Non c’è pace per uomini e cavalli. Non bastava il Covid a mettere il mondo in ginocchio, tra i cavalli si sta diffondendo la “rinopolmonite equina“.
Il nome scientifico è “Herpesvirus equino di tipo 1 (EHV-1)“, è un noto agente patogeno che sta colpendo i cavalli europei, indebolendo gli esemplari e, nei casi più gravi provocandone la morte. Sono infatti decine i cavalli raggiunti dal morbo e almeno 17 i decessi equini. In Italia sono 15 i casi accertati, 7 i sospetti e 3 i cavalli morti. Qualche altro caso si sta manifestando anche in Usa
Pubblicato sulla rivista Science, questo allarmante resoconto è stato riportato da diversi scienziati ed esperti equini, che temono la più grave epidemia da EHV-1 in Europa. Nel tentativo di contenere i danni, la Federazione internazionale per gli sport equestri (FEI), che supervisiona le competizioni equestri internazionali, ha cancellato diversi eventi europei, prima per il Covid, ora per l’Ehv-1, in attesa che i proprietari delle scuderie vaccinino al più presto i loro esemplari.
Gli scienziati stanno esaminando il motivo per cui il virus, che tipicamente provoca sintomi molto lievi, sembri invece particolarmente aggressivo in questi esemplari, specialmente se di genere femminile. “La nostra massima priorità deve essere quella di affrontare l’impatto immediato di questo terribile virus – dichiara Goran Akerstrom, direttore veterinario della FEI – ma allo stesso tempo dobbiamo raccogliere dati epidemiologici”.
Il 18 marzo un gruppo di lavoro della FEI si è riunito per studiare l’epidemia. I ricercatori sostengono che la competizione tenutasi a Valencia, in Spagna, potrebbe aver contribuito alla diffusione dell’infezione. “I cavalli si trovavano in box ravvicinati – osserva Lutz Goehring, specialista in malattie equine dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco – basta un esemplare con un virus latente e il giusto stimolo per trasmettere il contagio”.
Le analisi hanno confermato che la maggior parte degli animali è stata esposta ad almeno uno dei cinque principali ceppi di EHV-1. “I cavalli potrebbero trasportare virus inattivi per anni – spiega Ana Velloso lvarez, veterinaria preso la Cardenal Herrera University – le infezioni attive possono provocare febbre e problemi respiratori, ma questa variante sembra in grado di causare gravi danni neurologici, inficiando la capacità dei cavalli di camminare o di restare desti”.
Gli esperti precisano che di solito meno del 15 per cento degli animali mostra sintomi neurologici, mentre la variante di Valencia sembra associata a condizioni di questo tipo nel 40 per cento dei casi. “Ognuno aveva un insieme di problemi e sintomi diversi – riporta la veterinaria – alcuni mostravano gonfiore alle zampe, altri coaguli di sangue. Era completamente diverso da quello a cui siamo abituati”.
Gli scienziati ipotizzano che il lungo viaggio possa aver aggravato lo stress degli animali e peggiorato il decorso delle malattie. “Alcuni cavalli hanno impiegato fino a tre giorni per raggiungere la Spagna, dove si è tenuto l’evento che potrebbe aver dato origine al focolaio – osserva Barbara Padalino, scienziata equina presso l’Università di Bologna – questi tragitti possono essere un fattore di stress significativo”.
Studi precedenti hanno dimostrato che le difese di un cavallo possono diminuire dopo 12 ore di viaggio, aumentando la possibilità di infezione. Alcuni ricercatori ipotizzano che i farmaci usati per il controllo del ciclo riproduttivo degli animali potrebbe aver contribuito alla malattia, visto che la maggior parte dei pazienti equini rappresenta esemplari femminili. Gli scienziati stanno anche valutando se il vaccino contro EHV-1 possa aver giocato un ruolo in questa situazione.
Il gruppo di lavoro della FEI sta raccogliendo i registri delle vaccinazioni, nonché i dati sulle infezioni e sui sintomi, nella speranza di chiarire tali questioni e sviluppare modi migliori per trattare e prevenire future epidemie.