Da quando sono tornati a Palermo, nel luglio del 2010, i padri Comboniani hanno rappresentato il pungolo evangelico della Chiesa di Palermo con il loro impegno nei contesti più difficili ma anche con le loro iniziative non sempre clericalmente corrette. La lettera sul Festino diffusa dai padri che hanno la cura pastorale della parrocchia di Santa Lucia al Borgo Vecchio è una di quelle iniziative che certamente faranno discutere perché si tratta di un documento molto duro e che va a toccare quello che in un certo senso rappresenta l’evento religioso principale della città, la festa popolare ma anche la celebrazione della comunione di intenti di “trono ed altare”.
I Comboniani di Palermo non hanno peli sulla lingua e nella lettera non hanno paura a definire il Festino uno scandalo: “𝐼𝑙 𝑓𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑐𝑒 𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑐𝑎𝑛𝑑𝑎𝑙𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑎 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑟𝑖𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑎𝑖 𝑐𝑟𝑒𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑎 𝑃𝑎𝑝𝑎 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑜, 𝑐𝑖𝑜𝑒̀ 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑓𝑒𝑑𝑒 che si china 𝑠𝑢𝑖 𝑑𝑒𝑏𝑜𝑙𝑖, 𝑖 𝑓𝑟𝑎𝑔𝑖𝑙𝑖, 𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑣𝑖𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑒𝑡𝑎̀, 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖𝑛𝑢𝑎𝑛𝑜 𝑎 𝑟𝑖𝑚𝑎𝑛𝑒𝑟𝑒 𝑒𝑠𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑖𝑣𝑖𝑎𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑒𝑠𝑐𝑙𝑢𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑓𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜”.
I religiosi della Congregazione fondata da Daniele Comboni puntano il dito sia contro la festa che contro i solenni riti religiosi che vedranno anche la presenza del Cardinale Pietro Parolin, il Segretario di Stato Vaticano inviato da Papa Francesco: “t𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑓𝑎𝑟𝑎̀ 𝑑𝑎 𝑔𝑙𝑎𝑚𝑜𝑢𝑟 𝑖𝑟𝑟𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑙’𝑒𝑣𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑔𝑖𝑢𝑏𝑖𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑟𝑎𝑛𝑧𝑎 che 𝑎𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎̀ 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑙che decibel 𝑙𝑎 𝑓𝑒𝑑𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑟𝑒𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖”
Nell’obiettivo dei padri finiscono : “l’𝑜𝑠𝑡𝑒𝑛𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑟𝑒𝑙𝑖𝑔𝑖𝑜𝑠𝑎 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖” e “𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑡𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎” che “𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑙𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒𝑟𝑎̀ 𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑐𝑒𝑛𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎, 𝑑𝑖 𝑠𝑝𝑖𝑟𝑖𝑡𝑢𝑎𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑑𝑖 𝑐ℎ𝑖 ℎ𝑎 𝑠𝑚𝑎𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑠𝑒𝑛𝑠𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑒 𝑣𝑎 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑓𝑜𝑛𝑡𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑧𝑎𝑚𝑝𝑖𝑙𝑙𝑎 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎 𝑐𝑟𝑖𝑠𝑡𝑎𝑙𝑙𝑖𝑛𝑎”. E ancora una pietrata contro “𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑐𝑘𝑡𝑎𝑖𝑙 𝑑𝑖 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑟𝑖 𝑐h𝑒 𝑟𝑖𝑚𝑏𝑎𝑙𝑧𝑎𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑟𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑖…”.
“𝑇𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑠𝑓𝑎𝑟𝑧𝑜, 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑐h𝑖𝑎𝑠𝑠𝑜, 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑡𝑒𝑎𝑡𝑟𝑎𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑔𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑓𝑒𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜, denunciano ancora i Comboniani che però non si limitano all’invettiva ma chiedono “𝑚𝑒𝑠𝑠𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑐h𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑒𝑠𝑠𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑑𝑖 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑒” di cui “𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑜𝑟𝑓𝑎𝑛𝑖 𝑣𝑢𝑜𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑐𝑖𝑡𝑡𝑎𝑑𝑖𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑐𝑟𝑒𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖”.
Ed ecco alla fine del testo arrivare la proposta dei religiosi, il messaggio di vita: “i𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑛𝑢𝑏𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑒𝑡𝑎̀ 𝑐𝑖𝑣𝑖𝑙𝑒, 𝑙𝑒 𝑣𝑎𝑟𝑖𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑒 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒, 𝑚𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖, 𝑙’𝑎𝑝𝑝𝑜𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑟𝑒𝑙𝑖𝑔𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑠𝑎𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑙’𝑜𝑐𝑐𝑎𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑖𝑚𝑚𝑜𝑏𝑖𝑙𝑖𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑜𝑐𝑒𝑠𝑖 𝑑𝑖 𝑃𝑎𝑙𝑒𝑟𝑚𝑜, 𝑑𝑜𝑛𝑎𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑛𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑆𝑎𝑛𝑡𝑢𝑧𝑧𝑎, 𝑙’𝑜𝑐𝑐𝑎𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑖𝑒𝑟𝑒 𝑔𝑒𝑠𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑟𝑒𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎𝑖 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎𝑟𝑖 𝑑𝑒𝑖 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑝𝑜𝑣𝑒𝑟𝑖, 𝑑𝑒𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑓𝑖𝑠𝑠𝑎 𝑑𝑖𝑚𝑜𝑟𝑎, 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑖𝑔𝑟𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑖𝑣𝑜𝑛𝑜 𝑎𝑐𝑐𝑎𝑡𝑎𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑎𝑚𝑏𝑖𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑙𝑢𝑔𝑢𝑏𝑟𝑖, 𝑝𝑟𝑖𝑣𝑖 𝑑𝑖 𝑢𝑛 𝑚𝑖𝑛𝑖𝑚𝑜 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑣𝑎𝑐𝑦”.
I Comboniani della Chiesa di Santa Lucia però sono pessimisti su questo gesto esemplare che sa di conversione, di redenzione per tutti e sembrano certi che prevarranno “𝑐𝑜𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑜𝑛𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑝𝑟𝑜𝑠𝑠𝑖𝑚𝑖 𝑑𝑖 𝑅𝑜𝑠𝑎𝑙𝑖𝑎 𝑒 𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑡𝑒𝑛𝑔𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑙 𝑐𝑜𝑝𝑦𝑟𝑖𝑔ℎ𝑡”.
Come prevedibile la lettera dei religiosi non solo non ha ottenuto molto spazio ma molto probabilmente non riceverà nessuna risposta. E però, credenti o meno, si tratta di un testo che scuote, di un testo scomodo che rompe una coralità artefatta che riporta all’essenziale. Proprio come dovrebbero risultare le parole del Vangelo.