Sono 212.000 le prestazioni arretrate di cui 182.000 tra visite ed esami specialistici e 29.734 i ricoveri programmati mai eseguiti. Sono questi i numeri che inchiodano la Sanità siciliana a una realtà che ha smesso da tempo di sorprendere ma non per questo meno allarmante. Migliaia di pazienti in attesa, altri che rinunciano a curarsi e centinaia di milioni di euro che prendono il volo verso altre regioni. Ma finalmente, l’Assessorato regionale della Salute, con un lavoro silenzioso, ostinato e tecnicamente puntuale, sta provando a rimettere insieme i cocci di un sistema in affanno.
In questo tentativo di ricostruzione, la riorganizzazione delle liste d’attesa ha previsto l’introduzione del RUAS, il Responsabile Unico Regionale dell’Assistenza Sanitaria, una nuova figura di coordinamento, incardinata nel Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico (DASOE), guidato da Giacomo Scalzo, chiamato a garantire una visione unitaria e una regia più efficace.
“Il presidente Schifani è stato chiaro fin dal primo momento: “ha la responsabilità di risolvere questo problema”. E io sento tutto il peso di questa sfida. Quando ho accettato l’incarico, a febbraio 2025, il RUAS era poco più di un nome su un decreto, senza fondi, nessuna struttura, nessun team. Solo idee. Ma con un obiettivo chiarissimo: scardinare le inefficienze e rimettere il diritto alla cura al centro della macchina regionale”, racconta Scalzo.
Il flusso
Il primo segnale di questo cambio di passo arriva dai numeri.
“La Sicilia è oggi tra le poche Regioni che, da gennaio 2025, trasmette con regolarità i flussi informativi sulle liste d’attesa al sistema AGENAS. Un dato tecnico? Sì, ma cruciale – rimarca Scalzo –. Siamo passati da 60.000 a oltre 140.000 prestazioni trasmesse in formato strutturato, provenienti da diversi canali di prenotazione. La qualità dei dati è salita dal 60% al 90%. Avere dati buoni è la sola base per costruire strategie concrete”.
Ogni mese, il DASOE riceve dal sistema di monitoraggio nazionale l’elenco delle “prestazioni scartate” per errori nei dati: mancano codici, ci sono incongruenze, anagrafi sbagliate. Le Aziende sanitarie ricevono correzioni, indicazioni e formazione. Un lavoro certosino, ma essenziale per superare la stagione dell’autodichiarazione e approdare a un sistema trasparente, confrontabile, governabile.
Le difficoltà
E proprio da questo lavoro di pulizia sono emerse criticità che rasentano l’assurdo. Donne mandate in chirurgia pediatrica, uomini prenotati in ginecologia. Pazienti cronici costretti a rincorrere appuntamenti tra ambulatori e ospedali, senza una regia unica.
Questo perché: “I software CUP sono stati progettati da informatici che non hanno parlato coi medici. I bug non sono solo tecnici, sono culturali. Per esempio: in alcuni casi le agende non distinguono sesso o età, oppure vengono rese invisibili al SovraCUP. Il sistema è cieco se le agende restano nascoste”.
Le stesse software house, spesso diverse da un’Azienda sanitaria all’altra, non hanno aggiornato i codici delle prestazioni in base ai nuovi LEA. In alcune agende non appare il nome previsto dalle specifiche ministeriali. Risultato: il sistema non mostra le corrette disponibilità e il paziente resta in attesa.
Le direttive operative e l’attacco ai bug nascosti
“Nei primi sei mesi del 2025 abbiamo emanato tre direttive operative: una per correggere le agende separate tra pazienti pediatrici e adulti, una per integrare nel sistema le strutture private accreditate e una per allineare i dati ai tracciati di AGENAS – spiega Scalzo –. Dal 1° luglio 2025, il Sistema Sovraregionale di Prenotazione (SovraCUP) è diventato l’unico strumento ufficiale di monitoraggio delle liste d’attesa. Stiamo lavorando per consolidarlo e renderlo il fulcro di ogni analisi”.
“Nel frattempo abbiamo ridotto del 30% le incongruenze anagrafiche; stiamo predisponendo le agende dedicate ai Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) per i pazienti cronici, che in Sicilia sono oltre 1,2 milioni; stiamo integrando i dati dei CUP con quelli del cosiddetto flusso C, relativo alle prestazioni di laboratorio; e stiamo correggendo le difformità tra le attività rese in regime istituzionale e quelle in Attività Libero-Professionale Intramoenia (ALPI)”, aggiunge.
“Ma ciò che conta davvero è che il DASOE ha iniziato a guardare dentro le singole Aziende sanitarie – sottolinea –. Abbiamo alzato il coperchio. Nessuno può più nascondere niente. Stiamo analizzando domanda e offerta, reparto per reparto, per riequilibrare le risorse. Ci sono strutture sottoutilizzate e altre sovraccariche. Questo squilibrio è la madre di tutte le liste d’attesa. Se un reparto viene oscurato nel CUP, il paziente si sposta altrove. Se un privato convenzionato prende il posto del pubblico, c’è qualcosa da chiarire. Noi vogliamo capire chi va via, da dove e perché. E, soprattutto, fermare chi decide di non curarsi per disperazione”.
Ricordiamo che, secondo contratto, i direttori generali hanno l’obbligo di presentare e attuare piani annuali per abbattere le liste d’attesa. In caso contrario, scatta la decadenza automatica. Gli obiettivi minimi prevedono il recupero entro l’anno di almeno l’80% delle prestazioni ambulatoriali e del 70% dei ricoveri chirurgici programmati rilevati.
La presa in carico come svolta culturale
Alla base del nuovo modello organizzativo c’è anche un cambio di mentalità nel trattamento dei pazienti cronici. Finora i Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) venivano spesso “spacchettati”, obbligando l’utente a prenotare ogni singola prestazione. Ora si punta invece a una presa in carico unitaria, programmata e coordinata, sotto la responsabilità del medico o dell’Azienda sanitaria.
Si lavora allo sviluppo di un sistema in grado di garantire la corretta presa in carico dei pazienti cronici affetti da più patologie, all’interno di PDTA specifici e strutturati, affinché il percorso assistenziale sia completo, continuo e guidato. Gli accessi alle prestazioni vengono programmati e prenotati in anticipo, sottraendo il paziente alla necessità di rivolgersi ogni volta al CUP per visite specialistiche, accertamenti o controlli.
“Chi ha più patologie non può perdere tempo a bussare a cento porte. La Sanità pubblica deve farsi carico delle sue fragilità– precisa –. Perché un paziente non è un codice, ma una persona. Se lo trattiamo da numero, è normale che si rivolga al privato o rinunci”.
Le intuizioni strategiche dell’assessore Faraoni
Tra le leve che stanno rendendo possibile la riorganizzazione del sistema, Giacomo Scalzo riconosce con chiarezza il ruolo dell’assessore regionale della Salute Daniela Faraoni. Visione, pianificazione e una lettura sistemica dei problemi emergono come elementi chiave della sua azione.
“L’ottimo lavoro, l’ottima intuizione dell’assessore – evidenzia – è stata chiedere al governo regionale un fondo straordinario da 60 milioni di euro per affrontare l’emergenza liste d’attesa. Più altri contributi per potenziare la parte informatica. Questi fondi non sono miei, andranno direttamente alle Aziende sanitarie, che poi potranno usarli anche per rafforzare la struttura RUAS. Io, formalmente, resto ancora senza fondi e senza personale. Ma è una direzione giusta”.
A questa mossa, si affianca una seconda scelta strategica che riguarda il modello organizzativo differenziato per intensità di cura. Un criterio che prevede di destinare le prestazioni più complesse agli ospedali di secondo livello, quelle di media intensità ai presidi di primo livello e le più semplici al territorio e alla medicina di base.
“Un altro elemento importante – precisa – è la volontà dell’assessore di costruire percorsi di erogazione tarati sulla complessità clinica della richiesta. Le prestazioni ad alta complessità devono andare nei grandi ospedali, quelle intermedie ai presidi territoriali più strutturati, quelle semplici al territorio. È un approccio intelligente, che aiuta a ridurre i colli di bottiglia”.
Oltre le promesse
“Non vendiamo illusioni ma possiamo garantire che stiamo lavorando senza sconti. Il prossimo ciclo di verifica si chiude a settembre e a dicembre faremo il punto. Non ci sarà spazio per trionfalismi e se ci sarà da correggere il tiro lo faremo. I siciliani meritano risposte concrete, non parole, perché la posta in gioco non è politica ma umana. Dobbiamo restituire dignità al diritto alla cura senza distinzioni di reddito o di residenza – ribadisce -.Come RUAS ancora oggi operiamo senza finanziamenti e senza personale e lancio un appello, al personale regionale, delle Aziende sanitarie e a tutti quelli che hanno a cuore questa battaglia. C’è spazio per chi vuole mettersi in gioco. Abbattere le liste d’attesa non è solo una priorità sanitaria ma una responsabilità etica verso chi non può più aspettare – conclude -. Ma per farlo serve uno scatto collettivo perché se questa sfida la perdiamo non sarà solo il sistema a fallire ma ogni cittadino che ha già rinunciato a curarsi“.