Nel 2025 la Sicilia si conferma, ancora una volta, la regione più colpita dagli incendi boschivi in Italia. Dal 1° gennaio al 18 luglio sono stati registrati 248 roghi, che hanno incenerito 16.938 ettari di territorio ovvero oltre la metà (circa il 55%) della superficie bruciata sull’intero territorio nazionale.
Un dato che fotografa in modo drammatico la vulnerabilità ambientale dell’Isola e la persistente assenza di una prevenzione strutturata ed efficace. E se i numeri sono allarmanti, l’ultima settimana ha segnato un punto di massimo sforzo operativo e drammatico picco di roghi.

Ma per Salvo Cocina, direttore della Protezione civile regionale, il vero punto non è solo operativo ma criminale. “Serve l’esercito, serve controllo sociale – scandisce –. La Sala operativa unica regionale funziona e ha dimostrato di essere efficace nel coordinamento degli interventi sugli incendi più gravi. Ma contro i piromani serve una vera strategia repressiva. Serve presenza fisica. Serve repressione. Non bastano le tecnologie, qui ci vogliono uomini sul territorio. E una società civile che non si gira più dall’altra parte”.
I numeri degli incendi

“L’ultima settimana è stata intensa, abbiamo operato senza tregua. Sono stati effettuati oltre tremila interventi con circa 1.400 uomini impegnati nelle operazioni di spegnimento”, ha dichiarato Agatino Carrolo, direttore regionale dei Vigili del Fuoco della Sicilia, incontrando i giornalisti per tracciare un bilancio degli incendi che hanno interessato l’Isola negli ultimi giorni.
“La Sicilia è stata interessata da condizioni meteo particolarmente avverse – ha proseguito –, caratterizzate da elevate temperature e forti venti che hanno favorito la propagazione dei roghi, distruggendo boschi e vegetazione. Tali fattori hanno determinato un significativo numero di ettari aggrediti dalle fiamme: circa 4.566 ettari tra boschi, sterpaglie e vegetazione, con oltre 3 mila ore di intervento”.
Particolarmente importante è stato anche “l’impiego di mezzi aerei” e “la risposta massiva data insieme con la Forestale e la Protezione civile”. Uno sforzo che, negli ultimi due mesi, ha assunto proporzioni impressionanti: “Tra giugno e luglio abbiamo eseguito oltre 18.723 interventi, con l’impiego di 22.500 squadre, per un totale di 21.000 ettari andati in fumo: sono numeri da far paura”, ha aggiunto Carrolo.
Zingaro, evacuazioni e paesaggi cancellati
A testimonianza del rischio costante in cui versa l’Isola, tra gli episodi più recenti e drammatici figura l’incendio che ha colpito la Riserva dello Zingaro, estendendosi fino a Scopello. Le fiamme hanno costretto all’evacuazione notturna di circa 50 abitazioni e devastato vaste porzioni di vegetazione nella riserva e sul Monte Cofano.
L’intervento tempestivo di due Canadair ha evitato conseguenze peggiori, ma il bilancio ambientale resta drammatico con un paesaggio naturale ridotto in cenere e una popolazione nuovamente colpita dal continuo pericolo di un’estate che anche quest’anno sembra non lasciare tregua.
“Il problema non è ambientale, è di ordine pubblico”
“Abbiamo deciso, insieme con la collega della Forestale, di concentrare le forze aeree sull’incendio di Niscemi piuttosto che su quello di Enna. Sono decisioni strategiche che solo grazie alla Sala possiamo prendere in tempo reale. Quell’intervento ha permesso di evitare che le fiamme raggiungessero 50 villette. Abbiamo fatto arrivare anche un Canadair dalla Calabria”, racconta Cocina.
Secondo il direttore della Protezione civile regionale, però, il vero limite resta a monte: “Se l’incendio parte in una zona impervia, in un costone scosceso e con vento favorevole, non puoi fare nulla. Interveniamo con l’aereo, ma è tardi. Gli incendi partono in modo scientifico, in orari e luoghi studiati per rendere difficile ogni tipo di intervento. Non è natura, è criminalità”.
Il punto per il capo della Protezione civile è chiaro: “Il problema non è ambientale, è di ordine pubblico. Parliamo di atti dolosi, criminali. Gli incendiari appiccano il fuoco per interesse, per danneggiare, per ripulire un terreno. Oppure ci sono i piromani, malati. Ma il risultato è lo stesso, la devastazione”.
Alla domanda su come stiano vivendo i cittadini questa situazione, Cocina non esita: “C’è rabbia, tanta rabbia. Basta fare un giro sui social per rendersene conto. Le persone giustamente sono stanche, esasperate, frustrate. Non si può continuare a vivere ostaggi di delinquenti. È un attentato alla salute pubblica, prima ancora che al paesaggio. E hanno ragione, i cittadini, ad essere furiosi”.
Eppure, qualcosa è cambiato rispetto al 2023. “Quest’anno non ci sono stati morti, né feriti, né strutture pubbliche distrutte. Gli incendi sono stati tutti contrastati nel miglior modo possibile. Il sistema ha retto, anche grazie al grande lavoro dei Vigili del Fuoco, della Forestale, dei volontari e dei sindaci, che in molti casi si sono messi a capo delle squadre comunali”.
Tecnologia, controllo sociale e omertà
Cocina ridimensiona anche il ruolo delle tecnologie come le telecamere: “Non bastano. Serve invece una presenza fisica sul territorio, come quella che già attuiamo con i volontari di Protezione civile con pattugliamenti continui, per segnalare, non per spegnere”.
E rilancia un appello alla cittadinanza: “Serve maggiore senso civico. Chi ha un vicino con il terreno incolto lo deve denunciare, subito. I sindaci fanno le ordinanze per la pulizia, ma nessuno le fa rispettare. Il fuoco spesso parte da lì. E se poi ti brucia casa perché il tuo vicino non ha pulito, la colpa è anche tua se sei stato omertoso”.
“Nel rogo di Niscemi c’erano diversi punti di innesco. Cinque, sei punti diversi da cui è partito il fuoco contemporaneamente. Questo è un disegno, una strategia criminale. E per questo serve una presenza più capillare, anche militare”, conclude Cocina.
La Sicilia ostaggio del fuoco
I numeri del 2025, la cronaca quotidiana e le dichiarazioni istituzionali raccontano una Sicilia in trincea, dove la risposta operativa migliora ma non riesce a intercettare la matrice criminale degli incendi. I piromani agiscono con metodo e impunità, sfruttando un territorio ancora fragile.
L’efficienza della Sala operativa e l’intervento dei soccorritori limitano i danni, ma la vera sfida è a monte. Identificare, punire e dissuadere chi appicca il fuoco. Serve una mobilitazione sociale e culturale che trasformi l’omertà in responsabilità collettiva. Perché la lotta contro gli incendi non si vince solo con i Canadair, ma con una società che non tollera più la devastazione del proprio territorio.