Scrollarsi di dosso l’immagine di “figlio di” non è mai facile in nessun caso. Esistono però delle eccezioni e Ferruccio Barbera è certamente una di quelle. Cogliere un’eredità pesante come quella del “presidentissimo” Renzo, suo padre e storico patron del club rosanero, sarebbe stata una sfida complessa e articolata, se non impossibile, per chiunque. Eppure Ferruccio è riuscito con il suo estro, il suo genio e la sua visione della vita a lasciare un’impronta indelebile nel cuore di Palermo.

Pubblicitario, innovatore della comunicazione e pioniere della comunicazione radiotelevisiva locale. E’ difficile racchiudere i tanti volti eclettici di Ferruccio Barbera in una sola fotografia, anche a vent’anni esatti dalla sua scomparsa, a 54 anni, in una camera d’albergo di Roma, dove si divideva, appunto tra la capitale e il capoluogo siciliano.
Da quel 26 maggio 2005 il filo rosso però non si è mai spezzato. Ferruccio vive ancora attraverso il suo lavoro, che l’ha così reso immortale. Basti pesare alla trasmissione televisiva “Io vedo Cts” alla fine degli anni ’70, alla comunicazione curata durante il Mondiale delle notti magiche di Italia ’90, l’impegno nel mondo della cultura e soprattutto il grande merito di aver riacceso la luce del Teatro Massimo, riaperto grazie al suo impegno nel 1997, dopo una lungo stop di attività iniziato nel 1974. Proprio in quei giardini del lounge bar oggi, a partire dalle ore 18 verrà ricordato, tra racconti e aneddoti.

Il difficile compito di tramandare tutto ciò oggi è affidato ai ricordi degli amici di una vita e soprattutto al figlio Lorenzo. “E’ rimasto tanto. E’ rimasto nei progetti che si vedono a Palermo. E’ rimasta la passione e l’amore che lui portava nei progetti e che trasmetteva alle persone con le quali lavorava. Sono tornato a vivere a Palermo da circa un anno e mezzo e moltissime persone ancora oggi mi fermano e mi raccontano come la loro vita sia cambiata professionalmente e non grazie a questa energia che papà metteva nelle cose che faceva e la passione che trasmetteva“. Ha raccontato Lorenzo Barbera.
Ma perché Palermo e i palermitani sono così legati alla figura della famiglia Barbera? “Credo siano i valori, una filosofia e un modo di vivere quasi, che mio nonno prima e mio papà poi, anche se in maniera diversa, hanno sempre trasmesso. La cosa più bella che ricordo e che mi ha lasciato mio nonno Renzo è la consapevolezza del beneficio che dà essere persone oneste, gentili, generose, compassionevoli e rispettose. Papà continuo sempre a ricordarlo profondissima leggerezza che in qualche modo era dietro la tua vita: questo suo essere leggero, questi valori, questo modo di essere, di vivere. Sono delle cose eterne che si trasmettono e non si dimenticano“.

Un uragano di idee, fantasia e precursore del futuro. Ferruccio può essere inteso anche come un ponte che lega la Palermo di quegli anni al mondo di oggi. Una visione di progresso in linea con il mondo attuale che ambiva, però, con quasi assoluta certezza, ad un epilogo diverso rispetto alle incertezze e alle insicurezze proveniente dal molto geopolitico e da una regressione sociale sotto alcuni punti di vista. “In quel momento storico papà riusciva a intravedere quello che sarebbero stati i dieci anni in avanti. Ricordo i ragionamenti, a livello politico, sociale, culturale. Quel ponte era in atto. Però devo essere sincero, lui lo vedeva con occhi diversi. Non aveva, per sua fortuna, visto quello che realmente sarebbe stato poi il mondo. Sicuramente non avrebbe apprezzato molto“.
Poi il calcio e l’amore per il Palermo. Il legame eterno e inossidabile con la città e la piazza rosanero. Colori simbolo di passione, unione e famiglia. Tutti elementi che i Barbera sono riusciti ad incarnare. E non rappresenta certo un caso se l’impianto di viale del Fante è stato rinominato nel nome del nonno Renzo. Un’amore tramandato da generazione in generazione: da Renzo a Ferruccio, da Ferruccio a Lorenzo. La squadra rosanero ha unito padre e figlio anche lavorativamente. “Quando tutti vedevano solo nero noi vedevamo anche rosa“. Così recitava la storica campagna pubblicitaria, che vedeva i giocatori rosa stretti per mano correre con alle spalle gli spalti inondati di tifosi, e accompagnò la compagine del presidenza Zamparini e allenata da Francesco Guidolin nel corso della storica promozione dalla serie B alla serie A del 2004. Un traguardo che mancava da ben 32 anni. Un momento magico che vide gli eredi del presidentissimo, deceduto appena due anni prima, unire le loro menti brillanti.

“Ricordi sul Palermo ce ne sono tantissimi – ha raccontato Lorenzo Barbera – le mie prime partite allo stadio con papà e il nonno per me erano come un sogno. Un ricordo colorato, onirico. Era una festa di colori, di persone che volevano abbracciarli, sentire i loro umori sulla partita e sul Palermo in generale. Vedevo sempre questa grandissima stima, questo grandissimo affetto legato chiaramente a quello che aveva fatto il nonno prima e in qualche modo papà dopo. Un qualcosa che mi hanno trasmesso. Quando ho avuto modo di lavorare sul Palermo calcio è stata la cosa più bella che abbia fatto nella mia vita“.
Ferruccio sarebbe morto di lì a poco, nel 2005. Giusto il tempo di vedere il suo Palermo tornare tra le grandi, nel “calcio che conta”. Insomma, un’ultima soddisfazione gli era stata regalata. Tante cose oggi sono cambiate e il club rosanero sta vivendo una nuova era targata City Football Group. Il modo di gestire la società è certamente diverso, ma la voglia di vincere e di essere competitivi non sono mai mutati. Ma cosa penserebbe del Palermo di oggi? “Direbbe sicuramente che è arrivato il momento di fare il passo in avanti. Un momento di assestamento chiaramente ci può stare, ma adesso è arrivato il momento“.