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L'anniversario

Giovanni Orcel, un eroe siciliano

martedì 14 Ottobre 2025

Giovanni Orcel nasce a Palermo da una famiglia poverissima al punto da dovere abbandonare la scuola.

Da giovane operaio aderisce al sindacato ma è una forzata permanenza a Torino a causa della guerra che  prende contatto con una realtà industriale a lui sconosciuta e ritornato a Palermo mette a frutto questa sua esperienza e ben presto assume la guida della Camera del lavoro.

Egli organizza un movimento di lotta che per la prima volta vede uniti operai e contadini che rappresenta un salto culturale nella politica del sindacato anticipando quella che sarà l’elaborazione di Antonio Gramsci sulla questione meridionale.

Il suo carisma, la capacità di infondere fiducia nei lavoratori e di organizzare grandi mobilitazioni popolari suscita grande entusiasmo.

Tutto questo, ovviamente, preoccupò i padroni e soprattutto gli  agrari poiché Orcel spinge la lotta fino a porsi obbiettivo dell’esproprio delle terre e nella città non si limita solo a rivendicare diritti all’interno della fabbrica ma estende la lotta anche fuori dai luoghi di lavori rivendicando migliori condizioni di vita  sia dentro che fuori dalla fabbrica.

Per bloccare questo movimento padroni e feudatari, secondo copione che vedremo negli anni a venire dopo la Liberazione dal fascismo, ricorrono al braccio armato della mafia che inizia intanto a fare terra bruciata attorno a lui eliminando i suoi più strettii collaboratori e dirigenti  che guidano grandi movimenti di popolo. A Corleone è ucciso il capo lega Giovanni Zangara, a Prizzi Giuseppe Rumore  e infine Nicola Alongi che è anche un suo fraterno amico.

A questo punto Orcel ha chiaro che la prossima vittima sarà lui tanto che parla di sé stesso, come un morto in vacanza, riprendendo la stessa frase che aveva pronunciato Bernardino Verro ucciso a Corleone, e all’Avanti, giornale del partito socialista, dichiarerà dopo avere appreso  dell’assassinio di un altro sindacalista a Noto, “il prossimo sarò io” .

La sera del 14 ottobre del 1920 mentre sta per recarsi a casa dopo una riunione nella sede del partito socialista un killer all’angolo tra via Del Giusino e corso Vittorio Emanuele lo colpisce alle spalle con un pugnale. Trasportato all’ospedale morirà poco dopo all’età di 33 anni. Come in tutti i delitti di mafia non mancano i depistaggi, si insinua che fosse un delitto legato a motivi passionali, si insinua la pista interna: è stato ucciso dagli stessi compagni del sindacato che non condividevano né contenuti né le forme di lotta. Le indagini intanto segnano il passo e ala fine il delitto viene archiviato come uno dei tanti casi irrisolti. Amarezza e rabbia serpeggiano tra i compagni del sindacato ormai rassegnati al fatto che il delitto rimarrà impunito, quando avviene un fatto nuovo.

Il killer non sapeva chi fosse la persona che aveva ucciso e tanto meno i motivi della sua eliminazione, lo saprà qualche giorno dopo.

Una analogia con l’assassinio di Pio La Torre, uno dei sicari Rosario Cocuzza anche lui ignorava l’identità di chi aveva ucciso, lo apprenderà l’indomani dai giornali.

A differenza di Cocuzza che non mostra alcun turbamento il killer di Orcel rimane turbato avendo appreso che l’ucciso era il segretario della Camera del Lavoro anche perché suo fratello è un fervente militante socialista e attivista sindacale per cui si precipita a raccontargli tutto ciò che era successo e il fratello non perde tempo ad informare delle notizie apprese i compagni del sindacato più vicini ad Orcel: il mandante dell’assassinio è il capo mafia di Prizzi Sisì Gristina, lo stesso  che aveva ordinato l’uccisione di Nicola Alongi, confermando il disegno agrario- mafioso di bloccare lo sviluppo del sindacato eliminando i suoi capi più autorevoli e prestigiosi.

A questo punto per un gruppo di compagni, i più legati ad Orcel, il delitto non può restare impunito. E così la sera del 23 gennaio del 1921 in via Lincoln il capo mafia viene colpito alle spalle da diverse pugnalate allo stesso modo di come era stato ucciso Orcel. Questa ricostruzione è stata possibile grazie al lavoro del grande giornalista e intellettuale Marcello Cimino che la pubblicò sul giornale L’Ora, classificando il delitto come il primo esempio di “giustizia proletaria”. La figura di Orcel, il suo pensiero e la sua azione sindacale sono usciti dall’oblio che lo avevano segnato per lungo tempo grazie agli scritti di molti studiosi tra cui Giuseppe Miccichè, Giuseppe Carlo Marino, Giovanni Abbagnano, Dino Paternostro e all’impegno della Camera del Lavoro di Palermo.

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