“Il Gattopardo”, romanzo storico di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, è considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura novecentesca. L’opera fu un vero e proprio caso editoriale, scritta da un autore che fino a quel momento era ai più sconosciuto. Eppure il successo fu tale da diventare un fenomeno letterario di enormi proporzioni, in grado di vincere il Premio Strega. Un’opera, “Il Gattopardo”, che divenne simbolo di una terra, la Sicilia, e di un’epoca, quella risorgimentale.
Il romanzo ha per protagonista il principe Fabrizio Salina, che è in realtà Giulio Fabrizio Tomasi, il bisnonno dello scrittore, il quale si deve destreggiare tra gli avvenimenti e i protagonisti dell’epoca risorgimentale, cercando, allo stesso tempo, di arginare i contraccolpi che l’aristocrazia siciliana avrebbe potuto subire in seguito allo sbarco di Garibaldi. D’altro canto, ci troviamo in un periodo storico dove la classe borghese, con il suo spirito d’iniziativa e con le sue crescenti risorse economiche, si apprestava sempre più a ricoprire posizioni sociali e ambiti di potere che tradizionalmente erano appartenute alla nobiltà. Nel romanzo è Tancredi, nipote del principe Salina, a comprendere che i tempi stavano cambiando, ergendosi, quindi, a difensore della borghesia.
“Il Gattopardo” è ancora oggi uno dei romanzi storici più apprezzati e famosi in Italia e nel mondo ma nonostante ciò la bozza del testo, in un primo tempo, non fu del tutto apprezzata dalle case editrici. Un esempio rilevante è costituito dal rifiuto di Elio Vittorini, consulente editoriale di Einaudi. Infatti, secondo il grande autore siracusano, l’opera di Tomasi di Lampedusa non riusciva, come avrebbe voluto il suo autore, a diventare la descrizione della decadenza di un’epoca, limitandosi invece a rappresentare il mondo psicologico del principe Salina e le sue reazioni dinanzi ai cambiamenti politici e socio-economici in atto. Inoltre, secondo Vittorini, il romanzo era squilibrato, per cui la dimensione saggistica, come quella storiografica e sociologica, prevaleva troppo su quella letteraria e narrativa.
Edoardo Esposito, professore di letterature comparate all’università Statale di Milano, studioso molto attento di Elio Vittorini, sottolineò che in realtà l’autore di “Conversazione in Sicilia” non aveva stroncato in modo netto il romanzo di Tomasi di Lampedusa ma semplicemente esso non si adattava alla collana “Gettoni” di Einaudi, collana pensata per autori giovani e innovativi. Tant’è vero che Vittorini, sulla rivista letteraria “Linea d’ombra”, scriverà che secondo lui “Il Gattopardo” era un buon romanzo ma era mancante di qualcosa, esortando l’autore a revisionare quanto aveva scritto. Era insomma un testo bisognoso di qualche aggiustamento. Ma Tomasi di Lampedusa non avrà mai il tempo per rimaneggiare il testo del proprio romanzo in quanto la morte lo coglierà prematuramente, precisamente il 23 luglio 1957, a Roma. Infatti, poco tempo prima gli era stato diagnosticato un tumore ai polmoni e in quello stesso anno aveva ultimato, dopo tre anni d’intenso lavoro, la stesura del suo romanzo. Pertanto “Il Gattopardo” venne pubblicato postumo.
Dopo la morte di Tomasi di Lampedusa avvenne la svolta nella vicenda editoriale del suo romanzo che rischiava di cadere nell’oblio, magari chiuso in qualche cassetto o conservato su qualche anonimo scaffale impolverato. La svolta avvenne grazie a Giorgio Bassani, all’epoca direttore della narrativa di Feltrinelli, che ricevette una copia del manoscritto da Elena Croce, figlia del grande Benedetto Croce. Bassani leggendo il romanzo ne rimase talmente affascinato da recarsi a Palermo per prendere possesso dell’originale conservato da Gioacchino Lanza, figlio adottivo di Tomasi di Lampedusa. Così, nel novembre 1958, “Il Gattopardo” venne pubblicato e il successo fu immediato, travolgente e superò ogni rosea aspettativa tanto da vincere l’anno successivo il prestigiosissimo Premio Strega.
Un successo che ben presto assunse portata internazionale. Infatti, la casa cinematografica Titanus si accaparrò i diritti relativi alla trasposizione sul grande schermo del capolavoro di Tomasi di Lampedusa. Si trattava di un film molto complesso destinato a diventare uno dei più grandi Kolossal della storia del cinema. E proprio la complessità della pellicola, spinse Mario Soldati, inizialmente scelto per la regia del film, a rinunciare all’incarico per timore di non essere in grado di riprodurre l’ambiente, la mentalità, la psicologia e l’atmosfera di una terra, la Sicilia, che Soldati non conosceva a fondo. Infine, la regia, dopo Ettore Giannini, venne assunta da Luchino Visconti.
È interessante ricordare i luoghi in cui furono girate le scene del film: le principali località scelte per le scene esterne, furono Palermo, Palma di Montechiaro e Ciminna. Invece, le scene interne furono girate a Villa Lampedusa, Villa Boscogrande e nel favoloso palazzo Valguarnera Gangi, dove venne ripresa la celeberrima scena del ballo. Ma poi alcune riprese furono effettuate anche a Villa Filangeri Cutò, in località Santa Margherita Belice e a Palazzo Chigi, ad Ariccia, una località nei pressi di Roma.
“Il Gattopardo” ebbe un successo straordinario e ancora oggi è considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura novecentesca. Personaggi, ambienti (grazie anche al film) e locuzioni sono entrati nell’immaginario collettivo, come la celeberrima frase che Tancredi rivolge allo zio Fabrizio Salina “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Un’espressione che ha dato vita addirittura ad una voce nell’enciclopedia Treccani, quella di “gattopardismo”, che così recita “l’atteggiamento proprio di chi, avendo fatto parte del ceto dominante o agiato in un precedente regime, si adatta a una nuova situazione politica, sociale o economica, simulando d’esserne promotore o fautore, per poter conservare il proprio potere e i privilegi della propria classe”.
“Il Gattopardo” è una pietra preziosa della letteratura italiana novecentesca, in grado di raggiungere il pubblico internazionale, grazie anche alla trasposizione cinematografica. Sebbene il contesto storico sia differente dal nostro, “Il Gattopardo” è intriso di una contemporaneità sbalorditiva, un’attualità che risiede nel raccontare e rappresentare la sicilianità con le sue ombre e le sue contraddizioni.