Il movente non è ancora chiaro, ma la Procura di Caltagirone ritiene di potere escludere che il delitto sia maturato in ambiti criminali esterni, ma, piuttosto, si privilegia la pista dei rapporti personali all’interno della struttura penitenziaria.
Sono le indicazioni che arrivano dall’inchiesta che ha portato all’arresto da parte dei carabinieri per omicidio di Giuseppe Taccetta, di 59 anni, accusato di avere strangolato, il 3 gennaio scorso (e non il 31 gennaio come scritto precedentemente), il proprio compagno di cella, Giuseppe Calcagno, nel carcere di Caltagirone.
La vittima era detenuta per reati contro il patrimonio e l’indagato per maltrattamenti in famiglia, entrambi sono ritenuti estranei alla criminalità organizzata. Potrebbero avere avuto dei contrasti legati alla vita all’interno della prigione, ma non apparenti, tanto da fare risalire il movente a ‘futili motivi’.
“Per il momento – si limita ad affermare il procuratore Giuseppe Verzera – il movente non emerge con chiarezza, ci sono delle ipotesi che stiamo vagliando, ma escludiamo un coinvolgimento nell’omicidio del mondo criminale esterno o interno alla prigione”.
Omicidio che è emerso dopo l’esame autoptico, perché in un primo momento era stato ipotizzato un decesso per cause naturali. Il medico legale ha scoperto delle lesioni al collo che hanno ricondotto la morte a un omicidio per strangolamento. Secondo l’autopsia Calcagno sarebbe stato ucciso da Taccetta a mani nude mentre dormiva nel letto della sua cella, di notte.
C’è un motivo preciso per cui, anche in assenza di un movente ancora chiaro, le indagini della Procura di Caltagirone sull’uccisione di Giuseppe Calcagno, strangolato mentre dormiva, portano al suo compagno di cella, Giuseppe Taccetta: in quella stanza c’erano soltanto loro due.
Archiviata la prima ipotesi del decesso per cause naturali, dopo l’autopsia i carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria e della compagnia di Caltagirone hanno avviato le indagini coordinate dal procuratore Giuseppe Verzera e dal sostituto Samuela Maria Lo Martire.
L’inchiesta ha portato subito su Taccetta che nel frattempo era stata scarcerato: ha continuato a scontare la sua condanna per maltrattamenti in famiglia agli arresti domiciliari. Il profilo personale, con un trascorso in un’inchiesta per omicidio e tentato omicidio, la tempistica e la logistica hanno portato a indagare su di lui. “In quella cella al momento del delitto – spiega il procuratore Verzera – con la vittima c’era soltanto lui. E nessun altro”.
La certezza arriverebbe dalla visione dei filmati di telecamere del sistema di sorveglianza e sicurezza presente nel carcere di Caltagirone. Nessuno entra ed esce dalla cella dove i due erano gli unici detenuti. Resta ancora non chiaro il movente della furia omicida. Ma gli elementi d’accusa raccolti contro di lui sono stati ritenuti sufficienti dal Gip per emettere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio. E Taccetta, dagli arresti domiciliari, è stato ricondotto in carcere dai carabinieri. Domani previsto l’interrogatori di garanzia da parte del Gip.