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Lo scenario

Longevità in Sicilia tra dati, scienza e storie di ultracentenari: dal divario Nord-Sud alle nuove “Blue Zone” dei Monti Sicani

sabato 11 Ottobre 2025

In Italia si continua a vivere sempre più a lungo. Secondo i dati Istat del 2024, la speranza di vita alla nascita ha raggiunto gli 83,4 anni: 81,4 per gli uomini e 85,5 per le donne. Un record storico, che segna la ripresa dopo gli anni difficili della pandemia. Ma dietro la media nazionale si nasconde una mappa diseguale, con il Nord e il Centro in vantaggio e il Sud, Sicilia compresa, che arranca.

Sicilia sotto la media nazionale e l’impatto della pandemia

In Sicilia, il miglioramento della speranza di vita negli ultimi vent’anni non è mancato, ma si è rivelato più lento rispetto al resto del Paese. Secondo le serie storiche di Istat, per gli uomini l’incremento medio annuo è stato di circa 1,2 mesi che nell’arco di due decenni si traduce in un guadagno complessivo di 2–2,5 anni. Un progresso reale, ma sensibilmente inferiore a quello registrato in regioni come il Trentino-Alto Adige, dove la crescita ha toccato i 2,5 mesi all’anno, quasi il doppio rispetto all’Isola.

È proprio da qui che nasce il divario: mentre in Trentino e in Alto Adige la speranza di vita alla nascita ha raggiunto valori prossimi agli 85 anni, in Sicilia resta ferma poco sopra gli 82, e la forbice rischia di allargarsi ulteriormente se i ritmi di crescita non si uniformano.

Su questo scenario si è abbattuta la pandemia, che ha avuto un impatto significativo anche in Sicilia. Nel 2020 la speranza di vita in Italia è crollata da circa 83,2 a 82,1 anni, una perdita di oltre un anno. Nel 2021 si è registrato un primo, timido recupero (+4-6 mesi), ma senza un ritorno ai livelli pre-Covid. Solo tra il 2023 e il 2024 l’aspettativa di vita ha superato i valori del 2019, con una ripresa graduale e più lenta nelle regioni meridionali.

Province a confronto

Se confrontata con la media nazionale, la Sicilia rimane indietro, ma all’interno dell’Isola emergono differenze significative che disegnano un quadro a due velocità. Secondo i dati più recenti di Istat, nel 2023 la provincia di Ragusa si conferma la più longeva, con una speranza di vita attorno agli 82,5 anni, praticamente in linea con la media italiana. All’estremo opposto si colloca Enna, che con circa 81,4 anni rappresenta la provincia più penalizzata.

Le altre province si collocano in una fascia intermedia. A Catania, ad esempio, nel 2022 la speranza di vita era pari a 79,5 anni per gli uomini e 83,4 per le donne, valori analoghi a quelli di Agrigento. Caltanissetta, particolarmente colpita durante la pandemia, ha mostrato un lieve recupero, guadagnando circa 0,6 anni rispetto al 2019, segnale di una ripresa più evidente rispetto ad altri territori.

Il quadro complessivo resta comunque chiaro: nessuna provincia siciliana riesce ad avvicinare le punte nazionali del Nord Italia. In Trentino e Alto Adige, nel 2024, la speranza di vita si è attestata attorno agli 84,6-84,7 anni, quasi due anni e mezzo in più rispetto ai livelli medi dell’Isola. Una distanza netta e strutturale.

I limiti della vita umana

Ma fino a quanto si può vivere? La domanda affascina scienziati e demografi da secoli. Secondo una ricerca condotta dall’Università di Washington e pubblicata su Demographic Research, l’attuale record mondiale di longevità – i 122 anni della francese Jeanne Calment – potrebbe essere superato entro il 2100.

I modelli statistici stimano una probabilità del 99% che almeno una persona arrivi a 124 anni, e una del 68% che si tocchino i 127. Non è escluso che qualcuno possa vivere fino a 130 anni, anche se le probabilità si abbassano al 13%.

La longevità resta però una questione di genere: in Italia le donne vivono in media sei anni più degli uomini. Il divario è massimo al Nord-Est (oltre 6,2 anni) e minimo in Sicilia, dove si ferma a 5,3 anni.

Le “Blue Zone” siciliane

Oltre ai numeri, ci sono i luoghi e le comunità che sembrano custodire un elisir di lunga vita. Tra i Monti Sicani, a Caltabellotta (Agrigento), vivere oltre i 90 anni non è un’eccezione ma quasi una regola. Uno studio pubblicato su Preprints.org ha identificato quest’area come potenziale “Blue Zone” emergente, al pari della Sardegna, di Okinawa o di Ikaria. I dati parlano chiaro: la percentuale di residenti nati tra il 1900 e il 1924 che ha raggiunto i 90 anni è passata dal 3,6% al 14%, con un abitante su 171 arrivato ai 100 anni. Il rapporto 90+/60+ del 2025 è pari all’8,6%, oltre il doppio della media regionale.

Le ragioni? Una combinazione di dieta mediterranea tradizionale, lavoro agricolo, legami familiari forti, poco inquinamento e ritmi scanditi dalle stagioni. Non è l’unico caso. Le Madonie, in provincia di Palermo, registrano tre volte più centenari rispetto alla media italiana. A Geraci Siculo, in una sola settimana del 2022, sono state festeggiate tre ultracentenarie. Studi dell’Università di Palermo hanno confermato che il DNA da solo non basta: aria pulita, relazioni sociali e alimenti genuini fanno la differenza.

Le sfide per il futuro

Dietro questi numeri si nascondono le grandi sfide della salute pubblica siciliana. L’accesso ai servizi sanitari è ancora troppo diseguale, con ospedali e strutture che non riescono sempre a rispondere ai bisogni delle comunità locali. La prevenzione fatica a decollare, e anche gli stili di vita, dall’alimentazione ai livelli di attività fisica, restano ancora oggi  fattori determinanti. Non va poi dimenticato il ruolo dell’ambiente. Inquinamento, ondate di calore, qualità dell’aria (CLICCA QUI) e dell’acqua incidono in maniera diretta sulla durata e sulla qualità della vita. La Sicilia, terra di ultracentenari e tradizioni alimentari legate alla dieta mediterranea, non riesce dunque purtroppo a trasformare questi punti di forza in un vantaggio pieno sulla longevità.

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