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Buco da dieci milioni in una casa di riposo per anziani: arresti della Dia a Catania

martedì 10 Luglio 2018
dia

La Dia di Catania ha arrestato per presunte distrazione di fondi i titolari di una casa di cura per anziani disabili. I titolari sarebbero legati ad associazioni antimafia e a organizzazioni massoniche. E’ l’istituto medico psico-pedagogico Lucia Mangano di Sant’Agata li Battiati di cui è presidente Corrado Labisi, 65 anni, la struttura al centro dell’inchiesta. La famiglia Labisi è nota per avere ricevuto due premi internazionali antimafia: quello dedicato alla madre “Antonietta Labisi” e il “Livatino-Satta-Costa”.

Nei confronti di Corrado Labisi, il gip ha emesso un’ordinanza in carcere per associazione per delinquere e appropriazione indebita, in qualità di “capo, organizzatore e promotore” della presunta frode. Disposti gli arresti domiciliari per sua moglie, Maria Gallo, di 60 anni, per la figlia, Francesca Labisi, di 33, e per due collaboratori: Gaetano Consiglio, di 39, e Giuseppe Cardì, di 57.

Secondo l’accusa, Labisi avrebbe “gestito i fondi erogati dalla Regione Siciliana e da altri enti per fini diversi dalle cure ai malati ospiti della struttura, distraendo somme in cassa e facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica, tanto da raggiungere un debito di oltre 10 milioni di euro.

istituto medico psico-pedagogico Lucia ManganoIl provvedimento restrittivo, emesso nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione di fondi regionali coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro,è stato eseguito dalla Dia di Catania, diretta da Renato Panvino. L’operazione, denominata “Giano bifronte“, è stata effettuata con il supporto dei centri operativi di Palermo, Reggio Calabria, Caltanissetta e dalla sezione di Messina.

L’istituto era stato al centro di una perquisizione per l’acquisizione di documenti e atti alla fine del settembre del 2017. Il personale della Dia di Catania ha effettuato ispezioni in banche in cui sono accesi conti corrente della casa di cura per anziani per sequestrare in via preventiva oltre 1,5 milioni di beni.

Sono state perquisiti anche locali e sedi, in cui gli indagati hanno eletto il loro domicilio, alla ricerca di documenti utili all’inchiesta. Inoltre, un‘istanza di fallimento è stata chiesta dalla magistratura catanese nei confronti dell’istituto. Se in udienza la richiesta dovesse essere accolta, agli indagati potrebbero essere contestati anche altri reati finanziari.

Le intercettazioni.Dobbiamo capire a 360 gradi se c’è qualcuno che deve pagare perché questa è la schifezza fatta a uno che si batte per la legalità… vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa“. Così Corrado Labisi, intercettato, parla con un amico, già appartenente al ministero della Difesa, all’indomani di una perquisizione eseguita dalla Dia, su delega della procura, nell’istituto Lucia Mangano e al suo commercialista.

In questa circostanza, sottolineano dalla procura, “chiaro appare il riferimento alla struttura investigativa della Dia e ai magistrati inquirenti che svolgono le indagini“. Così come accertato nel corso di altre indagini, ricorda la procura distrettuale etnea, “Corrado Labisi ha mantenuto contatti con il pregiudicato Giorgio Cannizzaro, noto esponente della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano”.

Labisi, osserva la procura, era riuscito a “costruirsi una immagine modello di sé, tanto da indurre soggetti a lui legati a sostenerlo nelle sue iniziative, essendo considerato un paladino in difesa della legalità” e promotore di due premi antimafia: l”Antonietta Labisi‘ e il ‘Saetta-Livatino’.
Per il gip, la personalità dell’indagato si pone come connotata da un rilevante tasso di pericolosità sociale: “Da una parte le millantate amicizie importanti con apparati dello Stato o addirittura con i servizi segreti, dall’altra i rapporti di amicizia con mafiosi di grosso calibro, come Cannizzaro, al quale, ricorda la procura, “Riserva un posto addirittura nelle prime file della chiesa dove si stanno celebrando i funerali della madre“. Una doppia personalità, secondo l’accusa, che proprio per questo ha denominato l’inchiesta ‘”Giano bifronte“.

Da una perizia, del consulente dell’autorità giudiziaria, è emerso che Corrado Labisi ha utilizzato per fini diversi 1,3 milioni di euro e sua moglie 384.000 euro. Tra i soldi distratti, secondo la procura, distraeva ingenti somme di denaro per pubblicizzare gli eventi da lui organizzati, la copertura di spese sostenute dalla moglie e dalle figlie, il pagamento di fatture emesse per cene e soggiorni ad amici.

Avrebbe inoltre sottratto soldi all’istituto per la copertura di costi relativi all’organizzazione del premio, considerato un riconoscimento alla legalità nella lotta contro le mafie e anche per eventi relativi all’associazione “Antonietta Labisi“, madre di Corrado impegnata in vita nell’opera di assistenza verso i minorenni e gli anziani nelle zone di degrado catanesi.

Così come emerso nel corso delle indagini, il trattamento riservato agli ospiti dell’Istituto “Lucia Mangano“, alla luce delle indebite sottrazione, riconosce la procura di CataniaSarebbe stato di livello accettabile“, ma questo “Soltanto grazie all’attività caritatevole del personale ivi preposto, e non certamente per la illecita gestione della famiglia Labisi”.

Infatti, così qualche dipendente in alcune testimonianze, rese note dalla procura, afferma: “Se fosse dipeso da loro, si sarebbe continuato a dare (ai pazienti) latte allungato con acqua, maglie di lana e scarpe invernali nel periodo estivo“.

Secondo l’accusa gli indagati “Hanno dato corso ad una attività illecita anche associativa, molto grave perché a causa delle reiterate appropriazioni indebite per importi elevati, hanno creato i presupposti per la distruzione di un ente benefico, che è stato posizionato nel tempo a livello di un azienda con scopo di lucro e assoggettabile al fallimento, ponendo le basi concrete per privare la società civile di una struttura di assistenza ai bisognosi, soprattutto ai disabili e agli anziani, e con la prospettiva di una perdita di 180 posti di lavoro“.

Al fine di sanare la pesante condizione debitoria dell’Istituto, Labisi ha proceduto, nel 2017, alla vendita del ramo dell’azienda facente capo alla struttura destinata a Rsa ad una associazione calatina, si è concretizzata, nei suoi aspetti operativi, nella cessione di un’importante quota di debiti erariali e previdenziali.

Per quanto riguarda i rapporti con massoneria e mafia, il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro ha sottolineato che “Sono stati evidenziati soltanto per dire che Labisi è persona che non fa mistero di intrattenere rapporti con personaggi importanti e del fatto che, qualora lo ritenga utile possa ricorrere all’aiuto di questi soggetti.  A noi aggiunge non risulta in questa indagine che questi soggetti siano intervenuti a suo favore così come noi non gli imputiamo l’appartenenza a logge massoniche deviate, l’appartenere alla massoneria non costituisce reato”.

Rimane ora incerto il futuro dei 180 lavoratori dell’istituto per cui occorre fare chiarezza al più presto possibile.

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