Osservare l’abusivismo edilizio dal punto di vista nazionale significa, inevitabilmente, guardare verso Sud. E qui il fenomeno raggiunge la sua massima intensità e una dimensione sistemica.
In Italia l’abusivismo edilizio continua a seguire una geografia precisa. I dati Istat riferiti al 2022 indicano che, a fronte di una media nazionale di circa 15 nuove abitazioni abusive ogni 100 autorizzate, il Mezzogiorno supera ancora quota 40, con valori particolarmente elevati in Campania e Calabria e livelli solo lievemente inferiori in Sicilia.

Le cifre, richiamate dall’Istat in audizione alla Commissione Ambiente della Camera e tratte dal Rapporto BES 2022, raccontano un fenomeno che nel Sud non assume i contorni di un’emergenza episodica, ma quelli di una condizione strutturale.
Dopo anni di progressiva riduzione a livello nazionale, il 2022 segna inoltre un’inversione di tendenza in diverse regioni del Centro-Nord, riaprendo il tema del controllo del territorio anche fuori dalle aree storicamente più colpite.
Il Sud come epicentro dell’abusivismo edilizio
Osservare l’abusivismo edilizio dal punto di vista nazionale significa, inevitabilmente, guardare verso Sud. È qui che il fenomeno raggiunge la sua massima intensità e assume una dimensione sistemica. Nel Mezzogiorno, nel 2022, oltre quattro nuove abitazioni su dieci risultano costruite senza autorizzazione rispetto a quelle regolarmente assentite.
Una proporzione che non ha equivalenti nel resto del Paese e che restituisce l’immagine di un mercato edilizio in cui la legalità rappresenta, troppo spesso, l’eccezione più che la regola.
Questi numeri non descrivono soltanto una violazione delle norme urbanistiche, ma raccontano una fragilità profonda del rapporto tra istituzioni, territorio e bisogni abitativi. Nel Sud, l’abusivismo edilizio si intreccia con la debolezza del controllo amministrativo, con una pianificazione urbanistica spesso incompleta o disattesa e con una lunga sedimentazione storica di tolleranza verso l’irregolarità.
All’interno di questo quadro, Campania e Calabria emergono come le regioni con i livelli più alti, superando la soglia di una nuova abitazione abusiva ogni due autorizzate. Valori che confermano come, in queste aree, l’edilizia illegale non rappresenti una deviazione marginale, ma una modalità strutturata di produzione dello spazio abitato.
Il quadro territoriale: Sicilia, Sud e il confronto con Centro e Nord
I numeri dell’abusivismo edilizio assumono una cifra molto diversa quando si osservano nel dettaglio per macro‑aree e singole regioni, mostrando un’Italia ancora profondamente divisa sul tema della legalità edilizia e del governo del territorio.

Secondo le ultime elaborazioni disponibili sui dati del Rapporto Istat BES 2022, integrate dalle elaborazioni Cresme citate anche da fonti giornalistiche, il fenomeno è quasi marginale nelle regioni settentrionali, si mantiene attorno alla media nazionale nelle regioni centrali e diventa preponderante nel Mezzogiorno e nelle Isole.
Nel Nord Italia, infatti, il rapporto tra nuove case abusive e nuove case regolarmente autorizzate è molto basso: si stima che poco più di 4 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate abbiano visto la luce nel 2022. Questo dato segnala che, pur non essendo assente, l’abusivismo edilizio è una pratica rara nell’area settentrionale del Paese e cita i valori medi più bassi dell’intero territorio nazionale.
Nel Centro Italia, la fotografia cambia, ma in misura contenuta: il fenomeno si pone su valori più elevati rispetto al Nord ma ancora in linea con la media nazionale. Qui si stima che ci siano circa 14,7 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate, un valore che riflette una doppia dinamica: da una parte, l’esistenza di zone con pressioni edilizie più forti; dall’altra, la presenza di strutture amministrative in grado di esercitare controlli relativamente efficaci rispetto allo scenario meridionale.
Al Sud, tuttavia, l’abusivismo edilizio si conferma un fenomeno di portata strutturale e non marginale. Nell’area meridionale si sale ben oltre la media nazionale: circa il 40% delle nuove costruzioni non ha ricevuto le autorizzazioni necessarie nel 2022, un valore che pone il Mezzogiorno in una condizione di eccezionale vulnerabilità normativa e di fragilità di governo del territorio.
Entrando nel dettaglio delle singole regioni, i numeri assumono toni ancora più marcati. Secondo elaborazioni basate sui dati di Istat e Cresme, Basilicata e Calabria guidano la classifica con livelli di abusivismo tra i più alti d’Italia, con oltre 54 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate. Seguono da vicino Campania, con circa 50,4 immobili irregolari per 100 regolari, e la Sicilia, dove il fenomeno è stimato a circa 48,2 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate nel 2022.

Questi valori collocano la Sicilia ben sopra la media nazionale e in linea con le aree meridionali più critiche, consegnando un ritratto di un fenomeno che, nell’Isola, non è un’eccezione ma una condizione diffusa e consolidata. La combinazione di pressioni socio‑economiche, complessità procedurali nella pianificazione urbanistica e carenze nel controllo amministrativo contribuisce a questa situazione, rendendo il tema dell’abusivismo edilizio centrale nella discussione sulle politiche del territorio.
Il confronto con il resto d’Italia rafforza l’idea di un Paese diviso: mentre nel Nord il fenomeno sembra contenuto e nel Centro si mantiene su livelli moderati, nel Sud e in Sicilia le dinamiche legislative, sociali e amministrative si intrecciano in un modo che produce livelli di irregolarità edilizia estremamente elevati rispetto alla media nazionale.
Non è solo una questione numerica, ma un riflesso delle profonde differenze strutturali tra le aree italiane nella capacità di attuare e far rispettare le regole urbanistiche: un dato di fatto che, nel dibattito pubblico e nelle proposte di riforma, torna a emergere con forza, mettendo in evidenza la necessità di soluzioni su misura che tengano conto delle specificità territoriali.
La Sicilia: tra persistenza e normalizzazione dell’irregolarità
La Sicilia si colloca appena al di sotto dei picchi più estremi registrati nel Sud continentale, ma resta comunque ben al di sopra della media nazionale. Anche nell’Isola, l’abusivismo edilizio continua a rappresentare una quota significativa delle nuove costruzioni, confermando una criticità che attraversa l’intero territorio regionale.
Il dato siciliano non segnala una vera discontinuità rispetto al passato. Piuttosto, restituisce l’immagine di un fenomeno che si è stabilizzato su livelli elevati, diventando parte integrante del modo in cui si costruisce. L’abusivismo non appare come un’eccezione, ma come una pratica diffusa, spesso percepita come risposta informale a bisogni abitativi irrisolti o come scorciatoia rispetto a iter autorizzativi lunghi e complessi.
Nel confronto con il resto d’Italia, la Sicilia rimane così collocata in una fascia alta di irregolarità, lontana dai valori del Centro e del Nord e più vicina, per intensità, alle dinamiche strutturali del Mezzogiorno. Un dato che conferma come, anche nell’Isola, la questione non possa essere affrontata solo in termini repressivi, ma richieda un ripensamento complessivo delle politiche urbanistiche e del governo del territorio.
Il confronto con il Centro e il Nord
La distanza tra il Sud e il resto del Paese emerge con chiarezza quando si osservano i dati relativi al Centro e al Nord. In queste macro-aree, il numero di nuove abitazioni abusive per 100 autorizzate si mantiene su livelli molto più contenuti, confermando una maggiore efficacia dei meccanismi di controllo e una diversa struttura del mercato edilizio.
Per anni, il Centro-Nord ha mostrato una traiettoria di progressiva riduzione dell’abusivismo, rafforzando l’idea di un fenomeno sempre più confinato alle regioni meridionali. Il 2022 introduce però un elemento di discontinuità. L’Istat segnala infatti un’inversione di tendenza in numerose regioni del Centro-Nord, dove il numero di nuove costruzioni abusive torna a crescere dopo una fase di calo.
Non si tratta di livelli paragonabili a quelli del Mezzogiorno, ma di un segnale che interrompe una dinamica considerata ormai consolidata. Un campanello d’allarme che suggerisce come l’abusivismo edilizio non sia un problema definitivamente risolto nelle aree più forti del Paese, ma un fenomeno che può riemergere in presenza di controlli meno stringenti o di nuove pressioni sul mercato immobiliare.
Un fenomeno che resiste nel tempo
La dimensione territoriale dell’abusivismo si intreccia con quella temporale. Secondo l’Istat, dal 2008 il fenomeno è cresciuto progressivamente fino al 2017, quando a livello nazionale si contavano circa 20 nuove abitazioni abusive ogni 100 autorizzate. Negli anni successivi, una maggiore attenzione al controllo del territorio aveva portato a una graduale riduzione.
Il 2022 segna però una battuta d’arresto in questa traiettoria. Se nel Mezzogiorno e in Sicilia l’abusivismo appare come una presenza costante, mai realmente ridimensionata, nel resto del Paese emergono segnali di fragilità che rimettono in discussione i risultati raggiunti.
La fotografia restituita dai dati BES 2022 racconta dunque un’Italia divisa, in cui l’abusivismo edilizio continua a essere una questione aperta, profondamente legata alle disuguaglianze territoriali e alla capacità delle istituzioni di governare lo sviluppo urbano.
Dichiarazioni istituzionali e posizioni ufficiali
Tra i soggetti auditi figura appunto l’Istat, chiamata a illustrare i dati sul fenomeno dell’abusivismo e sulla disciplina urbanistica, alla luce dei numeri del Rapporto BES 2022 che evidenziano la persistenza di livelli significativamente più alti di costruzioni abusive nel Sud e nelle Isole. In occasione delle audizioni del 16 dicembre 2025, la Commissione ha ribadito la necessità di un aggiornamento complessivo della disciplina edilizia italiana, con l’obiettivo di semplificare e razionalizzare un quadro normativo frammentato e non adeguatamente coordinato con le esigenze di controllo del territorio.

Sul fronte dell’Esecutivo, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha adottato nuove misure operative per migliorare il monitoraggio e la gestione dell’abusivismo edilizio sul territorio nazionale, con l’entrata in vigore dal 1° ottobre 2025 di una procedura digitale per la trasmissione e la raccolta delle segnalazioni di abusi edilizi da parte dei Comuni alle Prefetture e al MIT. La piattaforma digitale integrata con la Banca Dati Nazionale sull’Abusivismo Edilizio consente di rendere più tempestivi e affidabili i dati raccolti sui fenomeni abusivi, migliorando la capacità di analisi statistica e la trasparenza nei confronti delle amministrazioni centrali e locali.
Accanto alle dichiarazioni istituzionali, diverse associazioni del mondo urbanistico, ambientale e sociale hanno espresso contrarietà a nuovi condoni edilizi e hanno chiesto investimenti e norme tese alla rigenerazione urbana, alla prevenzione dei rischi e alla tutela del paesaggio, oltre a un’effettiva applicazione delle regole esistenti per contrastare il fenomeno abusivo.
Parallelamente, il Governo sta lavorando a una riforma organica della disciplina edilizia e urbanistica, con l’intento di approvare un nuovo “Codice delle costruzioni” che chiarisca le competenze statali e regionali e introduca criteri unici per l’individuazione di difformità edilizie e abusi, superando le attuali incertezze interpretative derivanti dall’evoluzione normativa degli ultimi decenni.
Le anticipazioni prevedono anche strumenti legati al meccanismo del silenzio-assenso e alla semplificazione delle procedure amministrative, con l’obiettivo dichiarato di ridurre i tempi burocratici senza compromettere i controlli e la tutela del territorio.
Oltre il dato: il governo del territorio
La fotografia restituita dai dati Istat non chiama in causa soltanto l’illegalità edilizia, ma interroga in profondità la capacità delle istituzioni di governare il territorio. Nel Mezzogiorno e in Sicilia, dove l’abusivismo resta su livelli strutturalmente elevati, la questione non può essere ridotta a una questione di repressione o di emergenza. È una questione di sistema.
Il dato sulle nuove abitazioni abusive segnala, prima ancora che una violazione delle regole, una frattura persistente tra pianificazione urbanistica e bisogni reali, tra norme formali e pratiche diffuse. In questo scarto si inserisce l’edilizia illegale, che diventa risposta informale a carenze di programmazione, lentezze amministrative e assenza di politiche abitative capaci di intercettare la domanda.

Per le istituzioni nazionali e regionali, il nodo è duplice. Da un lato, rafforzare il controllo del territorio e l’efficacia delle amministrazioni locali, superando la frammentazione delle competenze e le disuguaglianze di capacità amministrativa. Dall’altro, ripensare il governo dell’edilizia e del suolo come politica pubblica strutturale, capace di coniugare legalità, diritto all’abitare e tutela del paesaggio.
Nel Sud e in Sicilia, in particolare, l’abusivismo edilizio continua a essere il sintomo di una questione irrisolta: non solo dove si costruisce, ma come e per chi si costruisce. Finché questa domanda resterà senza una risposta istituzionale credibile, i numeri continueranno a ripetersi, anno dopo anno, trasformando l’eccezione in regola e il dato statistico in una costante del Paese.
FONTE DATI
RAPPORTO BES 2022
TABELLA DATI MACROAREE E REGIONI
Nota metodologica
I dati fanno riferimento all’indicatore Istat del Rapporto BES 2022 – Il benessere equo e sostenibile in Italia, che misura il numero di nuove abitazioni abusive ogni 100 autorizzate nell’anno. L’indicatore riguarda il flusso annuale delle nuove costruzioni e non lo stock complessivo di edifici abusivi presenti sul territorio.






