Non mi interessa infilarmi nel ginepraio delle polemiche che riguardano la classificazione “arancione” del territorio siciliano, a causa del Coronavirus. Piuttosto, non vorrei che con la scusa del semi-lockdown si dimenticassero i 18 pescatori di Mazara del Vallo arrestati, oltre due mesi fa, dalla guardia costiera libica.
Tutti polemizzano sulle zone rosse, arancioni e gialle facendo finta che diciotto padri di famiglia siano in villeggiatura. Il fallimento della diplomazia italiana è totale. Nessuno sa fornire informazioni rassicuranti, anche se fino a quando non saranno liberati e restituiti i due pescherecci sequestrati, non si potrà stare tranquilli.
NESSUNO E’ RIUSCITO AD OTTENERE NULLA
Neanche l’Unione europea è riuscita ad ottenere uno straccio di risultato. E, dopo oltre due mesi, non può essere ancora accampata la scusa che la Libia è divisa in due: una parte, la Cirenaica, governata da Haftar, sensibile ai richiami di Vladimr Putin; e l’altra da Serraj, la Tripolitania, sul quale ha molta influenza il rais turco, Tayyip Erdogan. L’Italia, per quel che se ne sa, si è rivolta agli Emirati arabi, ma senza ottenere alcun risultato. Con l’Egitto i rapporti sono difficili dopo la misteriosa morte di Giulio Regeni. Un deficit di diplomazia che la dice lunga sul peso dell’Italia nello scacchiere internazionale.
I familiari dei pescatori mazaresi non ne possono più di non avere notizie dei loro cari. A poco sono valse le mobilitazioni davanti la Camera dei deputati, a Roma. Li capisco, poveri diavoli, come possono mai stare tranquilli, ascoltando i racconti di chi è già finito nelle grinfie dei libici? Non hanno alcun rispetto della dignità umana. A volte sono davvero violenti. Al punto da fare raccapricciare anche Balzebù. E ce ne vuole.
Se il governo italiano non è in grado di sbrogliare questa matassa, faccia intervenire l’Onu. Ma si dia da fare. Perché, è trascorso troppo tempo.