Ormai da oltre vent’anni l’undici settembre non è più solo l’anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle a New York e neanche la celebrazione dell’attimo che passava nella controra pomeridiana italiana in cui tutti eravamo impegnati a fare qualcos’altro, da fissare poi in maniera imperitura nella memoria, prima che la televisione in uno dei suoi assist più famosi di sempre ci richiamasse all’obbligo della testimonianza della storia che ha cambiato, almeno in parte, le nostre vite.
Oggi questa ricorrenza è sempre più il tributo all’Ignoto, l’angoscia che non conosce forma, ma elargisce ugualmente la sua suggestione, è il futuro eventuale denso di incertezza che caratterizza anche molto delle giornate dei siciliani. Molti di loro di seconda o terza generazione di emigrati, nel 2001 hanno vissuto sulla loro pelle la paura che affiorava non solo in quelle ore, ma interamente in un clima in cui molte delle certezze che avevano segnato un’epoca erano messe in discussione.
Oggi con i dati dello spopolamento della Sicilia, che secondo i report antecedenti alla pandemia sfiorano quasi il milione di persone, molte delle quelli concentrate tra continente europeo e Stati Uniti, la battaglia per la sicurezza, scaturita dalla giornata che oggi andiamo a ricordare è solamente l’ultimo tassello di una mosaico di conseguenze che hanno segnato questo lungo arco temporale.
Al termine della lunga e complessa estate, a base di truci notizie, come lo stupro di Palermo e gli incendi di metà luglio, con lo stop all’aeroporto di Catania che ha reso complicata la stagione turistica e i femminicidi, orribili che arrivano con puntualità intermittente, l’anniversario delle Torri Gemelle e delle quasi tremila vittime, oltre alle 25mila colpite da asma, tumori e malattie a carico dell’apparato nervoso o respiratorio, come recentemente alcune testimonianze hanno confermato, suggella il dovere della memoria, nell’auspicio che barbarie e follia possano segnare il passo, dando al mondo la serenità che merita.