La telemedicina in Sicilia non nasce per inseguire una moda, ma perché le distanze rappresentano davvero un ostacolo. Le aree interne, le comunità montane, le isole minori sono pezzi di territorio dove raggiungere un ambulatorio può diventare un viaggio.

Ed è in questo contesto che l’assessorato regionale della Salute, guidato da Daniela Faraoni, con la supervisione del dirigente generale del dipartimento per la Pianificazione strategica Salvatore Iacolino, ha avviato il percorso di attuazione della Piattaforma regionale di telemedicina prevista dal PNRR, formalizzato con la stipula del contratto applicativo del 12 ottobre 2024.
La gestione operativa della telemedicina è affidata a due figure chiave: Massimiliano Maisano, referente unico regionale del PNRR, e Federico Ferro, responsabile unico del procedimento e interfaccia tecnico-organizzativa con le Aziende sanitarie e Agenas. Entrambi controllano, insieme al loro team, procedure, gare, piattaforme, privacy e scadenze.
L’avvio
Maisano racconta che tutto è partito con un ritardo significativo. La gara nazionale, prevista in otto mesi, si è trascinata per quasi due anni. In mezzo, il passaggio obbligato con il Garante per la privacy che ha imposto regole stringenti e procedure molto complesse per un sistema pubblico già appesantito. La gestione dei dati sanitari richiede, infatti, garanzie elevate, ma adattare tutto alle richieste normative non è stato semplice. Per un periodo il rischio di rallentare l’innovazione è stato reale, e l’equilibrio è ancora oggi sul filo del rasoio, anche per le costanti modifiche normative, molte delle quali arrivano direttamente da Bruxelles.
Nonostante questo, Ferro ha precisato che la Sicilia è stata la prima regione a firmare il contratto per la piattaforma. La programmazione territoriale era pronta, i piani di assegnazione pure. Agenas ha riconosciuto l’impostazione. A permetterlo è stata una governance stabile, che ha consentito alla Regione di accelerare su una partita complessa e trasformare un avvio difficile in un percorso oggi molto più strutturato. Il progetto pesa oggi circa 38,4 milioni di euro di finanziamento PNRR, destinati allo sviluppo della piattaforma nazionale e delle piattaforme regionali. A questi si aggiunge una seconda linea di investimento, dedicata alle integrazioni con i sistemi già presenti nelle Aziende sanitarie e ai dispositivi indossabili per il telemonitoraggio, come, ad esempio, quelli messi a disposizione per i pazienti con diabete di tipo 2.
Primi servizi attivi
Il sistema sta consolidando attività già avviate negli anni scorsi e ne sta attivando di nuove in diversi territori. A Catania, ad esempio, è attivo un progetto pilota per gli anziani fragili, con sensori che trasmettono i parametri alle equipe territoriali. A Siracusa la teleassistenza viene usata nella gestione dei cronici, in collaborazione con i medici di famiglia e le continuità assistenziali. Nel comprensorio di Agrigento è partita la sperimentazione dedicata ai grandi anziani, in linea con quella nazionale prevista dal decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale. In undici comuni sono pienamente operative televisite integrate con il sistema regionale, mentre le Aziende formano il personale per il monitoraggio domiciliare.
È qui che la telemedicina mostra il suo valore, perché non sostituisce la medicina, ma la estende. Un ECG fatto a Ginostra può essere letto in tempo reale da un cardiologo a Messina. Un paziente fragile delle Madonie può essere seguito da casa per saturazione, battito, glicemia o qualità del sonno. Le guardie mediche e le farmacie diventano punti di accesso. Le televisite viaggiano su piattaforme criptate e il teleconsulto permette ai professionisti di affrontare insieme i casi complessi.
Il nodo del territorio
Maisano lo dice senza giri di parole: “La rete territoriale siciliana non può essere costruita con gli stessi parametri del resto d’Italia”. Una casa di comunità ogni 40 mila abitanti, infatti, non basta perché le distanze non sono lineari, i collegamenti sono lenti, e raggiungere un servizio può significare ore di viaggio. Per questo la Regione ha scelto di superare gli standard del DM 77, costruendo di più con le stesse risorse. Il PNRR ne finanziava 146, ma se ne stanno realizzando 152. Gli ospedali di comunità dovevano essere 39, e diventeranno 43. Sono strutture pensate soprattutto per le aree più fragili: Madonie, Nebrodi, zone interne, Eolie, Egadi, Pantelleria.
Anche sul piano economico la narrazione dominante non regge. Quando la media nazionale della spesa PNRR Salute era al 31%, la Sicilia viaggiava al 37%. Una differenza tutt’altro che simbolica: “Parliamo di milioni di euro spesi davvero. E mentre in alcune Regioni è bastato sostituire la targhetta “Casa della Salute” con “Casa di Comunità” per accedere ai finanziamenti, in Sicilia si stanno riqualificando edifici veri, spesso fatiscenti, donati dai Comuni o recuperati dal patrimonio delle Asp. Un lavoro sostanziale, non un maquillage”.
Privacy, tecnologie e AI
Sul piano nazionale, il decreto che avvia la sperimentazione del telemonitoraggio per gli anziani cronici 18 mesi, tre macroaree, almeno 50 mila utenti, 150 milioni di euro, è il primo stress test reale. La Sicilia è nell’area pilota del Sud.
L’infrastruttura tecnologica è già avanzata. Oltre alle televisite e ai telemonitoraggi domiciliari, ci sono sensori indossabili che dialogano con smartphone e tablet, dispositivi portatili per ECG, piattaforme che monitorano parametri vitali in continuo, software che permettono ai medici di condividere diagnosi e piani terapeutici in tempo reale. Sistemi che generano alert quando un parametro supera una soglia. Non tutto è attivo ovunque, ma la base tecnica è solida.
Resta il grande blocco culturale e normativo della privacy. Il GDPR nasce in un contesto anglosassone, spiega Maisano, dove la sanità privata ha un peso strutturale e l’uso dei dati segue logiche diverse. Portare quel modello dentro la sanità pubblica italiana significa imporre controlli e procedure pensati per organizzazioni private a strutture pubbliche già sovraccariche. Maisano lo sintetizza con una battuta amara: “A un certo punto è sembrato di dover scegliere se morire di privacy o bloccare l’innovazione”. Ma anche precisato che: “La soluzione sta nel mezzo, arriverà solo con indicazioni chiare del Garante e procedure interne più semplici. Noi andiamo avanti”.
In tutto questo anche l’intelligenza artificiale avanza senza strappi per supportare e non sostituisce, segnalando anomalie, proponendo ipotesi, aiutando nei contesti più complessi.
Il banco di prova
Arriverà quando la rete ospedaliera aggiornata dialogherà senza attriti con quella territoriale, i wearable invieranno dati continui, il Garante definirà confini chiari e tutti gli attori coinvolti, dai medici di famiglia agli specialisti, dagli infermieri di comunità ai farmacisti, fino ai tecnici informatici e agli amministratori, lavoreranno finalmente dentro lo stesso schema.

Al centro di questa trasformazione c’è il Fascicolo Sanitario Elettronico. L’assessore Faraoni lo definisce: “Uno strumento chiave nel percorso di digitalizzazione della Sanità siciliana, perché consente di migliorare l’accessibilità, la continuità e la qualità delle cure, favorendo una presa in carico personalizzata e tempestiva del cittadino”.
La Regione ha avviato un piano formativo rivolto a migliaia di operatori proprio per evitare che il Fse resti un archivio statico e per renderlo parte integrante del processo clinico quotidiano.
L’obiettivo è arrivare entro il 2026 a un ecosistema dei dati sanitari davvero integrato, in cui documenti, sensori, piattaforme territoriali e reti ospedaliere parlino lo stesso linguaggio. Solo allora sarà chiaro se la telemedicina in Sicilia diventerà un servizio quotidiano o resterà una grande infrastruttura potenziale, ancora in cerca del suo equilibrio.




