L’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo ha ricevuto il riconoscimento internazionale “ESO Angels Award – livello Diamond”, conferito dalla European Stroke Organisation (ESO) e dalla Angels Initiative per l’eccellenza nella gestione e nel trattamento dell’ictus cerebrale in fase acuta .
Il premio, assegnato oggi, 7 novembre 2025, durante la Giornata di aggiornamento sulla gestione dell’ictus cerebrale in fase acuta all’Aula Magna “M. Vignola” del P.O. Cervello, rappresenta il livello più alto della certificazione europea, riservato ai centri europei che garantiscono tempestività, qualità clinica e miglioramento continuo dei protocolli assistenziali trasversalmente.

“Siamo orgogliosi che Palermo si confermi un punto di riferimento nel Sud Italia per la cura dell’ictus cerebrale. Questo premio appartiene a tutto il nostro personale sanitario e ai pazienti che ogni giorno si affidano a noi”, ha dichiarato il direttore generale Alessandro Mazzara.
“L’Ospedale Villa Sofia si distingue per l’efficienza del suo Percorso Ictus, che garantisce diagnosi rapide, trattamenti di ricanalizzazione tempestivi e una gestione integrata del paziente dalla fase acuta alla riabilitazione”, aggiunge Marilù Furnari, direttore sanitario dell’AOOR.
“Questo riconoscimento premia anni di impegno, formazione e lavoro di squadra e i nostri risultati dimostrano che una rete organizzata e competente può davvero salvare vite”, prosegue Daniele Lo Coco, direttore della Neurologia con Stroke Unit di Villa Sofia.
La sfida del tempo
“L’ictus acuto è una priorità assoluta in quanto patologia tempo dipendente e ogni minuto recuperato è un recupero di cellule cerebrali. Per questo i nostri sforzi devono essere sempre orientati a ridurre i tempi di intervento – spiega il direttore del Pronto Soccorso di Villa Sofia Tiziana Maniscalchi -. Come centro hub abbiamo risultati eccellenti sia in termini di tempistica che di esiti clinici e la collaborazione con il 118 rappresenta un elemento essenziale della rete tempo dipendente. È fondamentale che le persone, di fronte a un sospetto ictus, chiamino immediatamente il 118 e non si rechino autonomamente in ospedale, perché l’attivazione precoce del sistema consente di allertare subito la rete e indirizzare il paziente verso l’unità più adeguata, riducendo tempi e rischi”.

“Il riconoscimento precoce dei sintomi da parte dei pazienti , dei caregiver, dei sanitari e l’invio diretto nelle Stroke Unit permettono di accedere rapidamente alle procedure di trombolisi o trombectomia – evidenzia-. Tutto questo richiede coordinamento, formazione e comunicazione continua tra territorio e ospedale, perché solo un sistema integrato può garantire la massima efficacia terapeutica e migliori possibilità di recupero”.
Dalla diagnosi alla riabilitazione
Negli ultimi vent’anni la gestione dell’ictus è cambiata profondamente, soprattutto grazie alle innovazioni degli ultimi dieci anni.
“Oggi abbiamo la possibilità di intervenire con farmaci trombolitici da somministrare al paziente e con procedure di radiologia interventistica che permettono di liberare l’arteria occlusa e ripristinare la circolazione cerebrale – sottolinea Lo Coco -. La gestione dell’ictus richiede una sequenza di azioni ben codificate che partono dall’immediata valutazione clinica e radiologica, con TAC e perfusione cerebrale, per definire la sede e l’estensione dell’occlusione. In base ai parametri e ai tempi di insorgenza, il paziente viene avviato al trattamento trombolitico endovenoso o, nei casi selezionati, alla trombectomia meccanica in collaborazione con la neuroradiologia interventistica. Prima interveniamo, maggiore sarà la possibilità di ottenere un risultato efficace”.
“Ma dopo la fase acuta è fondamentale l’aspetto riabilitativo, che deve essere precoce e ben strutturato – aggiunge-. Il percorso assistenziale integrato, avviato nel 2021, prevede la collaborazione tra Neurologia, Neurochirurgia, Chirurgia Vascolare, Radiologia Interventistica, Riabilitazione e Anestesia, per garantire una presa in carico globale del paziente. Questo approccio multidisciplinare ci consente di ottenere i migliori risultati clinici, assicurando continuità e qualità nelle diverse fasi del trattamento – conclude –. Al termine del percorso ospedaliero, il paziente viene indirizzato verso la struttura più idonea, che può essere un centro riabilitativo o, nei casi più lievi, il domicilio, ma sempre con un programma di riabilitazione personalizzato, monitorato e condiviso tra le diverse figure professionali”.




