In Italia circa 19 milioni di persone soffrono di malattia venosa cronica, con oltre la metà delle donne e tra il 10% e il 50% degli uomini coinvolti, a seconda delle fasce di età. Nel 40–50% dei casi si manifesta edema (gonfiore) rilevante, particolarmente al termine della giornata o in chi svolge lavori in piedi. Sebbene spesso banalizzato, questo disturbo può avere rilevanza clinica significativa, sia sul piano della qualità della vita sia per i rischi associati a patologie vascolari sottostanti.
“Il problema delle gambe gonfie è una condizione frequente che, nella maggior parte dei casi, non rappresenta una seria problematica clinica. Tuttavia, in presenza di patologie cardiovascolari o vascolari periferiche, il gonfiore può diventare un campanello d’allarme da non sottovalutare”.
A spiegarlo è Antonino Tuttolomondo, professore ordinario di Medicina Interna all’Università di Palermo e direttore della UOC di Medicina Interna con Stroke Care del Policlinico, per il PROMISE, il Programma Mattone Internazionale Salute, che nel quadro delle sue attività di promozione della salute sostiene iniziative di educazione clinica e prevenzione delle patologie croniche vascolari.
Quando il gonfiore richiede attenzione
L’edema, può essere fisiologico dopo una giornata intensa, ma diventa preoccupante se:
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è persistente e non si riduce con il riposo;
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è associato a rossore, dolore, calore o alterazioni della cute;
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compaiono emorragie sottocutanee o ecchimosi.
“In questi casi – precisa Tuttolomondo – il sospetto va orientato verso una patologia di origine venosa o linfatica, come l’insufficienza venosa cronica o linfatica. È fondamentale una valutazione specialistica per escludere condizioni potenzialmente gravi”.
I fattori di rischio ed errori
Sedentarietà, obesità, età avanzata, trombosi venosa pregressa o tromboflebiti sono tra i principali fattori di rischio.
“La scarsa mobilità è il nemico principale – avverte Tuttolomondo –. L’idea che le gambe si gonfino perché si è ‘troppo stanchi’ è fuorviante. In realtà è proprio l’immobilità prolungata, o al contrario il mantenimento prolungato della posizione in piedi, a peggiorare il ritorno venoso”.
Anche l’uso di scarpe inadatte, come tacchi alti o suole che non distribuiscono correttamente il peso, può contribuire a peggiorare la condizione.
Tra gli errori frequenti, il professore segnala l’automedicazione: “Applicare calze elastiche senza una diagnosi può essere controproducente. Così come credere che il riposo assoluto risolva il problema. Il movimento è parte della terapia, non la sua negazione”.
Come prevenire e alleviare il disturbo
Per ridurre il rischio di gonfiore alle gambe, il consiglio è semplice:
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mantenere uno stile di vita attivo;
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controllare il peso;
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ridurre l’assunzione di sale;
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prestare attenzione ai segnali iniziali;
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intervenire precocemente per evitare il peggioramento del danno venoso.
“Riconoscere i sintomi iniziali dell’insufficienza venosa e adottare misure preventive è il primo passo per tutelare la salute vascolare e la qualità della vita”, conclude.
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