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ESCLUSIVA. Omicidio Mattarella, Fioravanti: “Offro la stessa collaborazione che diedi a Falcone”

lunedì 6 Gennaio 2020
Giusva Fioravanti

Ricorrono oggi quarant’anni dall’uccisione di Piersanti Mattarella. A parlare, intervistato da ilSicilia.it, è Valerio ‘Giusva’ Fioravanti, ex terrorista neofascista, condannato all’ergastolo per svariati omicidi compiuti nei cosiddetti anni di piombo, fra cui la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto del 1980. Omicidi, quasi tutti ammessi, tranne l’eccidio di Bologna, da lui sempre negato con sdegno e forza. In passato si era ipotizzato anche un suo coinvolgimento come killer del delitto Mattarella, ma da questa accusa è stato assolto con sentenza definitiva.

Il suo nome di recente è stato, però, nuovamente tirato in ballo proprio per l’omicidio dell’allora presidente della Regione Siciliana: “Il 6 gennaio del 1980 dice Fioravanti al nostro giornale – non ero a Palermo“. E a chi gli chiede di collaborare per far scoprire la verità, fa sapere di essere “favorevole alla stessa collaborazione che diedi a Falcone a suo tempo“, quando, cioè, disse al magistrato che indagava che gli sarebbe potuto convenire fare qualche nome, indicare un mandante e ottenere sconti di pena, “ma non l’ho fatto e invece dissi a Falcone: «io non c’entro niente. Continui ad indagare. Non si accontenti di questa facile verità servita su un vassoio d’argento». Questa è la risposta che ho dato a Falcone e questa è la risposta che, con molto garbo e molto rispetto, darei a chiunque anche oggi”. E ancora: “Un colpevole esiste, credo si chiami Madonia… Una suora che lo ha incontrato mi ha raccontato che Madonia si vantava di avere ucciso Mattarella”.

Nella seduta solenne a Palazzo dei Normanni oggi è atteso il Capo dello Stato Sergio Mattarella, fratello del presidente della Regione Siciliana assassinato quel 6 agosto del 1980 in via Libertà, a Palermo. Un delitto ordinato dalla mafia, che ad oggi non ha un esecutore materiale, ma per il quale negli ultimi tempi è stato, appunto, rispolverato il vecchio “teorema nero” già smentito dalla verità giudiziaria: Fioravanti esclude categoricamente il proprio coinvolgimento, ma anche la stessa impalcatura giudiziaria che sostiene la partecipazione dei neofascisti. Il fondatore del gruppo eversivo Nar è stato, infatti, processato per questo delitto, per il quale – come abbiamo scritto sopra – è stato assolto con sentenza della corte d’assise d’appello, poi divenuta definitiva.

A tirarlo in ballo erano stati il pentito Angelo Izzo (uno dei fautori del massacro del Circeo) e Giuseppe Pellegriti (anche lui pentito malavitoso, trafficante di droga di Adrano), le cui presunte confessioni, si scoprì successivamente, erano state manipolate e suggerite dallo stesso Izzo: oltre a questi, anche il fratello di Giusva, Cristiano (collaboratore di giustizia), che poi avrebbe ritrattato, e infine, Irma Chiazzese, vedova di Piersanti, che si trovava accanto al marito al momento del delitto. La signora aveva affermato di aver riconosciuto Giusva Fioravanti come l’assassino, raccontando anche della camminata ‘caratteristica’ del Fioravanti.

Intanto, dal 2018 la procura di Palermo ha riaperto le indagini, dando nuovo credito alla pista “nera” per il delitto. Sono in tanti ad essere fermamente convinti di questa ‘traccia’, come l’ex procuratore di Palermo, Leonardo Agueci. Proprio Agueci è stato il magistrato che rappresentò l’accusa nel processo d’appello per l’omicidio dell’ex presidente della Regione.

Il corpo di Piersanti Mattarella

Come è noto, l’omicidio Mattarella pur essendo stato eseguito nel giorno dell’Epifania del 1980 arrivò sul tavolo di Giovanni Falcone solo nel 1985. Per giungere alla sentenza però bisognerà aspettare altri dieci anni: con il verdetto del 12 aprile 1995 furono condannati all’ergastolo, come mandanti dell’omicidio, alcuni boss mafiosi di primo piano, tra i quali Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia. Fino a oggi, invece, non sono stati condannati gli esecutori materiali. Gli esponenti neri dei “Nuclei Armati Rivoluzionari“, Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, sono stati definitivamente assolti il 17 febbraio 1998.

Il quindicesimo presidente della Regione Siciliana era un democristiano che –  proprio come Aldo Moro – voleva l’allargamento della sua maggioranza di governo al Partito Comunista. Ma in quegli anni la Dc doveva fare i conti con personaggi come Vito Ciancimino e Salvo Lima.  L’ex sindaco di Palermo Ciancimino in quegli stessi anni era potentissimo. Tommaso Buscetta ha raccontato a Falcone che “era completamente nelle mani dei corleonesi“. Un delitto, quello di Piersanti Mattarella che, secondo le confessioni dei collaboratori di giustizia ‘eccellenti’,  sarebbe stato esclusivamente di stampo mafioso e non c’entrerebbe nulla con i “fascisti”.

Alcuni pentiti, inoltre, avevano dato come ipotesi che l’esecutore materiale dell’omicidio fosse il killer della mafia Nino Madonia, che avrebbe avuto una somiglianza proprio con Fioravanti: “[…] Vedendo anche le fotografie di Fioravanti nei giornali e uno conoscendo il Madonia, uno che sapeva, la differenza era poca, per questo si è potuto sbagliare la … No sbagliare, che ha preso il Fioravanti, la vedova”. Così raccontava ai magistrati il pentito Francesco Di Carlo. Alla domanda: “lei sa se hanno partecipato all’omicidio i terroristi neri, a proposito di Mattarella?” Di Carlo il 3 maggio 1997 rispondeva ai giudici: “Lo escludo completamente, signor Presidente, non esiste. Se la facevano a gara chi andarci, si offendevano se non li chiamavano per andare a fare un omicidio, si figuri”.

Quarant’anni dall’uccisione di Piersanti Mattarella. Nessun volto di chi ha premuto il grilletto. Uno dei misteri ‘eccellenti di questa Italia.

L’intervista a Valerio ‘Giusva’ Fioravanti

 Signor Fioravanti, si continua a parlare di “pista neofascista” in merito al delitto Mattarella

Io non ho particolari opinioni. Chi, invece di esprimersi, leggesse le carte, vede che siamo stati assolti in primo grado quando tra l’altro il pm era Pignatone. Poi siamo stati assolti sempre su richiesta del pm  in secondo grado, poi l’assoluzione è diventata definitiva.

Per lei il colpevole è un mafioso?

Esiste un colpevole, ne è stato individuato un altro. Credo che si chiami Madonia. Ne parlavo con una suora amica proprio oggi (ieri 5 gennaio ndr) che mi diceva di averlo incontrato. Sostiene che proprio Madonia si vantava di aver ucciso Mattarella e secondo questa suora poi ad un certo punto avrebbe pure collaborato.

Ma dove lo avrebbe incontrato?

Lo ha incontrato in un reparto che non era di massima sicurezza. Per essere arrivato in quel reparto, in qualche modo deve aver collaborato.

Quindi?

Se a loro non sta bene quello che pensava Falcone, se non sta bene quello che pensava Pignatone, se a loro non sta bene quello che ha stabilito la Corte d’Assise e la Cassazione. Se non sta bene quello che hanno dichiarato Buscetta e Nino Madonia, io li lascerei fare…

Lei sostiene che anche Falcone sapeva che i delitti di cosa nostra non potessero avere mandanti esterni…

C’è un libro su Falcone scritto da Marcelle Padovani che non è un’autrice qualsiasi, è la moglie di un famoso sindacalista italiano (Bruno Trentin ndr) e non credo che la si possa sospettare di appartenere alla P2. Quel libro è uscito in Italia sei mesi prima della morte di Falcone, che non lo ha mai smentito. In quel libro il giudice Falcone racconta di quando aveva fatto arrestare i due pentiti di destra (Izzo e Pellegriti) che mi accusavano dell’omicidio. In quel contesto Falcone spiega alla Padovani che non è mai successo che la ‘cupola’ si sia rivolta ad esterni per i delitti eccellenti. Falcone non lo ha mai smentito e credo che lo abbia detto anche lo stesso Pignatone sulla stampa qualche giorno fa.

Ma perché allora tanta convinzione sul teorema neofascista in merito all’uccisione di Mattarella?

Questa pista nasce in origine come “strategia della confusione” già nel processo per la strage di Bologna. Il processo sulla strage di Bologna non aveva prove, su quella strage non ve ne sono neppure adesso. Serviva per evidenziare un tipo di criminale particolare. Il processo per la strage di Bologna si basava su una tripla impostazione: Fioravanti amico della P2 e per conto della P2 avrebbe ucciso Mino Pecorelli. Fioravanti amico della mafia e di Andreotti e per conto della mafia e di Andreotti avrebbe ucciso Mattarella. Fioravanti amico degli americani e per gli americani ha fatto l’attentato a Bologna.

Fioravanti durante un processo

Ci spiega meglio?

Da qui nasce tutta la creazione di questo super genio del crimine, purtroppo questo personaggio letterario deve aver affascinato qualcuno e contro tutte le evidenze, stanno facendo sopravvivere questo personaggio. Che dire? Non è stata altro che un’invenzione letteraria che ha avuto un successo insperato che io non auspico. E’ un personaggio che evidentemente scava nella fantasia. E’ un personaggio che piace. Un personaggio talmente negativo che fa sentire buoni tutti quelli che lo incontrano. Credo che sia questa la ragione del suo successo.

Possiamo tornare al suo processo e ai suoi incontri con Giovanni Falcone?

Quando mi chiese dell’omicidio Mattarella, io a Falcone dissi – perché era del tutto evidente che c’era davanti a me una persona seria ed intelligente – che mi sarebbe convenuto confessare qualsiasi cosa. Se avessi avuto un mandante da proteggere, avrei confessato. Avrei fatto un nome di un altro mandante e avrei fatto felice il vero mandante, perché lo avrei protetto molto meglio con una confessione che non con il negare qualsiasi verità. Avrei potuto coinvolgere qualche mio amico morto nel frattempo, avrei preso probabilmente anche qualche sconto di pena. Io però questo non l’ho fatto.

Perché?

Credo, nel mio piccolo, di essere anche io una persona ostile alla mentalità mafiosa e quindi in onore della sua giusta battaglia contro un certo tipo di mafia, il mio contributo alla battaglia di Falcone contro la mafia è stato dirgli: “io non c’entro niente. Continui ad indagare. Non si accontenti di questa facile verità servita su un vassoio d’argento”. Questa è la risposta che ho dato a Falcone e questa è la risposta che con molto garbo e molto rispetto darei a chiunque anche oggi.

Era a Palermo il giorno in cui fu assassinato Piersanti Mattarella?

Proprio no!

Lei lo sa che il pm Roberto Tartaglia, ex sostituto procuratore a Palermo ora consulente della commissione Antimafia nazionale, attraverso la stampa ha lanciato un appello proprio a lei, auspicando una sua collaborazione per far scoprire la verità di questo delitto?

Si. Mi è sembrato un appello molto garbato. Molto giusto nei toni e anche nella sostanza. Sto valutando se esiste un modo altrettanto giusto e garbato per rispondergli. Ci devo ancora pensare. Non vorrei uscire dal seminato.

Ma lei sarebbe disposto a collaborare?

Sono favorevole alla stessa collaborazione che diedi a Falcone a suo tempo.

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