Domani, venerdì 21 febbraio alle 18,00, si terrà la presentazione del volume “Viae caritatis. Itinerario storico artistico dei luoghi della sanità” di Daniela Brignone. Un racconto che parte dal VI secolo d. C., epoca in cui si fa risalire il più antico ospedale di Palermo, il San Teodoro, fino ai nostri giorni. L’ evento si svolgerà alla palazzina dei Quattro Pizzi di Casa Florio, il quale veniva usato come sanatorio.
Il volume, edito dalla casa editrice 40due, è nato dalla lunga ricerca attraverso le antiche fonti svolta dalla storica dell’arte che insieme a Daniela Brignone , la quale, insieme a Ettore Sessa, docente di storia dell’architettura, Angelo Pantina, docente di laboratorio di design e Maria Luisa Montaperto, storica d’arte, racconterrano la storia di questi edifici che si intreccia con le vicende politiche, espressioni devozionali, descrivendo contesti sociali e abitudini, prassi sanitarie e igieniche, intrise di ritualità popolari, superstizioni e pratiche magiche.
Era consuetudine in Europa, fino al XIX secolo, di adibire palazzi e monasteri ad ospedali, adattati al contesto ma spesso insufficienti a garantire l’efficienza indispensabile alla cura delle diverse patologie. Tra i requisiti fondamentali per ogni edificio sanitario era la presenza di un pozzo da cui attingere l’acqua per i diversi usi e una cappella, una chiesa o un oratorio per i degenti. Spiritualità e sanità andavano di pari passo sin dall’epoca medievale quando la continua e rapida diffusione dei morbi infettivi e le predicazioni religiose fomentavano la paura dell’aldilà e della dannazione eterna e spingevano il malato ad affidare l’anima a Dio. Le cure mediche erano affidate ai Magistri, custodi di tutte le saggezze mediche nel medioevo, che furono sostituiti da medici e speziali, ma anche da barbieri, abilitati ad eseguire piccoli interventi. Tutti erano soggetti a rigidi regolamenti.
La svolta in ambito sanitario nella città di Palermo si ebbe nel 1430 con l’accorpamento dei piccoli ospedali cittadini in un’unica struttura in grado di concentrare e assicurare l’assistenza necessaria . L’Ospedale Grande e Nuovo, ospitato nel palazzo sontuoso voluto da Matteo Sclafani, divenne un esempio di efficienza e innovazione. Viae caritatis ne racconta la storia, le committenze, i passaggi attraverso il San Francesco Saverio fino alla sede attuale, nella contrada Feliciuzza, voluta da Ignazio Florio, amministratore del complesso nosocomiale.
Protagonisti della storia erano le compagnie e confraternite, responsabili dei servizi ospedalieri, che nei loro statuti contemplavano l’assistenza agli infermi ed erano i principali committenti di opere d’arte che trovavano collocazione negli stessi ospedali. Dalle botteghe siciliane uscivano capolavori di altissimo pregio che le nazioni estere, che avevano insediato propri fondaci a Palermo e detenevano una certa ricchezza, proprietarie di ospedali per la propria comunità, commissionavano per la propria devozione o per inviarle nella terra d’origine. Ma grazie ai frequenti contatti con altri territori e per la presenza di artisti di grande fama, di stanza in città, Palermo e i suoi palazzi si arricchirono di beni storico-artistici di straordinario pregio.
Dall’ospedale dello Spasimo, nel cui altare maggiore aveva sede il celebre dipinto di Raffaello, “L’andata al Calvario”, alla fabbrica del San Bartolomeo, alla Magione, alla Cuba e all’ospedale dei Sacerdoti fino ad arrivare a tempi più recenti con l’edificazione della Real Casa dei Matti, il volume illustra le varie fasi storiche ricostruendo ambienti e atmosfere dove erano collocate le opere d’arte e, in ultimo, illustrando le fasi progettuali della Palazzina dei Quattro Pizzi all’Arenella, per la quale si ipotizzò una destinazione sanitaria.