Tiene a precisare che vuole parlare essenzialmente di ciò che vorrebbe fare nel suo quartiere: lo Zen. Lui è Giuseppe Cusimano balzato alle cronache giornalistiche la prima settimana di aprile. Giuseppe è dello zen da sempre. Il suo cognome è uno degli storici del popolare quartiere di Palermo.
Antefatto. In questi giorni di emergenza sanitaria che, soprattutto nel Sud Italia, si sono presto trasformati in crisi economica per migliaia di famiglie, Cusimano è stato uno dei più attivi nel distribuire generi alimentari nel suo quartiere alla periferia nord di Palermo. I sacchetti con la spesa sono stati elargiti agli abitanti dello Zen 2, in via Luigi Einaudi attraverso l’associazione bocciofila Santo Pio.
Lunga la fila della gente che aspettava il suo turno per ricevere gli alimenti di prima necessità. Ma alta si è levata l’indignazione sui giornali in merito all’evento. Giuseppe è fratello di un noto boss della droga del quartiere, Nicolò Cusimano, arrestato per associazione mafiosa e spaccio. “Io non posso giudicare la vita che ha deciso di intraprendere mio fratello. Io ho la fedina penale pulita” afferma Giuseppe Cusimano a IlSicilia.it. “La spesa è stata fatta attraverso l’associazione Santo Pio di cui io faccio parte. Se cercare di fare del bene per il mio quartiere vuol dire essere mafioso allora lo sono anche io”.
Il 16 aprile le forze dell’ordine hanno fatto recapitare a Giuseppe e a suo fratello maggiore Carmelo un avviso orale. La motivazione? Frequentazioni con pregiudicati. “Abbiamo fatto solo del bene per il nostro quartiere. Lavoriamo tutto il giorno e lo rifaremmo”.
Marco Di Blasi, il presidente dell’associazione bocciofila Santo Pio, afferma: “L’associazione è formata da tante persone dello Zen. La tessera numero 51 del nostro circolo è quella del sindaco Leoluca Orlando. Ogni mese mettiamo 10 euro a testa. Non è la prima volta che facciamo delle iniziative sociali. Quando il 24 settembre scorso abbiamo fatto la processione e abbiamo fatto inchinare la vara di Padre Pio davanti la caserma dei carabinieri allo Zen non eravamo mafiosi. Ora lo siamo diventati? Io non credo”.
Numerosi sono i problemi elencati da Marco nel quartiere. Dal giardino della civiltà che è una discarica a cielo aperto, ai tetti nelle stanze da letto dei residenti che a causa delle infiltrazioni piove dentro casa, alle fogne che si allagano alle prime piogge dell’autunno. Fino alla disoccupazione e all’abbandono scolastico. Un quartiere abbandonato. Uno stato assente che non risponde e non aiuta i residenti.
Condivide le parole del presidente, Salvo Tranchina, nativo dello Zen amico di infanzia di Giuseppe Cusimano. Da 18 anni fa la spola tra Pordenone e il quartiere palermitano Nella città del Nord Italia è caporal maggiore dell’Esercito italiano.
“Tempo fa abbiamo aperto una palestra di boxe in via Luigi Einaudi. La palestra era assolutamente gratuita. Ma non arrivavamo a coprire le spese tra affitto e utenze. Quindi nel 2017 abbiamo chiesto alla direttrice della scuola dello Zen 2 di poter usufruire della palestra. Finita la campagna elettorale del sindaco di Palermo, ci hanno cacciato. Per la preside Daniela Lo Verde lo sport era troppo violento. Abbiamo chiesto al sindaco Orlando di intervenire, ma la politica ci ha abbandonato. Ma noi lo facevamo solo per togliere i ragazzi dalla strada. Gli abitanti dello Zen non possono vivere ancora in quel degrado”.
Giuseppe Cusimano invita il sindaco Orlando nel suo quartiere e dice: “Sarei felice di poter creare numerose iniziative a scopo benefico per il nostro quartiere. Fatte essenzialmente da volontariato. Volevo creare anche un campo da calcio per i bambini del quartiere. Ma il comune mi ha bloccato il progetto. La nostra associazione chiede un incontro con le istituzioni da tempo per dare la nostra disponibilità a migliorare questo quartiere“.
Alla domanda: “Sai che nel tuo quartiere esiste un grosso business fatto da spaccio e dalla criminalità organizzata?”. Giuseppe risponde: “Io non ho la certezza di niente. Ripeto: ho sempre voluto fare del bene. È giusto che i residenti dello zen vivano in una condizione migliore e che non siano abbandonati dalle istituzioni. Il tempo e la fede dimostreranno che queste condanne a carico di mio fratello sono ingiuste”.