Dopo la presentazione ufficiale al Bari International Film Festival 2018, Bif&st, “Prima che la notte“, l’ultimo film per la tv di Daniele Vicari (regista di Diaz), con Fabrizio Gifuni nei panni del giornalista e intellettuale Giuseppe Fava andrà in onda su Rai1 il 23 maggio, nella Giornata della legalità.
Vicari, continuando la sua produzione nel segno dell’etica, è partito dall’omonimo libro scritto da Michele Gambino e Claudio Fava, per raccontare gli ultimi due anni della vita straordinaria dell’intellettuale catanese, ucciso il 5 gennaio 1984, simbolo di un giornalismo “dalla schiena dritta“.
“In tutti i settori c’è gente che non si vende, e questo vale anche per i giornalisti. Molti di loro oggi sono sotto scorta e hanno sicuramente una vita difficile, ma l’Italia resta comunque al 45esimo posto nella classifica annuale di Reporters sans Frontieres e questo vorrà dire qualcosa” ha dichiarato Vicari. “Il problema vero è che il nostro Paese è spesso colluso, ci sono zone d’ombra in cui si fa fatica ad entrare“.
Nel film-denuncia Pippo Fava dopo i successi in radio, teatro e cinema, torna nella sua Catania per fondare il giornale “I Siciliani” fatto tutto da giovani, compreso il figlio Claudio, interpretato sullo schermo da Dario Aita.
Una testata che darà ben presto fastidio. La sua denuncia della collusione tra imprenditori catanesi e mafia locale guidata da Nitto Santapaola non passerà inosservata e Fava troverà presto la morte.
Ma intanto quello che ha seminato, come si vede nel film, continua a vivere nei giovani formati al suo giornalismo etico e di inchiesta. “Era un intellettuale libero e anche un uomo molto generoso che restituiva quello che aveva avuto”, continua il regista.
Fabrizio Gifuni, infine, ha reso con intelligenza il personaggio scanzonato di Fava: “Era un grande giornalista d’inchiesta senza retorica, ma allo stesso tempo aveva una grande capacità di invenzione della realtà che rendeva poetica e teatrale. Una volta raccontò sul suo giornale in maniera epica una mareggiata, con tanto di onde alte sette metri, a Catania, ma quelle onde non erano mai state così alte. Era fatto così“.
Sul fronte libertà di stampa l’attore è invece più scettico: “Non ci sono scuole per creare giornalisti dalla schiena dritta. Molto dipende dalla capacità di guardarsi allo specchio di ognuno, e questo è una cosa che non si insegna. L’informazione – ha concluso Gifuni – è sempre legata alla proprietà dei giornali, una cosa che pesa molto. Così uno la schiena dritta, alla fine, se la deve creare da solo“.