In un’Isola come la Sicilia, seconda tra le regioni italiane per tasso di natalità, si consuma un paradosso che rischia di avere ripercussioni gravi sulla salute pubblica. Le scuole di specializzazione in Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Palermo e dell’Università di Messina non sono state accreditate per l’anno accademico 2025/2026.
La notizia emerge dall’elenco delle 26 scuole escluse dalla nuova tornata di accreditamenti dell’Osservatorio Nazionale della Formazione Medica. È un colpo durissimo per la formazione specialistica siciliana, poiché le due principali sedi universitarie dell’Isola si trovano oggi prive di una scuola attiva in una disciplina cruciale. Dal provvedimento emerge che non verranno assegnati nuovi contratti di specializzazione e che gli specializzandi già iscritti avranno la possibilità di trasferirsi altrove senza il consenso del direttore uscente. Una fuga di competenze che rischia di impoverire ulteriormente il tessuto sanitario regionale.
Dati, carenze e strategie

A confermare la gravità del quadro è il Rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, che ricostruisce la genesi del provvedimento: “Il ministero ha contestato soprattutto il parametro dei posti letto tra Policlinico e ospedale Cervello. Ma è un solo parametro su quattro e non siamo convinti della valutazione”.
Il Rettore anticipa la strategia istituzionale: “Abbiamo inviato una nota al Ministero, all’Anvur e agli organi competenti per chiedere una revisione. Se non ci sarà margine nell’immediato, l’anno prossimo ci presenteremo con un dipartimento interaziendale col Civico, che porta numeri in grado di garantire la massa critica”.
Secondo i dati disponibili, i volumi ostetrici registrati presso il Civico si attestano intorno ai 2.000 parti l’anno, a fronte degli 800 del Policlinico.

Midiri ammette che per quest’anno il destino sia segnato, ma prova a rassicurare i giovani: “Chi intende specializzarsi potrà iscriversi altrove e poi chiedere un trasferimento. Capisco la delusione, ma si tratta di questioni amministrative, non di qualità clinica. Anche il direttore della scuola, il professor Renato Venezia, è rimasto molto perplesso perché secondo lui i numeri c’erano tutti. Stiamo verificando se ha ragione il Ministero o noi”.
Lo stesso Venezia, che è anche direttore dell’UOC di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico, sottolinea l’impatto che questa decisione avrebbe sulla formazione: “Si passa da circa 60 posti complessivi in Sicilia a soli 23, tutti a Catania. È un ridimensionamento che lascia scoperte aree fondamentali e rischia di favorire atenei privati che lo scorso anno non hanno neppure coperto i bandi”. Il professore riconosce che i lavori strutturali in corso al Policlinico possano avere inciso sui parametri, ma li definisce “Una condizione transitoria che non riflette il reale potenziale formativo della scuola“.
Docenti mancanti e Sanità sempre più privata

Se Midiri e Venezia guardano alle prossime mosse, lo storico maestro della ginecologia palermitana, Ettore Cittadini, evidenzia che: “Il problema non è nuovo. Quando ero direttore la scuola attraversava già una fase difficile, ma riuscimmo a ricostruirla. Oggi la situazione è ancora più grave: mancano i docenti con i titoli per guidarla. Non si può permettere che la Sicilia resti senza una scuola di Ginecologia e Ostetricia, perché questo significa compromettere il futuro della formazione e dell’assistenza in un settore vitale per la nostra Regione. Strutture e volumi di attività sono importanti, ma senza concorsi e professori ordinari diventa difficile garantire continuità e prospettive alla scuola”.
Nel dibattito pubblico emergono anche valutazioni sul crescente sbilanciamento tra pubblico e privato. A Palermo operano diversi centri privati di ginecologia e ostetricia, strutture che negli ultimi anni hanno visto crescere il loro peso, anche grazie a convenzioni e alla capacità di attrarre utenza in assenza di un’offerta pubblica adeguata. In questo scenario, la mancata riattivazione delle scuole universitarie rischia di alimentare ulteriormente la percezione di un sistema che lascia spazio al privato, mentre il governo nazionale non ha mai nascosto una linea favorevole a una maggiore integrazione con le strutture convenzionate. A ciò si aggiunge il ruolo delle università private, sempre più presenti sul territorio nazionale e potenzialmente in grado di colmare i vuoti lasciati dall’accademia pubblica, con il rischio però di accrescere le disuguaglianze nell’accesso alla formazione. Il risultato è un terreno fertile per chi intravede in questa vicenda non soltanto un problema di requisiti accademici, ma una questione politica di fondo: il futuro della Sanità siciliana e la sua tenuta come servizio pubblico.
Il futuro

Midiri, intanto, prova a guardare oltre e annuncia: “Stiamo lavorando con il professor Calogero Cammà, mio delegato e per il funzionamento delle scuole di specializzazione di area sanitaria dell’Ateneo, e con il direttore Venezia per affrontare insieme le criticità. La nostra linea è chiara: vogliamo non solo riportare in vita la scuola di Ginecologia e Ostetricia, ma anche rafforzare le altre due scuole che hanno subito osservazioni, Otorinolaringoiatria e Neuropsichiatria infantile, entrambe con sede a Palermo. Nel primo caso il nodo riguarda la carenza di docenti strutturati con i titoli previsti dal decreto interministeriale, mentre nel secondo pesano i numeri insufficienti di casi clinici e di attività assistenziale. Due elementi che, pur non comportando la perdita dell’accreditamento, hanno spinto l’Osservatorio a richiedere correttivi immediati”.
“Ritornando alla ginecologia, come l’emergenza- urgenza, va detto che oggi ha poco appeal tra i giovani medici. È una disciplina pesante, con un enorme carico di responsabilità e di contenziosi, che spesso scoraggia anche i più motivati. Proprio per questo serve una strategia forte, condivisa e coraggiosa, capace di restituire valore e attrattività alla specializzazione. La Sicilia non può permettersi di arretrare sulla formazione sanitaria, e il nostro impegno va in questa direzione“, conclude il Rettore.