A poco più di due mesi dalla presentazione per le liste delle elezioni amministrative e dopo il trionfo alle regionali di Lazio e Lombardia, i fari della politica sono centrati sui comuni che saranno chiamati al voto il prossimo 28 maggio.
In Sicilia saranno quattro i capoluoghi di provincia: Catania, Ragusa, Siracusa e Trapani.
Tre i sindaci uscenti: a Ragusa, Peppe Cassì, a Siracusa, Francesco Italia, e a Trapani, Giacomo Tranchida. Il primo è stato eletto al ballottaggio dopo esser stato candidato da un fronte civico al quale hanno partecipato Fratelli d’Italia e DiventeràBellissima (oggi confluita nel partito di Giorgia Meloni). Il secondo, Italia, è espressione del terzo polo, vicinissimo a Calenda, governa da tempo ormai senza Consiglio Comunale, che era a maggioranza di centrodestra. A Trapani, invece, amministra (o, meglio, impera) Tranchida, uomo fortissimo del Pd locale (nella scorsa legislatura mancò di centrare il seggio per pochi voti con l’assessore alla salute uscente, Baldo Gucciardi), capace tuttavia di attirare a sé una buona parte dei big delle preferenze del campo avverso.
Tutti e tre i candidati uscenti hanno annunciato la loro ricandidatura, ma le formule sembrano essere diverse da quelle di elezione. Cassì, che vuole accentuare il suo profilo civico, è pronto a correre senza quelle forze politiche che lo hanno sostenuto cinque anni fa, nonostante i buoni rapporti con i leader della destra ragusana Salvo Sallemi, vicecapogruppo a Palazzo Madama dei meloniani, e Giorgio Assenza, capogruppo a Sala d’Ercole. Non è ancora chiaro quale sarà l’atteggiamento del ras di preferenze ed ex sindaco di Modica, Ignazio Abbate, mentre il leader regionale della Lega, Nino Minardo, è orientato a saldare l’alleanza con FdI. Resta il fatto che a poche settimane dalla presentazione delle liste, non si delinea con chiarezza l’avversario che il centrodestra, fortissimo in provincia, potrebbe contrapporre al sindaco uscente.
A Siracusa, Francesco Italia non sembra trovare il sostegno della coalizione di centrosinistra, allargata o meno al partito di Conte, e si pone come riferimento di un polo civico allargato, a trazione Azione-Italia Viva. Nel campo del centrodestra il nome forte poteva essere quello dell’ex sindaco Titti Buffardeci, che ha tuttavia declinato ogni invito. Le prime riunioni del tavolo di centrodestra non hanno ancora partorito un nome unitario. Scaldano i muscoli l’ex presidente della commissione bilancio dell’Ars, Vincenzo Vinciullo, in scontro con la Lega, partito nel quale si è stato candidato arrivando al secondo posto, e l’ex deputato regionale Giovani Cafeo, vicinissimo al vicepresidente della Regione Luca Sammartino e primo nella lista alle regionali.
Nessuno ostacola realmente, a Trapani, la rielezione del sindaco Giacomo Tranchida che ha già nella sua maggioranza parte del centrodestra, a partire dall’assessore alla Istruzione Mimmo Turano (Lega). Nel fronte di centrodestra avanza la candidatura del coordinatore provinciale di FdI, Maurizio Miceli.
La vera partita calda di queste amministrative sarà, tuttavia, la successione di Salvo Pogliese a Catania. Nella città dell’Elefante alle elezioni regionali il primo partito è stato FdI – con quasi il 16% di preferenze – che oggi rivendica la candidatura del primo cittadino. Dopo i meloniani nella classifica del centrodestra al voto del 25 settembre sono arrivati Forza Italia e gli autonomisti di Raffaele Lombardo (questi ultimi con un forte radicamento, come dimostrato dalle preferenze individuali dei loro candidati); a seguire la Lega e la nuova Dc di Totò Cuffaro.
FdI ritiene di aver conquistato nelle urne il diritto di esprimere il candidato sindaco del centrodestra e di averne titolo al tavolo della politica, con la forza del primo partito della coalizione che ha rinunciato alla ricandidatura del presidente della Regione Nello Musumeci e dato disco verde a Roberto Lagalla a Palermo.
In casa FdI due i nomi al vaglio nazionale: l’ex assessore alla salute, Ruggero Razza, e l’assessore uscente allo sport, Sergio Parisi.
Il primo, vicinissimo da sempre al ministro Nello Musumeci, ha un profilo di esperienza amministrativa sia locale (è stato vicepresidente della provincia di Catania) che regionale; vanta un livello di notorietà molto forte in città e nella Regione ed è certamente considerato un candidato più “politico”, con buone relazioni nella coalizione di centrodestra e nei settori produttivi della città. Il secondo, amico personale dell’ex sindaco Salvo Pogliese, ha una buona conoscenza della macchina comunale ed ha ben operato da assessore allo Sport (è anche vicepresidente del Coni Sicilia).
Sul nome di Razza – che ha buoni rapporti personali anche con il presidente della Regione, Renato Schifani, e con i suoi ex colleghi di giunta, Marco Falcone e Manlio Messina, con il presidente dell’Ara Gaetano Galvagno – resiste la Lega che, a Catania più che altrove, ha il volto del vicepresidente della Regione Luca Sammartino che vorrebbe scalare il palazzo di città con la deputata Valeria Sudano. Pesa, per Sammartino, la vicinanza di Razza a Nello Musumeci, memore degli scontri d’aula della passata legislatura. Da FdI, tuttavia, osservano che nessuno ha mai posto un veto alla vicepresidenza di Sammartino, proprio per archiviare le polemiche passate, ritenendo di aver già pagato un prezzo troppo alto con la decisione di cedere il passo a Palermo. E lo stesso Musumeci in una recente intervista a Mario Barresi (La Sicilia), ha auspicato che la stagione degli odii trovi fine nel tormentato centrodestra siciliano.
Dentro FdI secondo i rumors ci sarebbe un’ampia (ma non piena) condivisione sul nome di Razza, che avrebbe innervosito l’ex sindaco Pogliese, che pure con lui vanta ottimi rapporti personali, ma che sente il peso di una faida interna alla luce di indiscrezioni giornalistiche. L’uomo forte della Meloni e del ministro Lollobrigida in Sicilia, è il deputato nazionale Manlio Messina, che a Catania è stato anche il primo ad aderire a FdI, ma a stemperare i toni ci ha pensato il deputato nazionale Francesco Ciancitto, forte dei rapporti con il presidente del
Senato Ignazio La Russa, che è intervenuto con una nota nella giornata di ieri, ribadendo l’unità d’intenti dentro il partito siciliano.
In attesa di sapere se sarà un derby Sudano-Razza, non meglio definito è il campo avverso. Enzo Bianco vorrebbe tornare in campo, ma trova l’ostilità del suo Pd e per questo ha commissionato un sondaggio nel quale si immagina sostenuto da forze civiche, anche di centrodestra, per strizzare l’occhiolino agli un tempo odiati Cuffaro e Lombardo. La coalizione di opposizione, per arginare l’ex sindaco, ha avviato una consultazione programmatica con tavoli tematici e a bordo campo si scaldano Emiliano Abramo, leader di Sant’Egidio e già candidato alle nazionali con il Pd, Giancarlo Cancelleri e Nunzia Catalfo, entrambi M5S.
Punta su un buon risultato a Catania anche Cateno De Luca, che avrebbe sondato alcuni candidati (si dice l’ex eurodeputato Giovanni La Via, oggi direttore generale dell’università di Catania), forte dei suoi buoni rapporti con un altro ex sindaco, l’eurodeputato di FdI Raffaele Stancanelli.
La scelta finale dei due campi principali avverrà non prima di metà marzo, ma nessuno esclude uno scenario di tipo palermitano, come capitato con la designazione del sindaco Roberto Lagalla, nel derby vinto su Francesco Cascio, già fuori con manifesti e comitati. Allora, determinante fu il via libera di La Russa. Lo stesso che è stato poi determinante per la designazione di Renato Schifani. Sarà così anche a Catania?