Il Governo sta lavorando sulla revisione della medicina territoriale. Il Covid ha evidenziato diverse criticità del Sistema sanitario nazionale, in primis la sfera dell’emergenza urgenza, ma le richieste fatte ai medici sono sempre più del dovuto, questa volta puntando sui medici di famiglia.
Il ministro Orazio Schillaci, in Commissione Affari sociali della Camera per il seguito dell’audizione sulla situazione della medicina dell’emergenza-urgenza e dei pronto soccorso in Italia, ha nuovamente tirato in ballo le case della comunità e il ruolo dei medici di medicina generale.
La richiesta
“Dobbiamo rivedere bene il contributo dei medici di base e quello che fanno, sono il baluardo dei cittadini rispetto alle richieste di salute. Devono dare un contributo orario nel Ssn e va fatto nelle strutture deputate alla medicina territoriale. Non faccio battaglie sul contratto della medicina genera ma pretendo che lavorino un certo numero di ore e assicurino la presenza nelle case di comunità“.
Questo perché “i pronto soccorso– ha rimarcato il Ministro – sono la punta dell’iceberg del malessere della sanità pubblica, il biglietto da visita che l’ospedale offre ai cittadini e un luogo simbolico. Danno anche l’idea di quanto funzioni la sanità, quindi, è chiaro che sul pronto soccorso bisogna mettere grande attenzione e non possiamo pensare di cambiare in meglio l’offerta della medicina d’emergenza se non guardiamo 360 gradi l’organizzazione della sanità. Al pronto soccorso arrivano troppe persone che avrebbe bisogno di cure che possono essere tranquillamente erogate in altre strutture. Da un anno abbiamo avviato tavoli di lavoro per rivede il Dm 70 e il Dm 77, stiamo tirando le conclusioni e faremo delle proposte”.
Schillaci tira in ballo anche Decreto bollette che dà la possibilità di avere “100 euro lordi l’ora in più per i medici che lavorano in pronto soccorso “.
I medici di medicina generale non ci stanno.
“Il problema non è il territorio“, spiega Giovanni Merlino, vicepresidente dell’Ordine dei medici di Palermo e medico di medicina generale.
“La richiesta è fatta da uno che non conosce il territorio. La questione è più articolata. Il paziente va in pronto soccorso perché eroga servizi che non possono essere altrimenti fruiti dall’affluenza. Il pronto soccorso non è intasato perché i medici di base non fanno il loro lavoro, ma perché a monte c’è un problema. La carenza di posti letto e del personale, tagliati prima del Covid, e che ancora oggi mancano. I pazienti si recano al Ps; quelli che dovrebbero essere ricoverati rimangono nelle barelle perché non ci sono posti nei reparti e tutto si blocca. Il pronto soccorso diventa un imbuto. Le ambulanze stanno fuori in coda perché i pazienti non possono essere presi in carico dalla struttura”.
“Le case della salute sono un modello che deve essere perseguito – conclude –, ma soltanto in una cornice di reinvestimento globale sul territorio La salute non è una merce anche se ha dei costi”.