La domanda sorge spontanea… Ma non stava per morire? Evidentemente no, se oggi Totò Riina si è collegato in videoconferenza dal carcere di Parma con la corte d’assise d’appello di Firenze, dove si è aperta l’udienza per il processo per la strage del treno 904.
Il boss, che ha seguito l’udienza disteso su una barella, è imputato come mandante della strage che il 23 dicembre 1984 causò 16 morti e 260 feriti sul convoglio Napoli-Milano. Fin qui la cronaca, ma l’interrogativo è fin troppo evidente. Se il capomafia può seguire un processo in videoconferenza (sia pure in barella), allora vuol dire che è capace di intendere e di volere? E dunque, le sue condizioni di salute, ancorché precarie, gli consentono comunque di poter assistere alle udienze? Evidentemente sì, altrimenti non si spiegherebbe la sua presenza.
Altra domanda nasce. Se così è, allora che bisogno c’è di rispedirlo a casa? A questo punto, può restare detenuto a Parma, dove nell’infermeria del carcere può ricevere tutte le cure di cui ha bisogno. E questo non vorrebbe dire certo accanirsi contro un povero vecchio moribondo, ma garantire semmai che la giustizia continui a fare il proprio corso.
In aula – sempre per la cronaca – erano presenti anche alcuni dei feriti della strage e la presidente dell’Associazione vittime del rapido 904.