Il no al Ponte diventato mistificazione del finto progresso di Sicilia e Calabria. E’ questa la posizione emersa nel corso dell’incontro organizzato dalla segreteria regionale del Pd e dalla Federazione Pd di Messina, coordinato da Armando Hyerace e alla presenza del segretario regionale dem Anthony Barbagallo.
La polarizzazione dell’infinito dibattito sul Ponte ha di fatto bloccato lo sviluppo delle due regioni, è quanto emerso dall’incontro di ieri pomeriggio che si è concluso dall’approvazione di un documento proposto dal circolo Pd della IV municipalità e condiviso da consiglieri circoscrizionali Pd e dai consiglieri comunali Antonella Russo e Felice Calabrò.
“Un partito progressista, e ambientalista, come il PD deve guardare ai grandi temi del futuro ed alle sfide della modernità senza pregiudizio e, con la ferma consapevolezza del nesso ormai indispensabile tra tutela dinamica dell’ambiente (quindi, non meramente conservativa) e sviluppo economico dei territori e delle popolazioni ivi stanziate- è la posizione dei dem-Si tratta di portare avanti un’idea di sviluppo sostenibile, che è l’unica in grado di conciliarsi con l’ambiente, con la salute e di ridurre le diseguaglianze economiche, sociali e territoriali. Ed ancor più in tempi in cui si discute in merito all’attuazione di una forma scellerata di autonomia differenziata nel nostro Paese”.
QUI IL DOCUMENTO PD Documento Pd Ponte
Il Pd dello Stretto quindi è contrario all’opera per diversi motivi. Il progetto viene considerato insostenibile dal punto di vista ambientale. Ci sono fortissime preoccupazioni per il territorio cittadino, rispetto ai danni che arrecherebbe al paesaggio ed alla qualità della vita delle popolazioni residenti nelle zone interessante (movimentazione di terra e mezzi pesanti per un tempo indefinito di anni) ed ai punti di conflitto, che appaiono insuperabili, con gli attuali vincoli di tutela ambientale delle aree che già nel 2004 sono costati allo Stato una procedura di infrazione da parte della Comunità europea.
Il ponte, poi, avrà un costo stimato tra gli 11 e i 15 miliardi di euro con tempi realizzazione almeno trentennali (secondo le stime esistenti su opere superiori ai 100 mila euro), rispetto, invece, ai sei anni che ipotizza l’attuale governo.
Ci sono poi i rilievi di carattere economico-finanziario, considerato che, nel 2011-2012, lo stop all’opera è avvenuto a seguito della verifica di mancanza di sostenibilità economica e finanziaria del PEF. Aspetto, tra gli altri, anche evidenziato dall’Anac nell’audizione del 18 aprile scorso.
Gli esponenti del Pd ricordano poi che di fondi disponibili per iniziare i lavori, allo stato, non ce ne sono. E il Governo intende reperirli, tra le tante ipotesi, dai fondi di sviluppo e coesione regionali (che servono per sostenere le aree meno sviluppate del paese); dal bilancio dello Stato, probabilmente sottraendoli ad altri servizi.
L’analisi costi-benefici, è stato fatto notare, già nel 2005, è stata effettuata senza partire dall’esistente e senza valutare la variazione di beneficio sociale netto generata dagli investimenti alternativi alla grande opera ed in particolare sull’ammodernamento e potenziamento del servizio dinamico di attraversamento, con soluzioni tecniche innovative sui mezzi di trasporto, miglioramento delle infrastrutture portuali e stradali e, soprattutto, concorrenza del vettore pubblico su quello privato.
Sotto tale profilo, si evidenzia che è in atto un programma d’investimenti pari a 510 milioni di euro da realizzare entro il 2027 per l’acquisto di nuove navi e la riqualificazione del naviglio esistente; per il rinnovo del materiale rotabile ferroviario; per la riqualificazione delle stazioni ferroviarie delle RFI di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni; per l’avviamento della transizione energetica della mobilità marittima e il miglioramento dell’accessibilità stradale ai porti. È stato stimato che tale investimento ridurrebbe i tempi di attraversamento dei convogli ferroviari dalle attuali 2 ore e 5 minuti a 1 ora e 5 minuti. E questo già in cinque anni, senza attendere la realizzazione del Ponte.
L’accento è stato posto anche sul fatto che senza Alta Velocità ed Alta Capacità nonché le altre opere stradali, autostradali e marittime, o di collegamento con le aree ZES, l’attraversamento stabile perde, sostanzialmente, ogni tipo di utilità. L’opera nascerebbe quindi monca.
Il problema più serio, secondo i dem, è che l’idea del Ponte è stata usata in modo strumentale come unica ipotesi di sviluppo dei territori, escludendo tutto il resto. Messina è rimasta come “congelata”, ed oggi questa idea trova sostegno in molti più per rassegnazione a tale immobilismo che per reale convinzione e conoscenza del progetto. “ Attendendo il ponte, dunque, si rischia – ancora una volta – di perdere risorse importantissime che vanno spese oggi. Più che una grande opera di distrazione di massa, possiamo dire che negli anni è stata (e rischia di essere nuovamente) una grande opera di distrazione di risorse per il Mezzogiorno e in particolare per la Sicilia! La nostra è un’opposizione alla realizzazione di un’opera, ad oggi, assolutamente inutile, prima ancora che altamente dannosa a livello ambientale, sotto molteplici profili”