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Associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi clandestine e ricettazione, questi ultimi reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Alle prime ore di stamattina, in varie località in provincia di Palermo, i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 9 provvedimenti cautelari in carcere, emessi dall’ufficio G.I.P. presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia.
L’indagine, iniziata dai Carabinieri nel gennaio 2020 è stata seguita da un pool di magistrati coordinati dal Procuratore Aggiunto, Paolo Guido, avrebbe consentito di comprovare l’operatività dell’articolazione mafiosa, organicamente inserita nel mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno che, nell’ultimo triennio è stato teatro dei più eclatanti fatti di sangue dell’intera provincia di Palermo.
Tra questi, l’0micidio il 10.1.2019, di Vincenzo Greco, trovato cadavere, all’interno della propria autovettura, raggiunto da numerosi colpi di arma da fuoco. Stessa sorte anche per Antonio Di Liberto, assassinato l’8.5.2019. Nel dicembre dello stesso anno, Giuseppe Benigno, mentre guidava la sua autovettura, veniva affiancato da due soggetti a bordo di uno scooter che gli sparavano contro 9 colpi d’arma da fuoco. Riuscì a fuggire raggiungendo il pronto soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo e infine, il 28.2.2020, veniva ucciso Agostino Alessandro Migliore, fratello di Giovanni Migliore, ritenuto ‘uomo d’onore’ della famiglia di Belmonte Mezzagno e allo stato detenuto. L’uomo, dopo essere uscito di casa, veniva fatto segno di colpi d’arma da fuoco (12 colpi cal. 7, 65) mentre metteva in moto la propria autovettura.
Sempre secondo l’ordinanza cautelare, sussistono gravi indizi, che dovranno successivamente essere confermati dagli ulteriori passaggi processuali, per affermare:
– l’operatività e lo stretto controllo sul territorio esercitato della decina, ritenuta la più potente e pericolosa della famiglia di Belmonte Mezzagno, dalla quale emergerebbe la figura di Agostino Giocondo. Questi, per il quale emergono gravi indizi sulla sua appartenenza al citato sodalizio, avrebbe coordinato l’attività nei settori tipici di controllo di Cosa Nostra, curando il mantenimento dell’ordine pubblico sul territorio e adoperandosi – in modo paritetico ad altri sodali oggi arrestati – per la risoluzione di svariate controversie tra privati, in alternativa allo Stato. In particolare, risulterebbe essersi attivato per il sostentamento dei detenuti della famiglia di Belmonte Mezzagno e per la restituzione della refurtiva asportata ad un commerciante, organico alla famiglia mafiosa e anch’egli arrestato, con il quale, sfruttando la forza di intimidazione promanante dalla loro appartenenza a Cosa Nostra, avrebbe influenzato la libertà di iniziativa economica locale, limitando la possibilità di esercizio ad aziende concorrenti;
– la piena ed attuale disponibilità di armi da parte della famiglia di Belmonte Mezzagno, delle quali solo due sono state rinvenute: un fucile da caccia marca Winchester cal. 12 con matricola parzialmente punzonata e un revolver cal. 38 special Smith & Wesson con matricola abrasa. La pistola, provento di una vecchia rapina, è stata sequestrata nel corso di un tentativo, messo in atto dai sodali, di venderla a soggetti palermitani, permettendo così di configurare agli odierni arrestati, oltre che la ricettazione, anche l’aggravante di cui al comma 5 dell’art. 416 bis. In particolare sarebbe attribuibile, sulla base delle risultanze sino ad ora acquisite, ad Agostino Giocondo il ruolo di presunto custode dell’arsenale della famiglia di Belmonte, poiché questi risulterebbe coinvolto in ciascuna delle vicende riguardanti le armi della consorteria.