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Una nuova era per i browser?

La “Guerra del Web”: OpenAI sfida Google, l’Intelligenza Artificiale riscrive le regole della nostra navigazione online

domenica 13 Luglio 2025

Il web cambia volto. Google e OpenAI si sfidano sul browser trasformando la ricerca e la navigazione con l’IA.

Immagina per un attimo come usi internet oggi. Probabilmente, per ricercare qualcosa, apri Google. Digiti una domanda o delle parole chiave, premi Invio e ti trovi davanti a una lunga lista di link, cioè collegamenti a siti web. Poi, clicchi sui vari link, leggi un po’ qui e un po’ là, metti insieme le informazioni e, alla fine, trovi la tua risposta.

Funziona, vero? È il modo in cui navighiamo da tantissimi anni.

Per decenni, Google è stato il bibliotecario supremo, quello che non solo sapeva dove si trovava ogni libro, ma aveva anche il catalogo più efficiente per farteli trovare. Tu, l’utente, ponevi una domanda, e lui ti dava un elenco di numeri di scaffale (i “link”) da consultare. Era un sistema efficace, ma che richiedeva a te, lettore, di fare il lavoro di ricerca finale, sfogliando pagine e mettendo insieme le informazioni.

 

Oggi, però, questa biblioteca sta vivendo una rivoluzione, e il ruolo del bibliotecario si sta trasformando in qualcosa di molto più proattivo: un assistente personale che non solo ti dice dove si trova il libro, ma te lo riassume, te lo legge, e persino ti aiuta a scriverne uno nuovo.

Al centro di questa trasformazione c’è l’Intelligenza Artificiale (IA), e la sua evoluzione ha portato a una nuova, intensa fase della competizione tecnologica, culminata nella recente notizia che OpenAI, l’azienda dietro il rivoluzionario ChatGPT, si appresta a lanciare il proprio browser web basato sull’IA.

Questa mossa non è un semplice aggiornamento, ma una vera e propria dichiarazione di guerra al dominio di Google, che per anni ha controllato non solo come cerchiamo, ma anche come navighiamo.

Dall’elenco di link alla risposta diretta: la rivoluzione dell’IA

Negli ultimi tempi, è arrivato un modo completamente diverso di fare le cose, grazie all’Intelligenza Artificiale (IA). Hai presente ChatGPT? Ecco, quello è un esempio lampante. Invece di darti una lista di link, tu fai una domanda, e l’IA cerca di darti subito una risposta diretta, come se stessi parlando con qualcuno che sa tutto.

Facciamo un esempio semplice semplice, da italiani appassionati di calcio, comprensibile a chiunque.

Vuoi sapere chi ha vinto l’ultimo campionato di calcio? Invece di cercare “risultati campionato”, chiedi direttamente “Chi ha vinto l’ultimo campionato di calcio?” e l’IA te lo dice, punto e basta, senza farti navigare tra decine di pagine.

Questa è la prima grande differenza per te, utente medio: meno clic, più risposte immediate. L’IA non vuole che tu faccia il “detective del web”; vuole essere il tuo assistente personale che ti porta l’informazione già pronta.

Gemini

Google, che da anni è il re indiscusso della ricerca e ha tanta IA “nascosta” nei suoi servizi (per esempio, quando ti suggerisce la prossima parola da scrivere sul cellulare o quando le tue foto vengono automaticamente organizzate), ha capito subito che questa era una sfida enorme.

Così, anche Google si è mossa rapidamente, lanciando i suoi strumenti di IA come Gemini (che è la sua versione di ChatGPT) e integrandola direttamente nella ricerca, con funzioni che ti danno riassunti o risposte dirette ai tuoi quesiti, senza farti aprire mille schede.

Google: dall’intuizione del PageRank all’impero digitale

Per comprendere la portata di questa sfida, dobbiamo fare un passo indietro e ripercorrere l’incredibile ascesa di Google. La sua storia inizia nel 1998, in un garage californiano, dalle menti di due studenti di Stanford, Larry Page e Sergey Brin. Erano insoddisfatti dei motori di ricerca esistenti, che spesso presentavano risultati poco pertinenti. La loro brillante intuizione fu il “PageRank”, un algoritmo che valutava l’importanza di una pagina web non solo in base alle parole chiave, ma al numero e alla qualità dei “link” (collegamenti) che altre pagine autorevoli le dedicavano. Immaginate un sistema di voti: più voti qualificati riceveva una pagina, più era considerata importante e, quindi, più in alto appariva nei risultati di ricerca. Era un concetto rivoluzionario, che ha democratizzato l’accesso all’informazione sul web.

Da questa idea semplice ma potente, Google ha costruito un impero. Il loro motto, “Organizzare l’informazione mondiale e renderla universalmente accessibile e utile”, è diventato la loro missione.

Google premia ilSicilia.it

Presto, Google non fu più solo un motore di ricerca. Nel 2000, introdussero AdWords, un sistema pubblicitario che permetteva alle aziende di mostrare annunci pertinenti alle ricerche degli utenti. Questa fu la chiave della loro fortuna economica: Google aveva trovato un modo per monetizzare l’enorme quantità di dati che gestiva, offrendo pubblicità non invasiva e spesso utile. Seguirono rapidamente servizi come Gmail (2004), che con la sua generosa capacità di archiviazione cambiò per sempre la posta elettronica; Google Maps (2005), che ha rivoluzionato la navigazione e l’esplorazione del mondo; e l’acquisizione di YouTube (2006), che li proiettò nel mondo dei video online.

Ma le mosse più strategiche, quelle che ora definiscono il campo di battaglia, furono il lancio di Android (2007) e di Google Chrome (2008). Android divenne il sistema operativo mobile più diffuso al mondo, mettendo Google letteralmente nelle mani di miliardi di persone. Chrome, d’altra parte, si affermò come il browser dominante, apprezzato per velocità e semplicità, ma soprattutto per la sua profonda integrazione con tutti gli altri servizi Google. Controllare il browser significava controllare la porta d’accesso al web, influenzando non solo come si cerca, ma anche come si naviga, si interagisce e si consumano contenuti online. Questa posizione di forza, alimentata da una mole di dati ineguagliabile, sarebbe diventata il terreno fertile per l’evoluzione dell’intelligenza artificiale all’interno di Google.

 

L’IA silenziosa: Il motore “nascosto” di Google

 

L’intelligenza artificiale non è una novità per Google; al contrario, è il suo motore segreto, invisibile ai più, che ha alimentato la sua crescita fin dagli inizi. Le prime applicazioni dell’IA erano “silenziose” ma cruciali: algoritmi di apprendimento automatico (una parte dell’IA) per bloccare lo spam in Gmail, per migliorare la classifica dei risultati di ricerca, o per rendere più preciso il riconoscimento vocale quando dettavi qualcosa al telefono.

Un momento fondamentale fu l’acquisizione di DeepMind nel 2014, un’azienda britannica all’avanguardia nell’IA. Questa mossa segnalò l’intenzione di Google di investire pesantemente nella ricerca più profonda sull’IA, non solo nelle applicazioni pratiche. DeepMind, con i suoi successi come AlphaGo (il programma che sconfisse i campioni mondiali nel gioco del Go, considerato molto più complesso degli scacchi), dimostrò il potenziale quasi illimitato dell’IA. Contemporaneamente, Google sviluppò e poi rese disponibile gratuitamente (open-source) TensorFlow (2015), un “motore” per creare software di intelligenza artificiale, che divenne rapidamente uno standard mondiale, rendendo Google un leader indiscusso nello sviluppo dell’IA.

Sotto la guida di Sundar Pichai, CEO di Google, l’azienda ha apertamente dichiarato di essere diventata una realtà “AI-first”, cioè che l’IA è al centro di tutto quello che fanno. Questa filosofia si è tradotta nell’integrazione sempre più profonda e diffusa dell’IA in quasi ogni loro prodotto:

  • Ricerca: Algoritmi come RankBrain (2015), BERT (2019) e MUM (2021) hanno reso il motore di ricerca di Google incredibilmente bravo a capire non solo le parole che digiti, ma il vero “senso” della tua domanda. Se cerchi “come si cucina il risotto ai funghi senza glutine per quattro persone”, Google, grazie all’IA, non cerca solo le parole chiave, ma cerca di capire la tua intenzione e ti dà ricette specifiche, personalizzate, quasi come se avesse compreso a fondo la tua richiesta.
  • Android e Assistente Google: L’IA è il “cervello” dietro la personalizzazione del tuo smartphone Android, i suggerimenti intelligenti della tastiera, il riconoscimento facciale per sbloccare il telefono e, ovviamente, l’Assistente Google, che ti permette di parlare al tuo telefono, chiedere indicazioni, impostare promemoria e controllare i dispositivi intelligenti di casa.
  • Google Foto: L’intelligenza artificiale qui è una vera magia: organizza automaticamente le tue foto, riconosce volti, animali domestici, luoghi e oggetti, e ti permette di cercare foto con frasi come “cerca foto del mio gatto sul divano”.
  • Waymo (le auto a guida autonoma): Un progetto ambizioso che mostra come Google stia applicando l’IA a sfide incredibilmente complesse del mondo reale, puntando a rivoluzionare il trasporto.

L’IA ha reso i prodotti Google più “intelligenti”, più facili da usare e, soprattutto, quasi indispensabili, creando un ecosistema in cui gli utenti si sentono a proprio agio.

La maggior parte delle persone non si rendeva conto di quanta intelligenza artificiale ci fosse dietro ogni ricerca, ogni suggerimento, ogni foto ordinata automaticamente.

Questo dominio, silenzioso e potente, stava però per essere messo in discussione da un nuovo tipo di IA, molto più visibile e “chiacchierona”.

 

L’esplosione dell’IA generativa:  OpenAI e ChatGPT

Mentre Google consolidava la sua posizione con l’IA “nascosta” che ottimizzava i servizi, stava emergendo un nuovo ramo dell’intelligenza artificiale: l’IA generativa.

Questa IA è capace di creare cose nuove, che siano testi, immagini o musica. Un momento cruciale per questa evoluzione è stato un documento scientifico del 2017, scritto proprio da ricercatori di Google, che descriveva una nuova tecnologia chiamata “Transformer”. Questa è stata la base per tutti i “grandi modelli linguistici” (LLM) che oggi fanno tanto parlare di sé.

AI Generativa

È in questo scenario che entra in gioco OpenAI, un’organizzazione nata nel 2015 con l’idea di sviluppare l’IA per il bene di tutti. Inizialmente supportata da personaggi come Elon Musk, OpenAI ha rapidamente fatto passi da gigante nello sviluppo di modelli di IA sempre più potenti. I loro modelli GPT (Generative Pre-trained Transformer) hanno iniziato a mostrare capacità sorprendenti nel generare testi coerenti e creativi. DALL-E ha dimostrato di poter creare immagini fantastiche partendo da semplici descrizioni testuali.

Ma il vero “boom” è arrivato nel novembre 2022, con il lancio di ChatGPT. Non era solo un “robot che chiacchiera” un po’ meglio; era un modo incredibilmente facile per interagire con un modello linguistico avanzatissimo (GPT-3.5 e poi GPT-4). Milioni di persone, dall’oggi al domani, hanno potuto provare un’IA capace di scrivere saggi, programmare semplici codici, inventare poesie, riassumere articoli complessi e rispondere a domande in un modo che sembrava quasi umano. È stato un successo virale senza precedenti, che ha mostrato al mondo le capacità reali dell’IA generativa.

Il successo di ChatGPT ha acceso un segnale di allarme, un vero e proprio “codice rosso”, all’interno di Google. Per anni,

Google aveva sviluppato modelli di IA simili (come LaMDA), ma era stata molto cauta nel lanciarli al pubblico, preoccupata per la reputazione e i potenziali “errori” che un’IA aperta a tutti avrebbe potuto commettere. Il trionfo di ChatGPT, spinto anche dal gigantesco investimento di Microsoft (che ha integrato l’IA di OpenAI in prodotti come il motore di ricerca Bing e in Office con Copilot), ha costretto Google a un’accelerazione improvvisa.

In pochissimo tempo, Google ha lanciato Bard (poi diventato Gemini), il suo diretto concorrente a ChatGPT, e ha iniziato a inserire l’IA generativa direttamente nella sua Ricerca (con funzioni come “Search Generative Experience” o SGE), in Gmail, in Documenti e in altri servizi. La posta in gioco era altissima: la ricerca tradizionale, il cuore dell’enorme business di Google, era improvvisamente sotto attacco.

Se gli utenti potevano ottenere risposte dirette e riassunti da un “cervellone” AI, perché avrebbero dovuto cliccare su una lista di link?

 

La nuova frontiera: il Browser AI di OpenAI

Ed eccoci alla notizia più recente: OpenAI che decide di non limitarsi a fornire risposte, ma di voler controllare la porta stessa che usiamo per accedere al web, il browser. Questa mossa, a prima vista, potrebbe sembrare solo l’ennesimo programma da installare, ma è molto di più.

È una sfida diretta al dominio di Google Chrome, il browser più usato al mondo.

Ma perché OpenAI si spinge fino a creare un browser con IA? E cosa significa questo per la tua esperienza su internet? Immagina che il tuo browser non sia più solo una “finestra” sul web, ma diventi un vero e proprio cervello intelligente che ti accompagna mentre navighi.

 

 

  1. L’internet diventa il tuo assistente, non solo un archivio: Oggi, quando cerchi qualcosa, stai consultando un archivio. Con un browser AI, il web diventa il tuo assistente. Immagina di voler pianificare un viaggio: invece di aprire dieci schede per voli, hotel e recensioni, potresti dire al tuo browser: “Organizzami un weekend a Roma per due persone con un budget di X euro, voli e hotel inclusi, e suggeriscimi tre cose da fare”. L’IA potrebbe cercare, confrontare e presentarti un piano completo.
  2. Meno “lavoro” per te: Ricordi il fastidio di aprire link, cercare la parte giusta in una pagina lunghissima, copiare e incollare? Un browser AI promette di fare gran parte di questo lavoro per te. Se cerchi una ricetta, l’IA potrebbe non solo darti la ricetta completa, ma anche riassumere i commenti degli utenti, suggerire sostituzioni, o persino creare una lista della spesa per te.
  3. Conversare con il web: La navigazione non sarà più basata solo su clic e tasti, ma su un dialogo. Potresti chiedere al tuo browser di “spiegami questo termine tecnico sulla pagina che sto leggendo” o “fammi un riassunto di questo articolo in cinque punti”. L’IA diventa un compagno di navigazione che capisce le tue intenzioni in modo più naturale.
  4. Un web più “pulito” e mirato: Il browser AI potrebbe avere il potere di filtrare meglio le distrazioni, come le pubblicità eccessive o i contenuti non pertinenti, per darti un’esperienza più focalizzata e piacevole. L’obiettivo è farti arrivare all’informazione o al servizio che desideri nel modo più diretto e intelligente possibile.
  5. Controllo sui dati e sull’esperienza: Per OpenAI, avere un proprio browser significa anche avere il controllo diretto su come raccogliere e utilizzare i dati di navigazione, per migliorare continuamente i suoi modelli di IA e creare esperienze sempre più personalizzate e innovative, senza dipendere da altri giganti tecnologici.

Per Google, questa mossa è una minaccia su più fronti. Non solo la sua ricerca è sotto pressione, ma anche Chrome, la sua porta d’accesso al web. Google, ovviamente, non resterà a guardare: sta già integrando e continuerà a integrare l’IA generativa in Chrome (per esempio, con funzioni che riassumono pagine web o creano testi direttamente nel browser) e in tutti i suoi servizi. La battaglia non si combatte più solo su chi trova le risposte migliori, ma su chi offre l’esperienza di navigazione più fluida, intelligente e integrata.

La posta in gioco è altissima. Il lancio del browser AI di OpenAI segna l’inizio di una nuova era nella guerra del web. Non si tratta più solo di algoritmi di ricerca o di velocità di caricamento delle pagine. Si tratta di come l’intelligenza artificiale può ridefinire radicalmente l’intera tua esperienza su internet.

Sarai più a tuo agio con un browser che pensa per te e ti assiste in modo proattivo? Oppure preferirai il metodo più “tradizionale” e l’ecosistema consolidato di Google?

 

Non solo comodità ma anche tante domande: perderemo la capacità di esplorare?

 

Certo, ci sono anche delle domande. Se l’IA ci dà sempre la risposta “già pronta”, rischiamo di perdere la capacità di esplorare e di imbatterci in cose nuove per caso? E se l’IA sbaglia, o ci dà informazioni incomplete, come facciamo a verificarle, visto che non siamo abituati a controllare i link originali?

In sostanza, quello che sta succedendo non è solo l’arrivo di un nuovo programma, ma un vero e proprio cambio di passo nel modo in cui usiamo internet. Stiamo passando da un web dove “cercavamo” a un web dove l’intelligenza artificiale “trova e processa per noi”.

Il browser di OpenAI è l’ultima dimostrazione di questa tendenza, e costringerà Google e tutti gli altri a ripensare profondamente come ti fanno navigare.

Quindi, la prossima volta che apri il tuo browser, pensa a questo: la finestra che hai davanti sta per diventare molto, molto più intelligente.

Sarà un assistente, un riassuntore, un segretario personale, tutto in uno. Sarà sicuramente più comodo, ma cambierà anche un po’ il nostro modo di essere “esploratori” nel vasto mondo di internet.

Il futuro della navigazione web sarà senza dubbio più conversazionale, più personalizzato e profondamente intriso di intelligenza artificiale. Il tuo browser non sarà solo un programma per aprire pagine, ma un vero e proprio assistente AI, pronto a guidarti attraverso il vasto e sempre più complesso universo digitale.

Preparati, perché la tua prossima esperienza online potrebbe essere molto, molto più intelligente. Ma anche un salto nel futuro che stiamo appena iniziando a capire, aprendo porte su un universo inesplorato.

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