La terra si muove ancora nel Belice. E’ quanto rilevato dai ricercatori dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) di Catania e delle università di Palermo, Catania e Napoli che da alcuni anni indagano sui movimenti tellurici nella Valle. La ricerca fa parte del progetto “Tettonica della Sicilia sudoccidentale“, coordinato da Mario Mattia.
Secondo i risultati della ricerca, gli esperti osservano da tempo piccole fratture, sollevamenti del terreno e altre anomalie lungo una linea che da Castelvetrano conduce a Campobello di Mazara, tocca Capo Granitola e si allunga fino a mare. Le immagini satellitari e l’analisi dei dati geodetici confermano che c’è ancora una faglia attiva, la stessa frattura che distrusse l’antica Selinunte e nel 1968 provocò il devastante terremoto di cui ricorre il cinquantesimo anniversario.
“Un dettagliato rilievo geologico e strutturale a terra ha accertato – afferma Mattia – l’esistenza di zone di taglio, che si sono mosse in tempi recenti, e anomalie nel tasso di sollevamento delle antiche linee di costa“. Una conferma ulteriore dell’attività della faglia è venuta dalle scosse registrate nella zona di Castelvetrano a partire dal 29 settembre dell’anno scorso. Le scosse si sono ripetute dal 15 al 19 ottobre, e la più forte – di magnitudo 3 – è stata avvertita dalla popolazione. Tutte le informazioni sull’attività tellurica della zona del Belice vengono costantemente aggiornate ma, affermano gli scienziati, non possono certo prevenire i terremoti. Rappresentano tuttavia uno strumento utile alla pianificazione urbanistica e danno un contributo alla elaborazione di una nuova mappa di pericolosità sismica in un’area a rischio sin dall’antichità.