Abbiamo guadagnato un altro giro di lancette e siamo pronti a far fuori con parca moderazione la riserva di “buonismo” collezionata, centellinandocela con grande attenzione, senza sciuparne neppure un goccio.
E così oggi la Sicilia delle speranze dopate e delle disillusioni annunciate si mette a tavola sotto l’albero e si riposa. Cede il passo all’Isola dei festosi, niente diete “social” e brindisi forzati, oggi è il giorno che si deve essere buoni tutti insieme.
Niente rancori, stop ai livori, specie a quelli della politica che qualche fibrillazione in più la generano come ai semafori, quando si passa dall’arancione al rosso e tutti accelerano per partire prima e magari è sera e transita un raduno di motociclisti vestiti da Babbo Natale; in cantina si prende una bottiglia di vino, di quello buono e finiscono lì anche ansie e nevrosi, posteggiate quel che basta per assicurarsi un saporito ruttino di felicità tra un pranzo e un cenone.
Peccato per i depressi cronici e per quelli che vogliono che il circo delle festività sbaracchi in fretta; pensate, neanche i tamponi del Covid sono quelli di una volta, ma in compenso il farmacista se sei negativo ti guarda malissimo. Altro giro altra corsa, dunque.
E pazienza se in una città anche un poco meno “sudamericana” di quella che è diventata la nostra tra stupro di Palermo e Malamovida in passato sarebbero saltate teste in serie: non si può avere tutto.
Il perfezionismo, si sa, presenta da sempre angolature spigolose. L’ottimo ovunque è nemico del buono da noi, in più, è controindicato.
Per intenderci, dobbiamo mantenere il dovere morale dell’ottimismo sociale, lo dobbiamo ai millenials storditi che si chiedono come potranno diventare una risorsa per questa terra, interrogandosi su espressioni ormai a tempo, se non fuori dallo stesso, come ascensore sociale e opportunità di sistema, ma bisogna fare caso a depurare ogni cosa dall’enfasi pallonara con cui ci raccontiamo la vita o, peggio, ce la facciamo spiegare.
Eppure, serve molta attenzione dalle parti dei nati dopo il 2000: niente vittimismo di maniera, basta solo farsi piacere questa Sicilia così com’è con i suoi tanti difetti e i suoi pregi solari, ma, soprattutto, non fatevi dire ciò che vi piace da gentuzza come la Ferragnetta.
Anzi direi ancora meglio: “influencer e buoi dei paesi tuoi” con un pizzico di tendenza glocal retrò.
Noi a Palermo abbiamo avuto il migliore di tutti: se n’è andato in punta di piedi come aveva vissuto, il 12 gennaio, Fratel Biagio che magari se la sarebbe chiamata a Chiara Del Pandoro per spiegarle un poco meglio le parabole del vangelo che lei conosce poche e ben confuse.
Ci manca Biagio Conte, è stato un riferimento vero in un mondo di plastica in cui viviamo tutti i giorni. Speriamo riesca a influenzare da lassù il nostro dna scarseggiante di carità e misericordia.
Buon Natale a tutti voi e buona vita!