“I ricorsi in primo grado complessivamente pervenuti in Sicilia nell’arco temporale considerato sono stati oltre 210.000, che costituiscono il 16,04% delle sopravvenienze sul totale nazionale e, limitatamente a questo aspetto, fanno della Regione la seconda in Italia, subito dopo la Campania (20,7%)”. Lo ha detto Antonio Novara presidente della corte di giustizia tributaria della Sicilia nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
“A livello provinciale – ha aggiunto – la sopravvivenza più alta nel predetto periodo si è registrata a Catania, con oltre 60.000 ricorsi, che rappresentano quasi il 29% di tutte le controversie instaurate in Sicilia, valori praticamente doppi rispetto a quelli di Palermo (15,23%) e assai vicini al doppio di quelli di Messina (16,9%). A fronte di questo dato, che non può definirsi per nulla ordinario, le Corti siciliane di primo grado hanno, però, esaurito il maggior numero di ricorsi a livello nazionale (ben il 20,5%, con 340.538 decisioni), seguite da Campania (18,5%) e Lazio (14,2%)”
“Malgrado l’elevatissimo numero di definizioni – ha osservato il presidente Novara – il dato dei ricorsi pendenti rimane, tuttavia, critico, poiché, considerate le sopravvivenze, al 31 dicembre 2022 risultavano pendenti davanti alle Corti di primo grado poco meno di 40.000 controversie (esattamente 39.176), vale a dire il 28% circa del valore nazionale, 11 punti in più della seconda Regione (Calabria, 17%) e quasi 16 punti in più della terza (Lazio 12,6%). Sotto quest’ultimo profilo, la situazione non può dirsi confortante, tanto più che, come ho accennato, il trend in discesa registratosi fino al 2021 ha avuto nel 2022 un brusco cambio di marcia – ha sottolineato – se è vero che nell’anno indicato il numero di nuovi procedimenti promossi in primo grado è aumentato di quasi il 90%, riportandosi sostanzialmente ai livelli anteriori alla pandemia, e che nei primi mesi di quest’anno, faccio solo un esempio, la Corte di primo grado di Palermo ha visto triplicare il numero dei ricorsi proposti rispetto allo stesso periodo dell’anno passato”.
“Dei 126 giudici che dovrebbero comporre la Corte ne risultavano presenti, al 31 dicembre 2022, solo 59, oltre 11 applicati in via non esclusiva da altre Commissioni, e ne sono al momento presenti solo 62, di cui 9 applicati esterni, con una vacanza di organico, pertanto, di oltre il 50%”.
“E analogo discorso – ha aggiunto – può essere fatto per le Corti di primo grado, che, con la presenza di soli 245 giudici, possono avvalersi di un organico che si discosta anch’esso, seppur meno sensibilmente, da quello determinato dal Consiglio di Presidenza in 318 giudici, con maggiori carenze nelle Corti di Agrigento e di Catania. In sofferenza – ha sottolineato il presidente Novara – è anche la dotazione del personale amministrativo, che, rispetto alle piante organiche previste nel Decreto ministeriale del 3 settembre 2015, registra alla data di oggi una carenza di 9 unità presso questa Corte (53, anziché 62) e di ben 71 unità nelle Corti di primo grado (138, invece che 209), con vuoti di organico più rilevanti nelle sedi di Catania (-15 unità), Messina (-13 unità), Agrigento (-7 unità) e Palermo (-9 unità)”.
“L’altissimo tasso di litigiosità, che ovviamente appesantisce l’attività delle Corti e che, a mio parere, dipende sostanzialmente da tre fattori. Il primo può essere senz’altro individuato nella complessità del sistema fiscale, cui si accompagna nient’affatto di rado una difficile lettura delle disposizioni. Ma di non meno rilievo è il fattore culturale. E’ del tutto vano negare che nei contribuenti sia scarsamente presente la consapevolezza dell’importanza del contributo che ognuno deve fornire. Da qui l’evasione, totale o parziale, che, una volta scoperta, suscita il ricorso ai giudici tributari per evitare il pagamento di tributi anche di ammontare davvero irrisorio, confidando in provvedimenti di definizione delle liti fiscali pendenti o di rottamazione, ma anche, purtroppo, nella lentezza della macchina della giustizia”, ha aggiunto. “E, in ultimo, un fattore di carattere prettamente economico, indubbiamente ricollegabile alla crisi che ormai da troppo tempo affligge la Sicilia, che è tra le Regioni con reddito medio pro-capite più basso d’Italia e con il tasso di disoccupazione più alto (circa il 18%, valore pressoché doppio rispetto a quello nazionale), e che induce a promuovere controversie anche di modestissimo valore”, osserva.