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La situazione

Il silenzio sulla pianificazione dello spazio marittimo indispettisce l’Ue: i vantaggi per la Sicilia su pesca, rinnovabili, trasporti e turismo

mercoledì 5 Giugno 2024

Come la scintilla prima e il botto di un fuoco d’artificio poi, ha fatto tanto rumore per poi dissolversi nel nulla. E’ durata solo una manciata di ore la notizia sulla decisione della Commissione europea di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea per non aver garantito la corretta attuazione della direttiva che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo.

Il deferimento è arrivato, ma l’attenzione si è poi assopita, riponendo nuovamente il tema nel dimenticatoio. Già, perché, seppur poco nota e chiacchierata, la storia di tale direttiva ha da poco spento le dieci candeline, annaspando in continui rinvii. Ma in questo contesto dove si colloca la Sicilia? 

Perla incastonata al centro del Mediterraneo, l’Isola è certamente interessata in prima linea nella definizione di una pianificazione dello spazio marittimo che aiuterebbe, non solo il Bel Paese, ma nello specifico l’intera Regione nella gestione di settori strategici che spaziano dalla pesca alle energie rinnovabili, dal trasporto marittimo al turismo. Si tratta certamente di una materia complessa, ma che si riflette quotidianamente sui nostri mari.  

La direttiva europea n. 89 del 2014 nasce, infatti, con lo scopo di promuovere, attraverso un approccio comune dei paesi Ue, lo sviluppo sostenibile delle economie marittime e delle aree marine, salvaguardandone al contempo gli ecosistemi. La scadenza era fissata al 31 marzo 2021, entro la quale ogni stato membro avrebbe dovuto presentare il proprio piano di gestione. L’Italia l’ha recepita con il decreto legislativo n. 201 del 2016, istituendo un tavolo interministeriale di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio e un comitato tecnico presso il ministero dei Trasporti. Dopo una prima bozza chiusa a ottobre 2022, però, se ne sono perse le tracce. A oggi, dunque, non è stato elaborato, né tanto meno presentato, alcun documento. Dopo aver inviato una lettera di costituzione in mora a dicembre 2021 e un parere motivato ad aprile 2023, la Commissione ha deciso così di compiere quest’ultimo passo.

Le segnalazioni non erano mancate già nel 2021, con la preoccupazione e l’invito, ad adempiere agli impegni comunitari del Wwf. La consolazione, seppur minima, è che l’Italia non è sola. Tra questi spiccano paesi come Croazia, Cipro o Grecia, segnando così un triste primato nel Mare Nostrum. A eccezione di Slovenia e Malta, tutti gli stati membri del Mediterraneo centrale e orientale rimangono senza un piano, nonostante il mare rappresenti per tutte queste Nazioni una parte integrante della propria identità e una fonte inesauribile di opportunità e vantaggi.

Cosa viene dunque meno? Se più in generale la stesura del piano è necessaria per raggiungere gli obiettivi richiesti dalla direttiva quadro sulla strategia marina dell’Ue e del Green deal, si rivela fondamentale anche per la sostenibilità economica e sociale, nel rispetto dell’ecosistema marino, dei singoli Paesi. La pianificazione dello spazio marittimo non è altro che un grande contenitore, una grande base su cui poggiano importanti possibilità di sviluppo, svolgendo un ruolo strategico, al fine di ridurre conflitti, incrementare la cooperazione, creare sinergie compatibili tra differenti settori e incoraggiare investimenti.

Alcuni esempi? Basti pensare ad alcuni argomenti che abbiamo già trattato, come i cavi sottomarini o l’eolico offshore. Ma non solo. L’art. 8, comma 2, della direttiva include nei piani di gestione anche “impianti e infrastrutture per la prospezione, lo sfruttamento e l’estrazione di petrolio, gas e altre risorse energetiche, di minerali e aggregati e la produzione di energia da fonti rinnovabili“. Nell’art. 5, comma 2 si fa anche riferimento allo sviluppo “dei trasporti marittimi e del settore della pesca e dell’acquacoltura, per la conservazione, la tutela e il miglioramento dell’ambiente, compresa la resilienza all’impatto del cambiamento climatico. Gli Stati membri possono inoltre perseguire altri obiettivi, quali la promozione del turismo sostenibile e l’estrazione sostenibile delle materie prime“.

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