31 maggio 2025, sull’isola sono state presentate ben 9.849 denunce di infortunio sul lavoro nei primi cinque mesi dell’anno. Il dato comprende sia gli infortuni in occasione di lavoro che quelli in itinere, e rappresenta il 4,7% del totale nazionale (che ammonta a 210.460 casi).

La regione si colloca così tra quelle con il tasso d’incidenza più elevato nel Paese, confermando un trend di allarme costante che da anni caratterizza il territorio. A pesare sono i tradizionali settori a rischio – agricoltura, edilizia, trasporti, logistica, manifattura – ma anche la persistente diffusione di lavoro irregolare, intermediazioni opache e formazione inadeguata.

 

 

Un rischio che colpisce soprattutto giovani, stranieri e uomini

Il quadro tracciato a livello nazionale trova pieno riscontro nella realtà siciliana. Le fasce più esposte sono:

-i giovani tra 15 e 24 anni, che in Italia registrano un’incidenza altissima (27.730 casi ogni milione di occupati),

-i lavoratori stranieri, che denunciano infortuni quasi il doppio degli italiani (16.625 vs 7.875 per milione),

-i maschi, con un tasso di denuncia di 9.964 rispetto ai 7.209 delle donne.

In Sicilia, queste tre categorie costituiscono la parte più esposta del mondo del lavoro: braccianti agricoli, operai edili, manovali della logistica, addetti stagionali del turismo. Figure spesso marginali, con minore potere contrattuale e impiegate in settori dove la formazione è minima e i dispositivi di protezione scarsi o assenti.

Il dato delle 9.849 denunce in cinque mesi suggerisce una stabilità pericolosa: non si rileva un’inversione significativa rispetto agli anni precedenti. Anzi, la quota della Sicilia sul totale nazionale è in leggero aumento rispetto al 2024, quando si attestava intorno al 4,5-4,6%. Anche sul piano dei decessi, l’indice regionale è ancora saldamente sopra la media nazionale.

Questo scenario, già grave in sé, rischia di essere sottostimato, perché non tiene conto degli incidenti non denunciati o non riconosciuti, specialmente tra i lavoratori irregolari. La sicurezza, in Sicilia, continua a essere più un dovere sulla carta che un diritto reale e tutelato.

 

I limiti della prevenzione: le voci del territorio

Le ispezioni degli organi di controllo – Ispettorato del lavoro, Inail, ASL – sono spesso insufficienti. In Sicilia, nel 2024, le aziende ispezionate sono state meno del 5% del totale. I tecnici addetti alla vigilanza sono pochi, mal pagati e distribuiti in modo disomogeneo. La formazione obbligatoria è in molti casi approssimativa, ridotta a un mero adempimento formale.

Anche la cultura della sicurezza resta debole: per molti piccoli imprenditori è ancora percepita come un costo più che come una necessità. E la mancanza di consapevolezza tra i lavoratori, spesso giovani, stranieri o reclutati informalmente, aggrava il quadro.

Il numero dei morti dice molto, ma non tutto. Per comprendere il fenomeno è essenziale ascoltare chi vive ogni giorno le dinamiche del lavoro nei cantieri, nei campi, nelle fabbriche. “Non è accettabile che si continui a morire di lavoro – denuncia un sindacalista della CGIL Palermo –. Le imprese devono assumersi la responsabilità, e lo Stato deve rafforzare i controlli. Ognuna di queste morti è una sconfitta per la collettività”. A Siracusa, un rappresentante UIL aggiunge: “Nel polo industriale gli incidenti sono spesso legati alla fatica, alla fretta, alla mancanza di manutenzione. Servono investimenti strutturali, non solo parole”.

A livello regionale, la Sicilia ha adottato un Piano triennale per la sicurezza sul lavoro, ma la sua applicazione è frenata dalla scarsità di risorse e personale. Il piano prevede il potenziamento della formazione e l’incremento delle ispezioni, ma molte delle sue misure restano sulla carta. Anche il Tavolo permanente sulla sicurezza, istituito nel 2023 presso l’Assessorato al Lavoro, ha finora prodotto più comunicati che risultati effettivi.

Nel frattempo, le imprese che rispettano le regole sono penalizzate da una concorrenza sleale basata sul risparmio sui costi di sicurezza. E il rischio di impunità è alto: i procedimenti penali per omicidio colposo sul lavoro sono lunghi e spesso si concludono con prescrizioni o archiviazioni.

Mauro Rossato

“Da gennaio a maggio sono ancora tante, troppe, le vittime sul lavoro. Rispetto ai primi cinque mesi del 2024 sono aumentate del 4,6% e si contano già 386 decessi, 17 in più dello scorso anno. Otto regioni sono in zona rossa e altre 3 in zona arancione, le due fasce critiche in cui raccogliamo le regioni con tassi d’incidenza infortunistica superiori alla media nazionale”, dichiara Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega di Mestre, riassumendo l’indagine elaborata dal proprio team di esperti.

In attesa dei dati completi dell’anno, i numeri di questo primo semestre raccontano una situazione pesantissima. Trentasei lavoratori morti in Sicilia in cinque mesi. Uno ogni quattro giorni. Un costo umano che nessuna economia può giustificare. L’Isola del sole continua a essere anche l’Isola dei cantieri insicuri, delle serre mortali, delle fabbriche silenziose dove si lavora e si muore.

Ma queste vite non possono restare numeri. Dietro ognuna c’è una storia da raccontare. E una società intera da interrogare.

 

Fonte dati:

Incidenze Morti Lavoro Province Osservatorio Sicurezza Lavoro Ambiente Vega Engineering 31-05-25 (Fonte dati: INAIL)

Statistiche Infortuni Sul Lavoro Osservatorio Sicurezza Ambiente Vega Engineering 31-05-25 (Fonte dati: INAIL)

 

 

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