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Oltre 100 partecipanti

“Questa è la mia terra e io la difendo”, Campobello di Licata “capitale del diritto a restare”

venerdì 22 Agosto 2025

Campobello di Licata, nelle ultime estati, è diventata “capitale del diritto al restare”. Ormai sta diventando tradizione, il mese d’agosto è il mese che accoglie il festival “Questa è la mia terra e io la difendo“.

L’obiettivo del festival è di studiare, in maniera seria e continuativa, le cause della “fuga obbligata” per individuare aree di intervento specifiche da proporre alla cittadinanza, alle imprese e alle istituzioni.

Sull’esempio di Giuseppe Gatì, giovane che sì è impegnato per la “restanza” e la sicurezza sul lavoro, e dell’associazione locale “Comu veni si cunta” , il festival intende diffondere la cultura del rimanere, lavorando per costruire opportunità di benessere nelle regioni del Mezzogiorno e celebrando quanti hanno scelto di tornare o restare nei luoghi d’origine per vivere e lavorare con dignità.

L’intento è quello di invertire uno stato di cose che in 10 anni ha spostato dalla loro terra d’origine 500.000 persone – principalmente nelle zone del Centro-Nord Italia – per cercare altrove un’occupazione. Persone pressate dal fatto che in un territorio socialmente, economicamente e culturalmente povero, andare via non è più una scelta ma è spesso l’unica alternativa.

Per questa edizione sono stati oltre 130 i partecipanti tra attivisti, studenti, rappresentanti di associazioni, cooperative, imprese sociali, università che in modi diversi si impegnano ogni giorno per il diritto a restare in Sicilia.

Il focus di questa edizione s’è concentrato sul tema della migrazione degli studenti siciliani per motivi universitari. Negli ultimi 15 anni, la Sicilia ha visto crescere in modo costante l’emigrazione universitaria. Oggi 1 giovane su 3 lascia l’isola per iscriversi a un ateneo del Centro o del Nord Italia. La differenza con le regioni settentrionali è netta: nel Centro-Nord solo 1 studente su 215 sceglie di studiare altrove, e nella maggior parte dei casi si tratta di spostamenti di breve distanza. Il problema non è solo la partenza: è il mancato ritorno. Secondo AlmaLaurea, solo 1 su 4 di chi si laurea fuori rientra in Sicilia per lavorare. Il saldo di mobilità qualificata della regione è tra i peggiori d’Italia, con una perdita costante di giovani altamente formati.

L’impatto economico è enorme: SVIMEZ stima che il Mezzogiorno perda oltre 3 miliardi di euro l’anno tra spese sostenute dalle famiglie e ricchezza non prodotta nei territori di origine. Per la sola Sicilia, la cifra supera i 500 milioni di euro ogni anno – un valore paragonabile all’intero impegno annuale di bilancio della Regione. Ma la perdita non è solo economica. È culturale, sociale e demografica: l’uscita di così tanti giovani formati indebolisce il tessuto produttivo, riduce la capacità di innovazione e impoverisce la vita civile. Con meno studenti e meno laureati, anche le università siciliane perdono attrattività, innescando un circolo vizioso che spinge altri a partire.

Le cause sono molteplici e intrecciate – dall’insufficienza delle borse di studio a un’offerta formativa percepita come meno competitiva. La sfida è stata proprio quella di sviluppare almeno una proposta concreta e condivisa che possa invertire questa tendenza e restituire a chi nasce o vive in Sicilia la possibilità reale di restare a studiare.

Sono state quattro le proposte nate dal confronto e del voto dei partecipanti. Tra tutte quella che il “Centro Studi Giuseppe Gatì”, l’ente organizzatore del festival, porterà avanti con una campagna di advocacy, affiancato da un costituendo comitato promotore apposito, è il Piano Sicilia Studio.

Si tratta di una strategia regionale integrata per riconoscere e garantire il diritto allo studio a chi nasce e vive in Sicilia. Prevede l’approvazione di una Legge  quadro regionale e l’attivazione di una serie di misure coordinate, ovvero: Carta Studente Sicilia; Housing Cooperativo Studentesco: Fondo permanente per l’equità territoriale nello studio; Erasmus interno siciliano.

Il Piano garantirebbe pari accesso ai servizi fondamentali della vita universitaria regionale, rendendo la scelta di restare desiderabile, sostenibile e dignitosa. Gli studenti non sarebbero più penalizzati per il solo fatto di vivere in Sicilia. Questo contribuirebbe a ridurre le disuguaglianze economiche, oltre che territoriali, e favorirebbe la creazione di comunità locali forti.

Questo Piano trasformerebbe la restanza da sacrificio a scelta abilitata e abilitante, rimuovendo gli ostacoli materiali e simbolici che spingono i giovani ad andarsene (art.3 Cost). Restare non è più “accontentarsi”, ma accedere agli stessi diritti di chi nasce in altre parti del Paese. Il Piano Sicilia Studente è giustizia generazionale, sociale e ambientale, coesione territoriale, e visione di futuro.

 

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